E, politicamente, a cosa è servita questa “visita” di Puigdemont?
- Ciò che Carles Puigdemont ha fatto ieri è un atto impeccabile di disobbedienza civile. Proprio da manuale
Vilaweb.cat – Editoriale – Vicent Partal – 08.08.2024
https://www.vilaweb.cat/noticies/i-politicament-de-que-ha-servit-aixo-de-puigdemont/
Ieri il presidente Puigdemont ha fatto una di quelle cose che lo rendono un politico unico. Può piacere o no, ma è difficile discutere questo: non c’è nessun politico nei Paesi catalani – né in Spagna o in Francia, e ce ne sono pochi in Europa – capace di avere questo atteggiamento nei confronti della vita che è, quindi, anche un atteggiamento verso la politica.
L’audacia dell’operazione “Ritorno” – come già all’epoca (2017) avvenne con l’audacia dell’operazione del nascondimento delle Urne, o con il cambio d’auto sotto un tunnel per depistare la polizia, o con la dura prova dell’esilio-, è servita a evidenziare l’impossibilità pratica di sconfiggere la Catalogna attraverso la repressione e la violenza. Con la repressione e la violenza non hanno potuto impedire il voto nell’ottobre del 2017. Con la repressione e la violenza non sono riusciti a imprigionare né a far arrendere gli esiliati. Con la repressione e la violenza non sono riusciti a impedire al 130° presidente del governo catalano di girare per Barcellona quando e come voleva.
Ieri in molti, nella politica, nei media, nell’imprenditoria, avevano cospirato per annunciare con gioia al mondo – e per convincere il paese – che il patto tra il partito ERC e il PSC per dare la presidenza del governo catalano a Salvador Illa (socialista) apriva una nuova tappa storica che rappresentava la definitiva “normalizzazione” della vita politica in Catalogna. La “normalizzazione” si intende come la chiusura dell’eccezione indipendentista – come se l’indipendentismo fosse stato un fenomeno temporaneo che non si ripeterà mai più. Puigdemont ha distrutto questo concetto. Qui di normale, come ha spiegato tutta la stampa mondiale e come hanno visto tutti quelli che non vogliono chiudere gli occhi, non c’è nulla, niente di niente.
Mi sembra molto curioso che, nonostante ciò, molte persone si chiedano ancora, dopo aver vissuto quello che hanno vissuto, quale fosse lo scopo politico dell’atto organizzato nel Passeig de Lluis Companys per celebrare la fine dell’esilio. Tanta confusione egoistica, tanta discordia seminata in questi ultimi anni, tante tattiche fratricide hanno fatto il loro effetto, evidentemente. Quindi sarà necessario cominciare dall’inizio.
Questo nostro Paese catalano sostiene da decenni la disobbedienza civile come la strada ideale per affrontare lo Stato spagnolo. Soprattutto la sinistra, e ancor più la sinistra indipendentista e rivoluzionaria. Ebbene, quello che è successo ieri è un atto impeccabile di disobbedienza civile. Da manuale. Puigdemont si confronta con il potere, lo affronta. E non cerca di evitare l’arresto a tutti i costi; assume di poter essere arrestato e di andare in prigione. Ma non si arrende docilmente. Anzi: sfida pubblicamente le autorità ad arrestarlo… se possono. E li sconfigge. E così facendo, l’episodio diventa un fatto politico notevole che, da un lato, denuncia il comportamento antidemocratico del potere costituito e, dall’altro, difende la democrazia, l’amnistia, l’autodeterminazione e il processo di indipendenza.
Fondamentalmente, questo è successo ieri. E il messaggio è ovvio: se un uomo può sconfiggere ripetutamente lo Stato per sette anni, rendendolo ridicolo ed evidenziandone la impotenza, cosa non potrebbe fare il popolo insieme, come già successe il 1° ottobre del 2017? Se un uomo può avere un controllo sufficiente del territorio per fare quello che ha fatto ieri Puigdemont, come volete che non possiamo controllarlo noi tutti insieme, quando ci sentiremo pronti, come già abbiamo fatto nei primi giorni dell’ottobre 2017?
A ciò si contrappone il comportamento demenziale del corpo della polizia catalana, comportamento che dipinge perfettamente l’impotenza e l’inutilità del regime autonomo, l’incapacità di servire i cittadini e – inutile dirlo – la nazione.
La funzione della polizia è quella di tutelare l’esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini. Ieri, però, la polizia autonoma è stata smascherata e hanno scritto la pagina più oscura della loro storia. Isolando e bloccando il parlamento dei cittadini, gettando gas lacrimogeni su manifestanti e giornalisti e, soprattutto, attivando un’operazione antiterrorismo tanto sproporzionata quanto inutile per cercare di impedire – prestando ascolto ad un ordine manifestamente illegale – che un deputato eletto possa esercitare i suoi diritti nel Parlamento legittimo.
E perché non è andato in Parlamento se lo aveva promesso, si chiedono ancora alcuni delusi? Ebbene, perché non era più necessario. Il messaggio che Carles Puigdemont ha voluto inviare ieri alla popolazione, al Parlamento della Catalogna e al mondo, lo ha inviato dall’Arco di Trionfo di Barcellona. Con la sua presenza e le sue parole. All’interno non avrebbe potuto aggiungere molto di più. E lo ha detto molto chiaramente nel suo brevissimo messaggio: “Oggi molti pensano di festeggiare il mio arresto e penseranno che questo scherno ci dissuaderà e vi dissuaderà”. Scoraggerà noi e te, loro e tutti. Questo era l’argomento. Ebbene, ecco marameo: né presa in giro né dissuasione. In ogni caso, una scarica di adrenalina che molti non avevamo da molto tempo, dovuta al fatto che lo abbiamo visto capace di affrontare, di entrare nella tana del lupo e di vincere anche questa battaglia, proprio quando i nemici si erano fatte più illusioni.
Infine, c’è ancora un altro fattore non da poco. Puigdemont ha eclissato il nuovo presidente Illa al punto che il leader socialista non ha saputo essere protagonista nemmeno nel giorno della sua investitura. Abbiamo visto una scena impressionante: quando il candidato alla presidenza ha iniziato il suo discorso, un’inquadratura televisiva ha mostrato l’aula con tutti i deputati del parlamento che guardavano i loro cellulari invece di ascoltarlo.
Con il suo gesto mordi e fuggi, Puigdemont ha gettato un’ombra molto grande sul nuovo governo e sul patto que ERC ha stretto con il PSC. Se il 130° presidente fosse stato arrestato e incarcerato, molti politici avrebbero tirato in sospiro di sollievo. Un anno, due anni di carcere, gli impedirebbero di fare politica e non gli permetterebbero di intervenire in Catalogna, proprio nel momento più importante e trascendente, quando è più necessario fare politica per recuperare la maggioranza indipendentista e intraprendere un nuovo attacco – basato sul più che prevedibile fallimento del nuovo governo.
Perciò, risparmiandosi il carcere, ottiene lo stesso effetto di impedire un’investitura “normale” senza pagare il prezzo della privazione della libertà. E ora il suo ritorno definitivo – che arriverà tra pochi mesi, quando il groviglio giudiziario dell’amnistia sarà stato completamente risolto – sarà un vero incubo per il presidente Illa e per i suoi partner di governo. Ma soprattutto sarà un vero incubo, una grande ferita aperta per la Spagna, che è la cosa che interessa, in fin dei conti. Per questa Spagna, sì, che oggi sbuffa indignata e umiliata, infuocata e fuori di sé, per quello che ha fatto un presidente della Generalitat de Catalunya, un catalano, insomma.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.vilaweb.cat/noticies/i-politicament-de-que-ha-servit-aixo-de-puigdemont/