Organizzare l’antagonismo (I)
- Nessuna tabella di marcia può prevedere quali livelli di lotta e organizzazione dovranno essere raggiunti per affrontare la dominazione spagnola in modo deciso e coerente
Vilaweb.cat – 10.12.2024 – Julià de Jòdar
Il 7 dicembre scorso, durante una sessione plenaria dell’ANC (Assamblea Nacional Catalana) – faccio parte anch’io del segretariato dell’organizzazione- è stata approvata, con una maggioranza vicina ai due terzi, una nuova tabella di marcia che dovrà essere discussa e, se del caso, debitamente corroborata dalle organizzazioni di base.
Una tabella di marcia è, come è noto, un insieme di istruzioni per un soldato in campagna: sono quindi lieto che l’attuale documento dell’ANC contenga -nella sua volontà di rendere effettiva l’indipendenza unilateralmente-, il significato genuino della parola che ne espande il concetto – programma d’azione, piani di attuazione, tappe da raggiungere… – al quale è generalmente associato in modo ristretto. In una parola: questa nuova tabella di marcia dell’ANC, che scommette su una mobilitazione continua per raggiungere l’indipendenza senza chiedere il permesso a nessuno, richiederà più militanza da parte del movimento, che dovrà essere sempre pronto per entrare in campagna.
Perché, senza mezzi termini, l’indipendenza unilaterale significa far sì che un movimento di massa abbia una consapevolezza lucida e persistente dell’antagonismo con il sistema di dominio coloniale (estrazione economica) e di controllo totalitario (oppressione politica) che la Spagna esercita sulla Catalogna e contro di essa. E questo richiede l’organizzazione dell’antagonismo. Ciò che la tabella di marcia approvata non affronta, con squisita prudenza.
In effetti, il documento dell’ANC disegna scenari di un’ipotetica crisi del dominio spagnolo in Catalogna sulla base di una nuova ondata indipendentista. Mobilitazioni, nuove forme di lotta, coordinamento con altre organizzazioni e, in definitiva, ripresa politica, dovrebbero porre ancora una volta l’indipendentismo in una posizione centrale, per articolare attraverso meccanismi democratici conosciuti e riconosciuti, l’egemonia politica e l’indipendenza pacifica. Quindi, si tratta di una tabella di marcia che, senza dimenticare da dove veniamo adotta una posizione che, senza intenti peggiorativi ma avendo imparato la lezione dell’immediato passato, definisco possibilistica.
Cosa intendo dire? Ebbene, si dà molta importanza ai fatti di presa di coscienza attraverso l’accumulazione – informazione, mobilitazione, azione, organizzazione – che dovranno creare scenari di conflitto, provocare salti qualitativi nei conflitti e, in definitiva, generare nuove opportunità per mettere la Spagna alle corde (alla maniera del referendum del primo ottobre 2017, ma senza le mediazioni politiche già scadute: vedi gli ultimi interventi dei politici Junqueras e Puigdemont).
I problemi posti da questo possibilismo sono di due tipi, profondamente e dialetticamente legati. Il primo problema è l’evoluzione della stessa Spagna verso posizioni di esplicita belligeranza (catalanofobia senza remore in Catalogna: abbiamo già i barbari nella Cittadella) e di una mascherata volontà “pacificatrice” istituzionale per annientare la virtus che ha costituito la catalanità al servizio della res publica, rappresentata qui e ora, dall’etica indipendentista. Con tutto ciò intendo dire che questa Spagna è oggi molto più pericolosa di quanto lo fosse sette anni fa, per il semplice motivo che, rispetto alla Catalogna, combina senza complessi la simulazione (fingendo di essere uno stato democratico quando in realtà pratica il totalitarismo) e la dissimulazione (facendo credere che sia uno stato pacifico mentre in realtà pratica una repressione pianificata e sistematica). Per cui sperare in un’evoluzione pacifica del conflitto, per quanto pacifisti possiamo essere, ci porterà a imbatterci in un modo o nell’altro, con il doppio lato totalitario e repressivo della Spagna.
Di conseguenza, il secondo problema – di cui la tabella di marcia non tiene conto – è come attaccare e sconfiggere questo duplice aspetto del dominio spagnolo sulla Catalogna. Ciò richiederebbe di mettere esplicitamente l’antagonismo in primo piano sulla scena politica. E la tabella di marcia dell’ANC non fa questo perché è basata su una visione idealistica, o meccanica, del rapporto tra movimenti di strada e potere costituito. E le cose non funzionano così. Avrebbero potuto funzionare, ipoteticamente, quando esisteva una puleggia di trasmissione (partiti, parlamento e governo indipendentisti) ma, dopo il 1° ottobre, non abbiamo quella puleggia rassicurante. E questo significa che il potere dal basso, il potere mobilitato, il potere del popolo deve diventare un potere costituito in una nuova res publica: una Repubblica catalana.
Se le cose stanno così, è difficile che l’attuale tessuto istituzionale di radice spagnola, vigilato dagli spagnoli e controllato dai poteri spagnoli, possa essere molto utile per realizzare l’indipendenza unilaterale. Di conseguenza, sarà necessario partire da un potere di base che, fin dal primo momento, porti il segno distintivo dell’antagonismo. In tal caso, nessuna tabella di marcia può prevedere quali livelli di lotta e di organizzazione dovranno essere raggiunti per affrontare la dominazione spagnola in modo deciso e coerente. La consapevolezza, la capacità di lotta e l’organizzazione del movimento diranno quanto lontano si vuole arrivare e in che modo. Ma possiamo formulare delle ipotesi che non sono contemplate nella tabella di marcia approvata dalla segreteria dell’ANC.
In un prossimo articolo, proveremo a parlare di questo importante argomento.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.vilaweb.cat/noticies/per-a-organitzar-lantagonisme/