È arrivata una nuova ondata di esilio prima dell’amnistia
È vergognoso che l’indipendentismo, sempre più frammentato e malato di scontrosità, non possa restare unito nemmeno in momenti di questa estrema gravità, quando la repressione colpisce nuovamente il nostro paese
Vilaweb.cat – Vicent Partal – Editorial 11.04.2024

10.04.2024
Foto: Albert Salamé / VWFoto
Ieri sono passati sei anni dall’arresto di Tamara Carrasco e dalla partenza verso l’esilio di Adrià Carrasco. E, sei anni dopo quel montaggio della polizia che non è mai riuscita a provare nulla, abbiamo appreso che è partita una nuova sfornata di esiliati, persone che tra poche ore si presenteranno in pubblico e spiegheranno che hanno dovuto lasciare la Catalogna, non di loro spontanea volontà, ma a causa dell’ennesimo montaggio della polizia. Un altro ancora.
Sono persone impegnate – come il giornalista Jesús Rodríguez, l’imprenditore Josep Campmajó e il dirigente di Òmnium Oleguer Serra, che ora lo hanno reso pubblico, o il deputato di ERC Ruben Wagensberg, che sappiamo è già via da giorni –, che hanno scelto di lasciare il Paese in vista delle gravi minacce giudiziarie spagnole per l’organizzazione del Tsunami Democratico – in quanto accusati nientemeno che di terrorismo.
La legge sull’amnistia, sulla carta, dovrebbe significare la fine dell’esilio. Per quelli che sono lì da sei anni e mezzo, come il presidente Puigdemont, Marta Rovira, Toni Comín e Lluís Puig, ma anche per gli altri, tutti coloro che hanno lasciato i Paesi catalani in questi mesi, settimane o giorni.
Ma non illudiamoci. L’amnistia non è una soluzione, ma soltanto una toppa temporanea. Efficace e duramente conquistata, ma incompleta e insufficiente. Perché sappiamo tutti che la repressione spagnola continuerà fino al giorno, ora, minuto e secondo prima dell’indipendenza.
La de-giudizializzazione del conflitto non c’è. Con la mobilitazione popolare, con i risultati elettorali e con il ricorso alla democrazia europea, possiamo costringere la Spagna a adottare misure come l’indulto o l’amnistia. Quando non hanno altra scelta. Ma mai, né con il PP al potere né con il PSOE, potremo cambiare l’essenza dello stato spagnolo, il suo nazionalismo suprematista e la sua incapacità di dialogare per risolvere i problemi politici. Il sogno ragionevole di vivere semplicemente in un paese normale, per i catalani – peninsulari o insulari – non è realizzabile senza un proprio stato indipendente, completamente libero dal potere spagnolo. O questo oppure la repressione continuativa. La storia del catalanesimo ce lo insegna.
E lo sappiamo per nostra esperienza. Diamine, non c’è nessuno, onestamente, che possa negarlo. Lo sa la gente della strada, ma lo sa anche la classe politica. I partiti lo sanno, lo sanno benissimo, lo sanno talmente tanto che in questa nuova ondata di esilio c’è ancora una volta gente delle loro file. Ed è per questo che è così incomprensibile, e così deludente, e così irritante, che non vedano l’urgenza del momento, che non riescano a capire la fretta che abbiamo. Nemmeno in una giornata drammatica come questa.
È vergognoso che l’indipendentismo, sempre più frammentato e malato di scontrosità, non possa restare unito nemmeno in momenti di questa estrema gravità. E che i partiti e partitini non riescano a dimenticare le loro divergenze programmatiche e accantonare la lotta per l’egemonia con l’obiettivo di conquistare insieme non solo la libertà ma il diritto a vivere noiosamente e senza paura, come dei cittadini che non hanno nulla da temere e che non devono vedere la propria vita minacciata – e questa non è una metafora – per il semplice fatto di appartenere alla nazione a cui appartengono.
Post-scriptum: Inutile dirlo, il giornale VilaWeb esprime solidarietà totale e incondizionata a tutte le persone che nelle prossime ore annunceranno di essere in esilio, perseguitate dallo stato spagnolo. Li vogliamo a casa.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia