29 LUGLIO 1640
Filippo IV crea lo scenario favorevole per far precipitare la guerra contro i catalani
Quattro mesi dopo iniziò l’invasione ispanica della Catalogna e la Guerra di separazione
El nacional.cat – Marc Pons – Barcellona, 29 luglio 2024
Foto: Cartoteca de Catalunya
Il 29 luglio del 1640, 384 anni fa, e nel contesto della Guerra del Segadors (Rivoluzione dei Mietitori* giugno 1640 – novembre 1640), il re spagnolo Felipe IV nominò García Gil de Manrique y Maldonado nuovo viceré ispanico della Catalogna. Gil de Manrique era vescovo di Barcellona (dal 1633) e, in precedenza, era stato vescovo di Girona (1627-1633) oltre che presidente della Generalitat (1632-1635). Gil de Manrique, di origine oligarchica castigliana (era nato nella castigliana Alcarria), aveva imparato il catalano e, fin dal suo arrivo nel paese, mantenne un ottimo rapporto con la classe dirigente catalana e la sua lingua di relazione (verbale e scritta) fu sempre il catalano.
Gil de Manrique era il terzo viceré ispanico in Catalogna in poco meno di due mesi. I suoi predecessori erano morti tragicamente. Dalmau de Queralt era stato ucciso dai soldati della Galea Reale Spagnola (in un crimine sotto falsa bandiera che avrebbe dovuto essere attribuito ai rivoluzionari catalani) durante il giorno del Corpus di Sangue (7 giugno 1640). Ed Enrique d’Aragona-Cardona sarebbe stato avvelenato dai militari ispanici (delitto che era rimasto momentaneamente nascosto a causa della cattiva salute del viceré) dopo aver fermato e imprigionato gli ufficiali che avevano ordinato il bombardamento contro la popolazione civile di Perpignano (22 luglio 1640).
Dopo questi avvenimenti, e con il sospetto che i dirigenti catalani stessero tenendo colloqui segreti con la cancelleria francese (principale candidato a sostituire la monarchia ispanica alla guida del mondo), Filippo IV nominò viceré una persona che aveva condannato fermamente le violenze e i crimini che i “Tercios de Castilla”, di stanza in Catalogna per combattere l’esercito francese, perpetravano contro la popolazione civile catalana. Filippo IV sapeva che, qualora si fossero ripetute le scene di estrema violenza dei mesi precedenti, maggio e giugno, Gil de Manrique non avrebbe risposto con la forza, il che avrebbe giustificato un intervento militare su larga scala.
Nel mese di agosto del 1640 la spirale di tensione si impennò e, come aveva previsto Filippo IV, il viceré Gil de Manrique non fece uso della forza. In quel contesto, che la cancelleria di Madrid definì “assenza di potere centrale in Catalogna”, Filippo IV ordinò di redigere una missiva ufficiale alla Generalitat (1 settembre 1640) intitolata “Las cargas que hace su Majestad al Principado de Cataluña”, (“Gli oneri che Sua Maestà lamenta del Principato di Catalogna”) che era un decalogo di rimostranze (per la presunta inerzia delle autorità catalane nel reprimere i rivoluzionari catalani) e una dichiarazione formale di guerra alla Catalogna (per il sospetto che il governo della Catalogna stesse preparando l’indipendenza del paese).
La causa della sollevazione risale al generale malcontento della popolazione catalana dovuto alla lunga presenza di truppe castigliane, stanziate sul territorio, al confine francese, a causa della Guerra dei trent’anni. Il conte-duca di Olivares, primo ministro di Filippo IV, aveva saccheggiato a lungo le risorse della Catalogna per finanziare la guerra e i contadini catalani erano costretti a rifornire e alloggiare le truppe castigliane. Questa situazione di estrema tensione sfociò nel cosiddetto Corpus di Sangue, una rivolta contadina scoppiata nel giorno del Corpus Domini, nel maggio 1640. Contadini e mietitori in rivolta entrarono a Barcellona verso la fine dello stesso mese causando la morte di funzionari reali e giudici, tra cui lo stesso viceré, grazie anche all’appoggio dell’aristocrazia catalana che progettava di recuperare l’autonomia dalla Castiglia. Quello stesso anno, infatti, il presidente della Generalitat de Catalunya, Pau Claris i Casademunt, proclamò la Repubblica Catalana.
