Messaggio di Carles Puigdemont da Bruxelles

Messaggio di Carles Puigdemont da Bruxelles  – 9 agosto 2024

(dopo la breve visita a Barcellona del 8 agosto 2024)

 

 

Cari connazionali, questa settimana sono ritornato in Catalogna e sono tornato a comparire davanti a migliaia di persone nel giorno dell’investitura del Presidente della Generalitat. Volevo entrare in Parlamento per essere presente alla seduta e poter esercitare il mio diritto di parola e il mio diritto di voto, ma fin dalle prime ore del mattino è apparso chiaro che il Dipartimento dell’Interno del governo catalano aveva organizzato un dispositivo di polizia per impedirmi non soltanto di entrare in parlamento, ma addirittura di entrare nel parco della Ciutadella (n.d.t. all’interno del parco si trova il parlamento catalano), per impedirmi di esercitare i miei diritti politici, che sono diritti fondamentali.

In questo contesto, tentare di accedere al Parlamento avrebbe rappresentato l’arresto certo e non avere la minima possibilità di rivolgersi all’Aula, che era il mio obiettivo. Avrei dovuto consegnarmi volontariamente e, quindi, l’arresto sarebbe equivalso ad una resa.

Non ho mai voluto consegnarmi a un’autorità giudiziaria che non è nemmeno competente a perseguitarci, perseguitarci per aver difeso il diritto all’autodeterminazione e per aver organizzato il referendum sull’indipendenza catalana del 1° ottobre 2017, né – d’altra parte – ha interesse a fare giustizia, mentre ciò che la spinge – ciò a cui mira – è fare politica, il che è inaccettabile in uno stato di diritto.

Adottando questo atteggiamento, sapevo cosa stavo rischiando, per questo ho tentato ciò che a tutti noi sembrava impossibile e che, se avessi fallito – cosa a cui ero preparato – avrebbe avuto dei costi enormi; vale a dire, tentare di sottrarmi in un contesto di repressione e accerchiamento totale. Riuscire a tornare in salvo prima e poi nella mia residenza belga, qui a Waterloo, è diventato l’obiettivo.

 

 

Era necessario e doveroso denunciare a livello internazionale uno stato spagnolo che non si comporta in modo democratico quando permette ai giudici della Corte Suprema di irridere le leggi approvate dal suo parlamento. Non bisogna accettare docilmente ciò che questo stato ha preparato per te, pur se bisogna essere preparato mentalmente nel caso in cui ci riescano e, in questo caso, io lo ero.

Ciò che io non potevo immaginare, e penso nemmeno molti di voi, è che in questa strategia di ribellione giudiziaria avrebbero trovato la collaborazione – che a volte è apparsa entusiastica – di un governo della Catalogna che ha già il tempo scaduto. La repressione che si è scatenata, quindi, è feroce in questo momento, e si accanisce contro certe persone, soprattutto con un desiderio di vendetta tipico di altri tempi e di altri regimi. Criminalizzare una manifestazione non violenta, perseguitare i responsabili dell’atto di benvenuto organizzato nell’Arco di Trionfo come se fossero criminali, e disprezzare delle cariche elette, che di fatto rappresentano la volontà del popolo – c’erano sindaci, c’erano deputati di tutti i partiti – noi potevamo aspettarcelo dai giorni peggiori della repressione del governo del partito Popolare di Mariano Rajoy, ma non dal nostro governo.

L’ho fatto ieri, ma oggi voglio ribadirlo. Tutta la mia solidarietà ai patrioti che vengono ingiustamente perseguitati, alle persone che hanno subito l’aggressione della polizia, nei dintorni del parco della Ciutadella, quando esercitavate il vostro legittimo diritto di protesta, il vostro legittimo diritto di manifestare. E, in questo senso, la lotta per l’indipendenza non può mai essere separata dalla difesa ad oltranza dei diritti fondamentali che tutelano tutti noi, indipendentisti e non indipendentisti. Nessun democratico può rimanere indifferente a ciò che continua ad accadere, a ciò che tutti vedono e che in realtà va avanti da troppi anni.

Cari amici, il processo di indipendenza si concluderà con l’indipendenza. È chiaro che è finita una certa fase nella quale, negli ultimi anni, eravamo allineati seguendo un certo modo di fare: da un lato la società civile, la società civile organizzata, e dall’altro le forze politiche di tutto lo spettro indipendentista.

Ma il processo di indipendenza non è finito. Si apre per noi una nuova tappa, una tappa in condizioni diverse, davanti alla quale noi che difendiamo l’indipendenza della Catalogna dobbiamo impegnarci a lottare, ciascuno con i propri sforzi, ciascuno nell’ambito delle proprie capacità e, ovviamente, circostanze, ma senza rinunciare.

Lasciare andare e adagiarsi potrebbe essere l’opzione di alcuni. E ne hanno tutto il diritto. È legittimo. Ma molti di noi siamo ancora qui. E ora tocca esserne di più. Il nuovo panorama politico emerso dalle elezioni e dall’alleanza tripartitica che sostiene e rende possibile il governo del presidente Illa non sono le circostanze più favorevoli. Tuttavia, essi sono senza dubbio il risultato di decisioni legittime. Tocca a noi lottare in questo contesto.

Ed è in questo contesto che non possiamo permetterci ciò che gli altri hanno sempre perseguito, cioè, che lasciassimo correre. Dobbiamo spiegare le ragioni per cui vogliamo l’indipendenza. È necessario raggiungere ogni angolo del paese, ognuno con il proprio linguaggio, con la propria strategia. Dobbiamo farlo per ricordare i costi enormi e insostenibili della dipendenza e come questi costi incidono sulla vita quotidiana degli otto milioni di catalani. Spiegare quale Paese possiamo avere e quale non potremo mai avere a causa di questa dipendenza. Che tipo di società vogliamo costruire in modo condiviso, con tutti e senza esclusioni.

E bisogna intrecciare, dalla base, una doppia catena. Una catena di solidarietà da un lato e una catena di fiducia che ci spinga tutti insieme. Sì, abbiamo bisogno anche di audacia e rischio.

E tutte le volte che sarà necessario dobbiamo tenerne conto. Ma soprattutto abbiamo bisogno che la società catalana – la società catalana favorevole alla libertà di questo Paese, al di là delle legittime espressioni partitiche di ciascuno – si riattivi, si impegni, voti, si organizzi, si coinvolga e non disperda il capitale politico accumulato in tutti questi anni o la conoscenza acquisita che ci ha permesso di mantenere la legittima azione cittadina, che è tutto ciò che lo stato spagnolo e i suoi necessari collaboratori non vorrebbero che accadesse in alcun modo. Ovviamente, non vorrebbero che accadesse tutto questo.

Desidero infine ringraziare tutti voi che avete reso possibile la buona riuscita di un’operazione estremamente difficile. A tutti voi che non avete fallito. E a tutti coloro che faranno parte della catena di solidarietà per non lasciare mai indietro nessuno. Ne usciremo non grazie alle azioni individuali di qualcuno. Ne usciremo se sapremo concatenare decine di migliaia di azioni individuali e collettive che sappiano sconcertare lo stato spagnolo, che sappiano allargare la sinistra di questo muro che è uno stato spagnolo che non riconosce i diritti fondamentali. E abbiamo dimostrato che, quando ci impegniamo, ne siamo capaci.

C’è un solo obiettivo finale che dà significato a tutto ciò che possiamo fare e a tutto ciò che potremmo patire, ed è la libertà. Libertà individuale e libertà del nostro Paese.

Viva la Catalogna Libera”

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