1713, il caso dei catalani: “l’Inghilterra non ha amici né nemici, soltanto interessi”
Elnacional.cat – Marc Pons– Barcelona 13 de setembre de 2020
Barcellona, 30 giugno 1713. Le ultime truppe dell’alleanza internazionale austriaca —ad eccezione delle forze catalane— lasciavano il territorio catalano. Quella evacuazione ordinatissima fu il risultato dei vari accordi di pace di Utrecht, firmati dai contendenti nella Guerra di Successione spagnola (1701-1715). Le potenze austriache si ritiravano dal conflitto in cambio di importantissime concessioni territoriali ed economiche. L’Inghilterra, in proporzione alle risorse spese in quella guerra, sarebbe stata la principale beneficiaria di un trattato internazionale che disegnava perfettamente l’ordine delle gerarchie tra Luigi XIV di Francia e Filippo V di Spagna. Cioè, tra la Francia e la Spagna.
I cadaveri di Utrecht
Ma quegli accordi avrebbero lasciato molti cadaveri lungo la strada. Il primo, il Trattato di Genova, e, pertanto, la Catalogna. Fu firmato il 20 giugno del 1705 tra l’opposizione austriacista catalana (maggioranza nel paese catalano) e il governo dell’Inghilterra. Il Trattato di Genova fu ratificato il 7 novembre del 1705 dal nuovo governo della Catalogna, una volta soddisfatte le condizioni risolutive contenute nell’accordo. La sesta clausola del Trattato di Genova diceva litteralmente che “l’Inghilterrra avrebbe garantito la conferma di Carlo d’Asburgo (come re della monarchia spagnola) impegnandosi a far osservare le Costituzioni della Catalogna, anche nel caso in cui gli alleati perdessero la guerra o si producessero altri eventi avversi”.
La gerarchia borbonica
La Cancelleria di Versailles, che negoziava i trattati di Utrecht (1713) per conto del regime borbonico di Madrid, fu molto abile. Sapeva che gli stati dell’alleanza internazionale austriaca non si sarebbero ritirati dalla guerra (cioè, non avrebbero reso possibile un asse borbonico Parigi-Madrid) se non si stabiliva un nuovo equilibrio di pesi. Ed è molto curioso, in questo senso, —e anche molto rivelatore— osservare che le compensazioni territoriali ed economiche cedute dall’asse borbonico franco-spagnolo e ottenute dagli alleati austriaci furono pagate, esclusivamente, dal regime di Filippo V, primo borbone spagnolo. Con questo nuovo paesaggio, la forza e lo spazio politico ispanico, dopo due secoli di centralità, si trovavano definitivamente collocati nella periferia marginale.
Il nuovo podio europeo
Gli accordi di Utrecht non erano tanto per porre fine al conflitto di successione spagnola, ma per consacrare un nuovo ordine internazionale: negli otto anni che separavano Genova (1705) da Utrecht (1713), il podio europeo era notevolmente cambiato. La Francia si consolidava come prima potenza continentale, avendola vinta nel 1659, dopo la Pace dei Pirenei. L’Inghilterra era salita alla seconda posizione sostituendo la monarchia spagnola, che era monitorata da Versailles e fu relegada a un ruolo secondario. I l’arciducato d’Austria, che avveva già tenuto a bada i turchi, diventava il leader indiscusso dell’Europa centrale e orientale e la terza potenza europea.
La diplomazia catalana
Il 6 luglio 1713, poco dopo l’evacuazione austriaca, la Conferenza dei Tre Comuni (equivalente del Parlamento) dibatté la posizione della Catalogna in quel nuovo scenario. In quella votazione, i sostenitori della resistenza a oltranza vinsero per 75 voti, contro i 45 sostenitori di negoziare un’onorevole capitolazione. La storiografia romantica catalana ha voluto vedere in quel voto un atto di patriottismo: la rabbia si imponeva al buon senso. Ma la verità è che gli “arrabbiati” avevano una solida strategia: iniziare una guerra diplomatica che avrebbe dovuto sciogliere Utrecht. La fiducia riposta in questa strategia è la prima prova che, in Utrecht, la risoluzione del conflitto bellico non era la priorità.
Anna morente
La regina Anna, che aveva promosso il Trattato di Genova (1705) e aveva benedetto il Trattato di Utrecht (1713), stava morendo senza discendenza. Tuttavia, a Westminster lo avevano già previsto; pochi mesi dopo il Trattato di Utrecht e pochi mesi prima della morte della regina, avevano già nominato sucessore un parente della morente Anna: Giorgio di Hannover, residente nei Paesi Bassi. A questo punto, la diplomazia catalana avrebbe ottenuto il suo primo successo: gli ambasciatori catalani Felip de Ferran (all’Aia) e Pau Ignasi de Dalmases (a Londra) negoziarono e ottennero l’impegno del futuro re Giorgio di rispettare gli accordi di Genova. La seconda prova che Utrecht non aveva la priorità di risolvere il conflitto bellico.
L’orologio di Westminster
Ma la materializzazione di quell’azione diplomatica, che dipendeva dall’incoronazione di Giorgio, fu boicottata dal governo tory —conservatore— di Londra. Le simpatie (diciamo gli interessi) di Giorgio per la causa catalana non erano un segreto, ma i tories preferirono giocare con i tempi —che controllavano perfettamente— piuttosto che impedire l’incoronazione di Giorgio di Hannover provocando uno scandalo enorme e destabilizzando il paese. La regina Anna morì il 1° agosto 1714, quarantatre giorni prima della caduta di Barcellona; tempo sufficiente per inviare una forza navale che avrebbe riaperto i giochi della guerra. Ma Westminster rallentò le procedure per l’incoronazione di Giorgio I fino al 18 settembre 1714, quando si sapeva già che Barcellona era caduta e aveva capitolato.
Alla buon’ora
Con tutto ciò, possiamo affermare che la sconfitta catalana non avvenne il 12 settembre del 1714 (il giorno 11 la guerra era ancora molto viva, e si combatteva dentro Barcellona, strada per strada e casa per casa). La sconfitta catalana definitiva fu certificata a Londra il 18 settembre del 1714. Il giorno in cui Giorgio I fu incoronato era già noto che Barcellona aveva capitolato. Erano passati soltanto 6 giorni. E l’azione armata (l’invio di una potente flotta navale) che era stata precedentemente prevista dal nuovo re inglese e dagli ambasciatori catalani fu ormai scartata dallo stesso re, sostenendo che, in quel nuovo scenario, non c’erano possibilità che l’attacco navale inglese ottenesse cooperazione da terra. I tories vinsero e la Catalogna perse.
La corruzione ‘tory’
Per capire la posizione dei conservatori basta dare un’occhiata alle clausole di Utrecht. La posizione tory sul conflitto di successione spagnola era pubblica e chiara: abbandonare la lotta —prima possibile— in cambio di compensazioni territoriali ed economiche. In effetti, questa era stata l’argomentazione che li aveva portati al potere (1710). Versailles lo sapeva e coltivò apposta la complicità dei conservatori. Oltre a Gibilterra, Minorca e alcune piazze nei Caraibi, gli inglesi ottennero “l’asiento de negros”, la parte del leone degli affari coloniali ispanici. “L’asiento” non passò alla Corona britannica ma, sorprendentemente, a una società commerciale privata, di proprietà e presieduta da… (oh, sorpresa!) Henry Saint John, visconte di Bolingbroke… e primo ministro d’Inghilterra!
Il caso dei catalani, una rivendicaziione della dignità inglese o una semplice arma politica?
“L’asiento de negros” era il monopolio della tratta degli schiavi nelle colonie ispaniche d’America. Era di proprietà reale e i monarchi ispanici ne cedevano lo sfruttamento, annualmente e all’asta, a un privato generalmente di natura castigliana. E se è vero che il trasferimento di quell’attività alla società Bolingbroke era temporaneo (cinquant’anni) e parziale (poche navi all’anno) provocò una grande indignazione nel Partito Whig —liberali—, che si sentì escluso da quella riserva di caccia. Dal 1714 in poi, i Whig lanciarono un’intensa campagna contro i tories, ma senza menzionare questi fatti e invece si concentrarono sulla violazione del Trattato di Genova. Venne pubblicato un volume con il titolo “The deplorable history of the Catalans“.
Il celebre senso della prassi inglese
La ragione di questa omissione si spiega con la grande importanza che aveva questo fatto: la cessione dell’”asiento de negros” era il primo grande buco provocato nel monopolio castigliano nell’America ispanica, che preannunciava la fine di quel sistema. Pertanto, la strategia Whig —le classi mercantili inglesi, artefici del Trattato di Genova— avrebbe deciso di criticare la forma in cui era stata ottenuta, non il contenuto in sè (l’asiento in cambio della rinuncia agli impegni internazionali). La strategia diede i risultati attesi e nel 1715 i Whig ottennero la maggioranza a Westminster e formarono un governo. Sulla carta, era tempo di rivendicare gli accordi di Genova ma, in modo rivelatore, colsero l’occasione per ribadire lo stesso pretesto di Giorgio I. I liberali Whig vinsero e la Catalogna perse.
Sarah Churchill
Non si sa fino a che punto la cessione dell’”asiento de negros” sia stata una bomba a orologeria che i negoziatori francesi avevano preparato allo scopo di destabilizzare l’Inghilterra. Ma quel che è certo è che la manovra che, con soddisfazione dei Whig, avrebbe affondato i tories per un buon periodo, rende adatta la citazione —attribuita a Winston Churchill— “l’Inghilterra non ha amici nè nemici, ha solo interessi”. A proposito, e a titolo semplicemente aneddotico, Sarah Churchill (sostenitrice della causa catalana e diretta antenata di Winston Churchill) fu la personalità più potente in Inghilterra fino a quando i tories non ne causarono la caduta (1708).
* traduzione Àngels Fita – AncItalia