Il duca di Olivares, colto di sorpresa dalla violenza della rivolta, non riuscì a domarla subito, perché la maggior parte dell’esercito spagnolo era schierato contro i francesi. Intanto, però, anche la nobiltà catalana andava perdendo il controllo della rivolta, mentre le rivendicazioni dei contadini cominciavano a diventare sempre più sociali ed economiche. Preoccupati di non riuscire a controllare il nascente stato, i nobili catalani decisero di allearsi con il re di Francia, Luigi XIII, il peggior nemico di Filippo IV, concedendo ai francesi l’accesso ai porti catalani. Il cardinale Richelieu, desideroso di logorare la potenza spagnola, inviò immediatamente tremila uomini in Catalogna, per pattugliare il contado.
Intanto Olivares era riuscito a raccogliere un esercito di ventimila uomini per recuperare il controllo della regione. In novembre le truppe castigliane ripresero la città di Tortosa e, marciando verso Barcellona, si abbandonarono a ogni tipo di atrocità, stimolando la popolazione catalana a resistere con maggior forza. Visto che l’intensità della rivolta aumentava e minacciava ormai tutta la nobiltà nel suo complesso, Pau Claris annunciò, il 16 gennaio del 1641, che la Catalogna si costituiva in repubblica indipendente sotto il protettorato del regno di Francia. Più tardi, il 23 dello stesso mese, annunciò invece che il nuovo conte di Barcellona sarebbe stato Luigi XIII, in nome dell’antico vassallaggio che i conti catalani avevano verso l’impero carolingio. Alla fine, i catalani dovettero sottomettersi al re di Francia che diventò conte di Barcellona e re, col nome di Luigi I. Pochi giorni dopo, il 26 gennaio, l’esercito alleato franco-catalano respinse vittoriosamente i castigliani alle porte di Barcellona, nella battaglia di Montjuic.
Da quel momento la Catalogna diventò il campo di battaglia fra francesi e spagnoli e la popolazione catalana, paradossalmente, dovette accettare dalla Francia quello che per tanti anni aveva cercato di evitare dalla Spagna, cioè di mantenere un esercito e veder limitata la sua autonomia politica. Luigi XIII nominò un viceré francese e riempì l’amministrazione nazionale di filofrancesi. L’esercito francese costava ai catalani molto più di quello spagnolo e in più si comportava nei confronti delle popolazioni come una forza di occupazione. Anche dal punto di vista economico i mercanti francesi furono favoriti rispetto a quelli catalani. Per tutti questi motivi, uniti alla situazione continua di guerra, alle epidemie e alle carestie, si sollevò un enorme malcontento verso il nuovo governo filofrancese.
Nel 1643 un esercito francese conquistò il Rossiglione, Monzón e Lleida. Un anno più tardi le truppe castigliane ripresero Monzón e Lerida e Filippo IV giurò obbedienza alle leggi catalane. Nel 1648 la pace di Westfalia mise fine alla guerra dei Trent’Anni e la Francia cominciò a perdere interesse nella Catalogna. Nel 1651 Filippo IV decise che era venuto il momento di riprendere la regione e inviò un esercito comandato da Don Giovanni d’Austria ad assediare Barcellona.
Nel 1652 l’esercito franco-catalano si arrese. I catalani accettarono Filippo IV come sovrano e Don Giovanni come viceré. Da parte sua, il sovrano spagnolo rinnovò il giuramento di obbedienza alle leggi catalane. La Francia continuò a conservare il controllo del Rossiglione e si giunse pertanto al trattato dei Pirenei (1659) che sancì la definitiva divisione dei territori catalani fra Spagna e Francia. Luigi XIV avrebbe in seguito proibito l’uso della lingua catalana nei territori sottoposti alla sovranità francese.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia