La Corte Europea per i Diritti Umani interroga la Spagna sul valore della sovranità del Parlamento catalano
La giustizia europea accelera sul caso dei deputati catalani Costa, Campdepadrós e del partito Junts per Catalunya
Quico Sallés – 17/07/2023
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha posto l’aceleratore sul caso delle denunce dell’ex-vicepresidente del Parlamento, Josep Costa, l’ex-segretario dell’Ufficio di presidenza, Eusebi Campdepadrós, e del resto del gruppo parlamentario di “Junts per Catalunya”. Se la scorsa settimana aveva accolto le tre richieste, e poi unificate in un unico procedimento sollecitando la Spagna a presentare le proprie dichiarazioni, oggi la Corte ha formulato diverse domande allo Stato per chiarire il ruolo del Parlamento della Catalogna nell’ordinamento costituzionale spagnolo. Tre denunce per coercizione dell’azione parlamentare e della sovranità dei deputati e dell’istituzione catalana.
Più precisamente, una delle tre domande formulate è la chiave del caso, e quasi l’argomento più importante fornito dalle difese dei deputati indipendentisti catalani. Pertanto, si chiedono se “secondo l’ordinamento costituzionale spagnolo, se una risoluzione approvata da un Parlamento autonomo, come quello della Catalogna, può essere considerata come un atto dei parlamentari a titolo individuale o come un atto del Parlamento stesso?”. In altre parole, se in un conflitto tra istituzioni vengono violati i diritti politici dei parlamentari privandoli dell’iniziativa politica, della libertà di espressione e di riunione. E, in ogni caso, se una delibera approvata da una istituzione può essere punita per elaborarla in qualità di componenti dell’Ufficio di presidenza del Parlamento, che ammise le delibere.
A causa di persone o materia
I magistrati europei, però, iniziano a chiedere spiegazioni in modo molto specifico già nella prima questione che sollevano con il Regno di Spagna. In tal senso, chiedono allo Stato di chiarire se le tre richieste siano compatibili per ragioni di persone e di materia con le disposizioni della Convenzione sui Diritti dell’Uomo. In questo senso, chiedono alla Spagna di ragionare se Costa, Campdepadrós e il resto dei deputati di “Junts” nella passata legislatura “possono affermare di essere vittime di violazioni dei loro diritti come individui”.
Una domanda avvelenata, fermo restando che la Corte dei Diritti Umani ricorda che le denunce fanno riferimento a “un contenzioso tra istituzioni pubbliche” specificatamente tra un “parlamento autonomo e lo Stato”. Ma, d’altra parte, le denunce dei tre ricorrenti indicano una “reazione delle autorità alle risoluzioni adottate da un Parlamento autonomo e agli atti compiuti da alcuni dei ricorrenti nella loro qualità di membri dell’Ufficio di Presidenza e di deputati della camera catalana”. Due precisazioni che servono a contestualizzare o situare ciò che la Corte vuole chiarire, quali livelli di sovranità ha un parlamento per approvare una delibera e quale livello di responsabilità individuale può essere ricoperto dai deputati che la promuovono o da quelli che si limitano ad elaborarla. Due circostanze che possono delimitare quella che è la sovranità del Parlamento di Catalogna come istituzione e i deputati che lo compongonoFacciata della sede della Corte Costituzionale / Europa Press
Coercizione del Tribunale Costituzionale
Le denunce davanti alla giustizia europea si basavano sul reclamo che ogni volta che l’Ufficio di presidenza elaborava una risoluzione politica per il dibattito su “l’azione del re di Spagna, sulla forma monarchica dello Stato o sul diritto all’autodeterminazione della Catalogna” l’Stato emettevaa una minaccia. Avvisi che si sono scontrati con la dottrina della Corte, come la giurisprudenza del caso Stern Taulats e Roura Capellera, che intendeva che le ragioni del dibattito erano “di pubblico interesse”. Pertanto, le denunce hanno insistito sul fatto che i divieti della Corte costituzionale accompagnati dalla “minaccia di azioni penali”, le istruzioni al Procuratore generale dello Stato e le procedure sollecitate dal governo spagnolo alla Corte costituzionale per avviare un procedimento penale possono essere definiti come “coercizione persistente da parte della Corte Costituzionale”.
D’altra parte, la Corte solleva anche questioni relative al diritto a un processo equo. In tal senso, chiede alla Spagna di spiegare se l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sia stato violato. Un articolo che delimita la descrizione e gli elementi che devono avere un giusto processo, a favore di un’effettiva tutela giurisdizionale. Il dubbio della Corte è se questo procedimento sollecitato dalla Corte costituzionale contro il Parlamento o contro i suoi componenti utilizzi una «brevietà dei termini per impugnare le delibere esecutive e la carenza di risorse in secondo grado. Una domanda che indica che la Corte dei Diritti Umani non riesce a capire come una Corte Costituzionale possa avviare un procedimento penale contro i membri di una camera legislativa.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia