Il giorno in cui il catalanismo votò la dignità
Evitò che le istituzioni catalane cadessero nelle mani dei nemici della Catalogna e portò il paese all’apice dell’autogoverno.
Marc Pons – ElNacional.cat
Barcellona Domenica 23 luglio 2023.
Barcellona, 16 febbraio 1936. Si celebravano le terze elezioni politiche della Seconda Repubblica (1931-1939). Quelle elezioni erano state indette e si sono svolte in un contesto generale – politico e sociale – particolarmente turbolento, segnato dalla condanna e dall’isolamento del governo della Catalogna e dalla sospensione dell’autogoverno catalano (dopo la Proclamazione del Presidente Companys, ottobre 1934), la caduta e lo scioglimento del governo centrale, il tripartito di destra che aveva imprigionato l’esecutivo catalano e annullato l’autonomia catalana (scandalo mercato nero, settembre-ottobre 1935) insieme alla polarizzazione radicalizzata dell’asse sinistra-destra nella politica spagnola. I partiti catalani, che dopo la fallita operazione del presidente Companys (fatti del 6 ottobre del 1934), avevano perso gran parte del loro credito politico, si raggrupparono e chiamarono a votare per la dignità catalana.
Le radici degli eventi di ottobre
A questo punto è importante sottolineare che, nell’ottobre 1934, la Catalogna era l’unico territorio autonomo della Repubblica. Il “café para todos” è un’invenzione dell’attuale regime costituzionale (1978). Ed è anche importante sottolineare che il tripartito di destra aveva vinto le precedenti elezioni politiche (novembre 1933; le seconde della Seconda Repubblica); lo aveva fatto con un denominatore comune nei rispettivi programmi elettorali: la promessa di una progressiva liquidazione dell’autonomia catalana. Il governo sorto da quelle elezioni, formato dalla CEDA (Confederación Española de Derechas Autónomas); il PRR (Partido Republicano Radical) e il PAE (Partido Agrario Español); creò uno scenario di estrema ostilità contro il governo e le istituzioni della Catalogna; che sarebbe culminato negli eventi di ottobre del 1934.
Il secondo grande errore del presidente Companys
Se c’era una cosa che Companys aveva dimostrato durante la sua carriera, era la sua scarsa statura come statista; che, paradossalmente, contrastava con la dimensione straordinaria della sua figura politica. Così stavano le cose nel gennaio 1934; quando, dopo la morte improvvisa del presidente Macià (25/12/1933), assunse la presidenza della Generalitat. In quel periodo promosse l’epurazione dei funzionari indipendentisti (i seguaci del defunto Macià) e la loro sostituzione con elementi federalisti vicini alla sua linea. Questo fu il primo grande errore di Companys. Un grande errore che provocò una spaccatura colossale nel suo partito “Esquerra Republicana”; e che, successivamente, volle emendare con il Proclama del 6 ottobre 1934, secondo grande errore. Si era sparsa addirittura la voce che Companys, dopo la proclamazione, avesse dichiarato: “Pensate ancora che non sia abbastanza catalanista?”.
Cosa pretendeva Companys il 6 ottobre 1934?
Il clima di conflitto che il governo centrale aveva creato aveva posto il governo catalano in un vicolo cieco. La Generalitat repubblicana soffriva dello stesso problema di quella attuale: la dipendenza economica dallo Stato. E la terribile ostilità del governo centrale minacciava di far crollare l’autonomia catalana. Companys proclamò la Repubblica Catalana all’interno della Repubblica Federale spagnola; perché intendeva creare una corrente di solidarietà politica e sociale nei confronti della Catalogna tra quelle società che stavano preparando il loro autogoverno: i Paesi Baschi e la Navarra; Paese Valenziano e Galizia. Companys intendeva smantellare la strategia di Madrid, promuovendo la modifica dell’architettura politica e amministrativa della Repubblica. Passare da una repubblica unitaria con un unico territorio autonomo a una repubblica federale con più territori autonomi.
Una lavata di testa all’asino
Ma quella proclamazione si rivelò un errore politico di grandi proporzioni. L’esercito spagnolo occupò le strade di Barcellona e prese d’assalto il Palau de la Generalitat. I combattimenti tra le forze fedeli al governo della Catalogna (forze di polizia e milizia) e l’esercito spagnolo provocarono 74 morti, più di 300 feriti e quasi 3.000 arresti. Il governo catalano non ricevette alcuna manifestazione esterna di solidarietà e il presidente e i consiglieri furono incarcerati, processati e condannati a 30 anni di reclusione: fu sciolto il governo della Generalitat, chiuso il Parlamento e tutti i sindaci e consiglieri catalani dei partiti che avevano sostenuto la proclamazione di Companys, furono destituiti e sostituiti da elementi locali del tripartito spagnolo o della Lliga. La proclamazione del 6 ottobre si sarebbe rivelata una bella lavata di testa all’asino.
Il reddito politico del 6 ottobre
Dall’operazione di demolizione delle istituzioni catalane (ottobre 1934); così minuziosamente restaurate sin dalla genesi del catalanismo (“Ode alla Patria”, 1833); e soprattutto, da quando il catalanismo divenne l’opzione maggioritaria nel paese (elezioni generali; 1907), e dopo la condanna del governo della Catalogna per gli eventi di ottobre (6 giugno 1935), la società catalana cadde in un profondo stato di delusione e scoraggiamento. Le prime pagine dei principali quotidiani del Paese (La Vanguardia, La Veu de Catalunya, La Publicitat-El Mirador) rivelano che, in soli quattro anni (1931-1935), si passò da un clima di traboccante entusiasmo (elezioni comunali; aprile 1931) a uno stato di diffusa apatia e delusione e addirittura di sfiducia nei confronti della classe politica catalana. Sia verso i vertici di Esquerra Republicana (ERC) e le sue confluenze, sia verso quelli della Lliga (partito catalano conservatore).
Il “mercato nero” e l’anticipo delle elezioni
Nel settembre 1935 scoppiò lo scandalo del “mercato nero”. Alejandro Lerroux, presidente del governo e del PRR, e un gruppo di collaboratori vicini a lui; tra i quali Joan Pich i Pon, sindaco di Barcellona e governatore della Catalogna, nominato dall’esecutivo di Madrid; furono coinvolti nell’installazione di roulette fraudolente in alcuni casinò. Lo scandalo provocò la caduta del governo tripartito di destra all’àpice della sua gestione: avevano mantenuto la promessa elettorale di liquidare l’autogoverno catalano. Ma l’unico danneggiato fu il PRR di Lerroux. Gil-Robles e Martínez de Velasco, leader rispettivamente di CEDA e PAE, si distanziarono dal compagno di governo come se fosse un appestato, e lo spinsero addirittura alle dimissioni con un obiettivo ben chiaro: redistribuirsi i voti di Lerroux in vista di, più che probabili, elezione anticipate.
Elezioni anticipate
Alcalà-Zamora, presidente della Repubblica, non convinse Gil-Robles a formare un governo di circostanza per portare a termine la legislatura. Il leader della CEDA aveva altri piani, e il capo dello stato finì per indire elezioni anticipate per il 16 febbraio 1936. Allora, Gil-Robles si vedeva già governando in solitario. Ma in quel contesto di estrema crisi politica e malgoverno, compare il PSOE (Partito socialista obrero d’España), guidato da Indalecio Prieto, il leader socialista che nel 1931, da Ministro delle Finanze, aveva provocato il fallimento del Banc de Reus, uno dei primi tre istituti finanziari spagnoli che era destinato a diventare la Banca Pubblica della Catalogna. Prieto fu capace di fiutare le debolezze nascoste di quella destra (il malessere per l’operato di Gil-Robles); e tesse una grande piattaforma per confrontarvisi: il “Frente Popular”.
La strategia spagnola: “decatalanizzare” la Catalogna
Gil-Robles (CEDA) e Prieto (PSOE), nemici dichiarati dell’autogoverno catalano, cospirarono per trasferire la lotta destra-sinistra in Catalogna; ma in chiave esclusivamente spagnola. Fu un’occasione d’oro per promuovere i partiti di obbedienza spagnola (gli eredi dei partiti dinastici della precedente era monarchica) che, dalla proclamazione della Seconda Repubblica (aprile 1931), erano stati opzioni molto minoritarie in Catalogna. E di conseguenza, mandare il catalanismo politico alla pattumiera della storia. Il governo della Catalogna, dalla prigione, aveva pochissime possibilità e mezzi molto limitati per contrastare queste strategie, e decise di riunire i partiti di obbedienza catalana (catalanisti) e delle sinistre; e fece appello alla dignità catalana. Nasce il “Front d’Esquerres”.
Lo spirito di San Sebastiano
Manuel Azaña è uno dei grandi politici del momento. Massimo dirigente della formazione Izquierda Republicana (nulla a che vedere con ERC) capisce che non è possibile sconfiggere la destra di Gil-Robles (e la sua “stampella” Martínez de Velasco) senza il voto della sinistra catalana. Ma che questo voto non arriverà con la strategia del rapimento proposta dal PSOE, perché la Catalogna è singolarmente genuina. E propone un’alleanza tra il Fronte Popular spagnolo e il Front d’Esquerres catalano. In altre parole, risuscita lo spirito di intesa del Patto di San Sebastiano (1930), che era stato firmato da tutte le formazioni repubblicane spagnole e catalane; e dove si presumeva che un cambio di regime – da monarchia a repubblica – non sarebbe mai stato possibile senza soddisfare le richieste catalane per il ripristino dell’autogoverno liquidato nel sangue e nel fuoco nel 1714.
La dignità catalana e l’àpice dell’autogoverno
Nei programmi elettorali del Front d’Esquerres; ma anche del Fronte Popular, si proponeva una amnistia per il governo catalano (tuttora in carcere) e il ripristino dell’autogoverno in Catalogna, come condizioni essenziali per riportare la Repubblica alla normalità politica. Azaña – e non il socialista Prieto – si dimostrò di una statura politica straordinaria, che gli permise di sollevare dal suo incarico Alcalà-Zamora alla presidenza della Repubblica. Centinaia di migliaia di catalani all’epoca si sentirono sfidati. Molti rinnovarono la loro fiducia nella classe politica catalana. Altri andarono a votare con le mollette al naso. Ma la vittoria del catalanismo non solo impedì che le istituzioni catalane continuassero nelle mani della destra nemica della Catalogna, ma portò la Catalogna all’àpice dell’autogoverno contemporaneo.
* traduzione AncItalia
https://www.elnacional.cat/ca/cultura/catalanisme-votar-dignitat_1066452_102.html