Perché la Catalogna non ha una strategia mediterranea? Commento sul documento MedCat 2030
Miquel Vila è il direttore esecutivo del Catalonia Global Institute (CGI). Specialista in geopolitica e geoeconomia, nonché in Cina e nella regione dell’Indo-Pacifico.
02/12/2022
https://cataloniaglobal.cat/per-que-catalunya-no-te-estrategia-mediterrania-comentari-sobre-la-medcat-2030/
All’inizio dell’ultimo rapporto pubblicato dal Catalonia Global Institute “Sfide per la Catalogna nel nuovo contesto geopolitico del Mediterraneo” citiamo “l’Estratègia Mediterrània de Catalunya, MedCat 2030“, pubblicato dal Dipartimento di Azione Estera e Open Government nel Settembre 2019, chiamato anche semplicemente MedCat 2030. Il problema essenziale del documento non è tanto quale delle sue proposte specifiche possa essere appropriata e quale no, ma il fatto che, nonostante porti il termine “strategia” nel titolo, non è possibile considerarlo un documento strategico in quanto tale.
Un documento chiamato Strategia Mediterranea della Catalogna dovrebbe essere la tabella di marcia per guidare la navigazione della Catalogna attraverso le acque sempre più turbolente del nostro mare. Tuttavia, lungi dal trovare una mappa che possa servire alla Catalogna di fronte alle realtà di un Mediterraneo instabile, ci ritroviamo con una guida ad un’Itaca mitologica, accompagnata da una raccolta di azioni che stanno già portando avanti diversi Dipartimenti della Generalitat (governo catalano), anche se hanno poca attinenza con l’area mediterranea.
La lettura del documento non permetterà di distinguere ciò che è importante per la Catalogna rispetto al Mediterraneo, né quali siano le sue priorità nella regione. Infatti, frammenti come questo in cui si afferma che “il Governo della Catalogna può agire a diversi livelli e in diversi ambiti, attraverso la versatilità dei suoi strumenti e una visione di bacino che gli consente di stabilire sinergie e partenariati” (p.37), lasceranno sicuramente il lettore piuttosto confuso.
Come spiega Rosa Cabús nell’articolo “Quando c’è un orizzonte, è necessaria la strategia”, possiamo definire strategia quella concezione che si riferisce alle nostre azioni, quando queste sono mirate a obiettivi realistici e concreti, basati su mezzi specifici. Troviamo il problema, come lei giustamente dice, nel fatto che il termine strategia è stato molto diluito – MedCat 2030 ne è un chiaro esempio –, il che genera molta confusione.
Permettetemi di fare una metafora calcistica durante i Mondiali. Sappiamo che una squadra di calcio può avere una strategia più offensiva, di contropiede o di difesa arretrata, ad esempio. In nessun caso l’allenatore ha indicato in un tabellone a chi bisogna passare la palla in ogni minuto di gioco. Non avrebbe senso. Tuttavia, l’approccio strategico della squadra deve definire quando è necessario dare la palla all’attaccante protagonista e in quali situazioni è necessario difendersi. Questa strategia deve essere suddivisa in elementi più piccoli, definendo quali tattiche si adattano allo stile di gioco della squadra. In altre parole, come costruiranno il gioco i giocatori e quali obiettivi intermedi sono interessati a conquistare: controllare la palla, pressare la difesa avversaria o perdere tempo?
Chiaramente, per costruire una buona strategia, bisogna prima sapere quale squadra abbiamo e qual è l’obiettivo della partita: prendere i tre punti o giocare per non perdere? Vincere 6-5 o 2-0? Infine, in quella che sarebbe l’equivalente di una “grande strategia” su scala calcistica, bisognerebbe sapere quali sono gli obiettivi della squadra per la stagione: salire di livello, vincere il campionato, qualificarsi per la Champions League?
Proseguendo con la mia metafora poco originale, ciò che la strategia MedCat 2030 propone alla nostra finta squadra di calcio catalana non è come segnare gol, ma come ballare una coreografia di nuoto sincronizzato, con l’obiettivo di qualificarsi per una competizione che nemmeno esiste.
L’Agenda 2030 in soccorso del miraggio regionale.
Uno dei modi in cui i governi autonomi hanno cercato di far credere ai propri cittadini di essere più di un’autonomia, senza entrare in conflitto con lo Stato, è stato quello di coinvolgere la Catalogna in grandi imprese, dalle quali sanno che non torneremo mai con Il Sacro Graal. Dopo i fatti del 2017, quando l’amministrazione della Generalitat de Catalunya è diventata tutt’altro che autonoma, il modo per nascondere questa realtà è stato quello di tentare di intraprendere crociate sempre più impossibili da realizzare.
Così, anche se si tenta una prima mappatura della situazione della Catalogna nel Mediterraneo – con alcune note promettenti – il documento successivamente la lascia da parte, e dimentica di definire di cosa ha bisogno la Catalogna del Mediterraneo, e cosa vuole fare per realizzarlo.
Ad esempio, il documento identifica e quantifica alcune delle relazioni economiche esistenti tra la Catalogna e la regione mediterrranea, ma vediamo come né gli obiettivi né la visione sono definiti in base agli interessi economici e politici che il governo ritiene che la Catalogna abbia. Sorprendentemente vediamo come, per un territorio mediterraneo con un profondo rapporto storico con la regione, che come afferma lo stesso MedCat 2030 circa un terzo del suo commercio estero è con i paesi del Mediterraneo, il punto di partenza per definire i propri obiettivi nell’area non è altro che l’attuazione dell’“Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” delle Nazioni Unite.
Infatti, l’“Agenda 2030” delle Nazioni Unite è diventata una benedizione per i governi morti viventi che troviamo in giro per il mondo, e che devono giustificare delle spese con ritorni dubbi ai propri cittadini. Il governo della Generalitat della Catalogna ne è un chiaro esempio. L’Agenda 2030 consente una copertura simbolica, giustificando azioni per le quali non si possono chiedere delle responsabilità dirette, in base al loro contributo “in favore del bene e contro il male”.
Allo stesso modo, nonostante non sia raro trovare qualche riferimento all’Agenda 2030 nei documenti prodotti dai governi della nostra area geografica, raramente essa viene presentata come giustificazione dell’insieme delle politiche strategiche, soprattutto in materia di politica estera. In effetti, un abuso di riferimenti all’Agenda 2030 è solitamente un buon indicatore del fatto che, per dirla senza mezzi termini, il denaro dei contribuenti viene sprecato.
Tuttavia, vediamo come nel caso del Governo della Generalitat post-2017, l’Agenda 2030 sia diventata il fulcro della giustificazione trasversale di molte delle sue iniziative. Agenda 2030 sulla quale, del resto, la Catalogna non ha avuto nulla da dire in termini pratici. Non è un buon inizio, quindi, assumere acriticamente le decisioni prese negli spazi in cui non hai rappresentatività, specie quando la maggioranza di coloro che ce l’hanno non vi prestano molta attenzione. Già questo ci dà indicazioni sul carattere auto-giustificativo di queste azioni, che hanno poco a che fare con gli interessi dei cittadini catalani.
Vision, mission e obiettivi
In questo modo vediamo come la “visione” che guida MedCat 2030 è che “il Governo della Catalogna si impegna per una comunità mediterranea innovativa, interculturale e inclusiva basata sul benessere delle persone, sul progresso delle loro società e sul valore della dialogo e diritti» (p.37). La sua “missione” non è rafforzare gli interessi economici della Catalogna, proteggere la sua identità o promuovere la sua sovranità, ma “promuovere una strategia rinnovata che contribuisca a cambiare il focus delle politiche europee mediterranee, rafforzi le relazioni e gli scambi tra gli attori dell’una e l’altra sponda e contribuire alla coerenza dell’azione esterna del Governo della Catalogna nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.”
Il documento, infatti, lascia scritto che la potente visione della Generalitat non può accontentarsi di un compito così umile come quello di difendere gli interessi dei cittadini catalani, ma che “gli obiettivi che orientano la Strategia sono al servizio delle società che vivono e condividono lo stesso spazio mediterraneo.” Algerini e marocchini, israeliani e palestinesi, greci e turchi, tutti possono trarre vantaggio dalla saggezza dell’amministrazione catalana.
Come non potrebbe essere altrimenti, i suoi assi strategici non possono essere meno ambiziosi. Il primo “Impegno per le sfide globali” ha tre obiettivi: “partecipare all’agenda globale nel Mediterraneo; sostenere un modello trasformativo di cittadinanza mediterranea; e scommettere su uno spazio integrato, intelligente e sostenibile come motore di una crescita inclusiva” (p.40). Infatti in questo ambito si parla di economia:
“dalla Catalogna comprendiamo che è prioritario stabilire relazioni commerciali e di investimento più equilibrate in una prospettiva di integrazione economica, co-sviluppo e prosperità condivisa e connettività attraverso lo sviluppo di reti mediterranee integrate legate allo sviluppo urbano, ai trasporti e alla logistica. Promuoveremo i nuovi modelli di economia verde, blu e circolare”.
Come possiamo vedere, gli obiettivi di questo asse non solo sono completamente lontani da quella che dovrebbe essere un’analisi e una considerazione di quelle che sono le priorità catalane in relazione al Mediterraneo, ma sono obiettivi completamente fuori dalla portata del governo catalano e, se me lo consentite, da qualsiasi stato della regione.
Il secondo asse “Incidenza e progetto rinnovato” ha due obiettivi strategici: espandere la capacità di incidere della Catalogna e “collocare il Mediterraneo come priorità nelle politiche europee”. Fondamentalmente quello che stiamo cercando di fare qui è dimostrare che la Catalogna, partecipando agli spazi che le sono concessi come autonomia regionale dello stato spagnolo, può davvero avere un qualche tipo di impatto sulle politiche della regione mediterranea. In effetti, le poche politiche multilaterali esistenti per la regione sono già attuate attraverso l’Unione Europea, dove le priorità strategiche sono ovviamente formulate dagli Stati membri.
Nel terzo asse troviamo l’obiettivo di creare “Alleanze di proiezione e di scambio”, in cui si fissano i seguenti obiettivi: promuovere la Catalogna come hub del Mediterraneo; così come Internazionalizzare e progettare la Catalogna. Si potrebbe pensare che l’obiettivo di trasformare Barcellona in un hub (sic) possa avere qualche retroterra geoeconomico, ma l’iniziativa viene considerata in una direzione molto diversa:
“Vogliamo posizionare la Catalogna e Barcellona come attori impegnati nella trasformazione del Mediterraneo, promuovendo l’insediamento in Catalogna di una massa critica nell’area mediterranea (centri di ricerca e analisi), reti, associazioni e istituzioni, e incoraggiando la creazione di un ecosistema di entità interconnesse che creano alleanze e agiscono insieme nel Mediterraneo, al fine di realizzare un cambiamento trasformativo nella regione”
La Catalogna si presenta come la punta di diamante che riunirà le menti più brillanti del Mediterraneo con l’obiettivo di avviare una “trasformazione” mai definita in modo concreto e realistico. Gli obiettivi strategici del governo non dovrebbero promuovere trasformazioni in senso astratto, ma cambiamenti concreti che diano alla Catalogna maggiore peso economico e politico. Ma troviamo un documento, con elenchi di obiettivi e azioni senza tempistiche né priorità. Questo fatto dimostra quanta poca attenzione sia stata data alla necessità di spiegare e giustificare come la Catalogna possa avanzare, dalle sue attuali relazioni nella regione mediterranea, verso uno scenario futuro più favorevole.
Piano di Azione
Alcuni cercheranno di giustificare il documento con le oltre cento iniziative presentate nel suo Piano d’Azione, che inizialmente arrivava fino al 2022. Va detto che molte delle iniziative presenti nel Piano d’Azione non hanno nulla di negativo in senso lato. Il problema è che nel documento manca una chiara definizione delle priorità o una panoramica di queste azioni. Certamente sembra che la maggior parte di essi venissero già realizzati in precedenza. La loro presenza nel documento appare, in diversi casi, al fine di giustificare la loro esistenza precedente e garantire la loro continuità futura, nonché la spesa pubblica che li sostiene.
Ad esempio, tra le iniziative che rientrano nel primo asse strategico “Raggiungere sfide globali” possiamo trovare la “Progettazione di un osservatorio della libertà religiosa e della coscienza nel Mediterraneo” o la “Promozione della mobilità della conoscenza degli attori nel campo dei diritti umani, del diritto e della giustizia, della risoluzione dei conflitti e della pace, con particolare attenzione all’Istituto Internazionale Catalano per la Pace (ICIP)» (p.55). Nell’ottica di porre il Mediterraneo come priorità nelle politiche europee” ci sono iniziative come l'”impulso dello IEMed come centro di conoscenza di riferimento per le politiche mediterranee” (p.63) o la “Promozione delle collaborazioni con le attività promosse da think tanks ed entità sociali ed economiche” (p.64).
Allo stesso modo, abbiamo iniziative come “l’organizzazione e l’accoglienza di grandi eventi, congressi e fiere internazionali” o il “rafforzamento del marchio Catalogna-Barcellona” (p.66). Ancora una volta, a priori non c’è nulla di sbagliato in queste iniziative. Ma Barcellona ospita già un gran numero di congressi e fiere, spesso con scarsi profitti per il marchio catalano. Ciò che manca è spiegare come si integrano in una strategia generale e come ci avvicinano agli obiettivi definiti a vantaggio dei cittadini catalani. Ancora una volta, tornando alla metafora del calcio, prendere l’iniziativa come se stessi dicendo ai tuoi giocatori di segnare gol non significa avere una strategia definita.
Una delle iniziative principali di MedCat 2030 è “l’organizzazione annuale dei forum emblematici MedCat Days”. Questa idea, a prima vista, sembra interessante. Scopriamo che ai MedCat Days 2022 si sono tenute conferenze in cui diverse entità nazionali e internazionali focalizzate sulla regione hanno avuto voce in capitolo. Tuttavia, se guardiamo al loro contenuto, non troviamo nulla che li renda “emblematici”. Essendo figlia del MedCat 2030, la logica non è molto diversa. Possiamo trovare menzione di parole buzzwords come “Europa”, “sostenibilità” e “Agenda 2030”. All’inizio, ancora una volta, non troviamo una vocazione di leadership da parte della Generalitat, ma piuttosto quella di limitarsi ad attuare o giustificarsi collegandosi alle politiche ideate da altri.
Si parla anche di “favorire accordi e scambi con agenti di attori catalani e del sud del Mediterraneo”. Il che, in astratto, ovviamente non suona male. Ma gli astratti sono spesso difficili da contraddire. In pratica sembra che i MedCat days siano state un altro di questi eventi che hanno accolto la presenza di personale di diversi dipartimenti della Generalitat e di enti affini, che in ultima istanza sembrano essere i più interessanti di queste politiche. Ancora una volta, indipendentemente dai benefici che potrebbero portare agli attori coinvolti, è difficile vedere come siano giustificati gli obiettivi strategici specifici per il paese che vengono proposti con queste giornate.
Pur con le mancanze di fondo del documento, non credo che ciò sia la cosa più importante, è interessante dare un’occhiata ad alcuni degli indicatori proposti per valutare se gli obiettivi della Strategia MedCat 2030 sono stati raggiunti. Come non potrebbe essere altrimenti, gli indicatori scelti non ci dicono come le azioni ci abbiano avvicinato agli obiettivi strategici espressi nel documento. Quasi nessuna delle iniziative presentate porterà progressi significativi nella promozione della “cittadinanza mediterranea”, qualunque cosa essa sia.
Notiamo che il metodo di valutazione per tutti i diversi assi strategici e le loro sottocategorie è generalmente lo stesso: il numero di azioni che sono state realizzate. In altre parole, troviamo che l’indicatore principale per valutare i successi delle azioni della Strategia Mediterranea 2019-2030 si concentra sul numero di volte in cui queste azioni sono state realizzate. Ciò potrebbe aiutarci a valutare il grado di esecuzione del Piano d’Azione – che può essere un indicatore prezioso – ma non la sua qualità o il raggiungimento di obiettivi specifici. Pertanto, come indica tutto il documento, sembra che il metodo di valutazione cerchi di giustificare che l’amministrazione faccia delle cose, nella maggior parte dei casi, per giustificare una serie di azioni che si pensava già fossero state realizzate prima dell’elaborazione del documento. Ma in nessun caso si vuole valutare l’utilità delle azioni intraprese, in relazione al raggiungimento di determinati obiettivi strategici, poiché tali obiettivi non esistono.
Ad esempio, uno degli indicatori per valutare l’asse “1.1, Partecipazione della Catalogna all’Agenda Globale 2030 nel Mediterraneo” è il “numero di rapporti elaborati e riferimenti a documenti della Generalitat su temi dell’agenda globale in relazione al Mediterraneo ” (p.52). Al di là di ciò che si potrebbe pensare sull’importanza dell’Agenda 2030, bisogna chiedersi in quale misura il fatto che la Generalitat pubblichi numerosi rapporti su questo tema la avvicini davvero a contribuire agli obiettivi della suddetta Agenda. In effetti, ciò che più avvicinerà MedCat 2030 agli obiettivi dell’Agenda 2030 è che, poiché viviamo nell’era digitale, questi rapporti per fortuna non saranno stampati su carta.
Oltre a un problema ideologico
Potrei continuare e sicuramente praticamente tutto il documento offre materiale da commentare, ma una volta presentato un quadro generale non ha molto senso concentrarsi su iniziative specifiche quando il problema è chiaramente di sostanza.
Quando è stato redatto MedCat 2030, non c’era mai stata la vocazione a guidare il futuro della Catalogna nel contesto mediterraneo. In nessun caso esiste una road map credibile, un’identificazione delle risorse o una tempistica chiara delle fasi necessarie per portare avanti l’esecuzione del progetto. Perché, innanzitutto, gli obiettivi fissati esulano non solo dalla portata della Generalitat, ma di qualsiasi stato sovrano presente o futuro della regione.
Potremmo dire che la logica dell’insieme del documento si inquadra nell’idea che la proiezione dei beni e delle virtù morali nel mondo è il compito principale della Catalogna. Ciò significa confondere l’azione esterna del paese con una ONG. Ma questa sarebbe una critica superficiale e non si tratta solo di un problema di visione ideologica errata.
C’è una ragione di fondo, che può essere spiegata con l’abdicazione totale della leadership del paese per costruire una politica estera efficace – o in qualsiasi altra questione di ordine pubblico – da parte della Generalitat, dopo la sua totale sottomissione allo stato centrale, dall’Ottobre 2017. È difficile vedere che MedCat2030 non abbia altra ragione d’essere se non quella di giustificare le azioni e le spese dell’amministrazione regionale catalana, per sostenere cariche ed enti affini nel campo della cooperazione o della ricerca che possono trarne vantaggio.
In quanto istituzione che non rende più conto ai suoi cittadini, la Generalitat sceglie di avvolgere la nuova realtà sotto un velo di servizio ad una causa superiore di portata universale. Come accennato in precedenza, stabilire obiettivi vaghi, non dare priorità alle iniziative e pensare che queste non abbiano altra ragione d’essere se non quella di perpetuare la propria esistenza, impedisce la responsabilità. Alla fine tutto cerca di nascondere che non stiamo lavorando al servizio del paese. Individuare questo tipo di pratiche è il primo passo per cambiare il corso del paese.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia