L’ONU e la congruenza spagnola
VilaWeb.cat – editoriale Vicent Partal – 31.08.2022
L’arbitrarietà giuridica che l’ONU denunciato ancora una volta è un’operazione di stato, incompatibile pertanto con la stabilizzazione che questo stesso stato pratica con una buona parte dell’indipendentismo istituzionale
Il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, un organismo indipendente composto da diciotto esperti internazionali, internacionals, ha stabilito ha stabilito che la Spagna ha violato l’articolo 25 del Patto internazionale sui diritti civili e politici quando revocò a Oriol Junqueras, Jordi Turull, Raül Romeva e Josep Rull lo status di deputati del Parlamento della Catalogna.
Questa importantissima risoluzione prosegue il percorso aperto, tra gli altri, dai provvedimenti dei tribunali europei contro l’estradizione dei politici in esilio e dalla decisione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che ha portato agli indulti di nove prigionieri politici. Ci sono anche le risoluzioni di maggio e luglio 2019 del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, che già denunciava che la Spagna aveva violato i diritti umani di questi quattro deputati dei partiti ERC e JUNTS quando aveva fatto perdere i loro seggi applicando arbitrarietà giuridica.
Tuttavia, dobbiamo sottolineare che questa arbitrarietà giuridica non è un errore sporadico o la posizione personale di un giudice maldestro, ma si tratta piuttosto di un’operazione di stato tesa con espressa volontà di modificare la situazione politica creatasi con il referendum di autodeterminazione e la proclamazione di indipendenza – operazione in cui la giustizia è usata non come strumento giuridico, ma come strumento politico, basato su una repressione personalizzata.
Non si tratta quindi di un funzionamento giudiziario difettoso e isolato, come quello che potremmo trovare in molti paesi, anche democratici, ma di altro: la Spagna ha violato gravemente le proprie leggi ogni volta che lo ha ritenuto necessario, e lo ha fatto con piena consapevolezza politica e con la volontà esplicita di ribaltare la situazione istituzionale creata nel 2017. Quindi qui non c’è – solo – un’applicazione inconsistente della legge, ma una strumentalizzazione politica del diritto e dei tribunali con una finalità politica di parte, nazionalmente di parte.
Ed è a questo punto che nasce il paradosso che attanaglia la vita politica catalana dall’applicazione dell’art. 155 e conseguente intervento forzato dello stato nelle istituzioni catalane. Sia chiaro: la Spagna è congruente, per quanto disgustoso possa essere ciò, perché non gli importa di nulla e non ha riguardo essendo disposta a pagare qualsiasi prezzo per trattenere la Catalogna, proprio perché la sua più grande aspirazione politica è questa: che non ce ne andiamo. Però questo atteggiamento congruente riceve una risposta inconsistente da parte dell’attuale classe politica catalana, in modo molto evidente di una parte del governo catalano della Generalitat.
Perquè a un attacco nazionale, coerentemente nazionale e del quale sono complici e parte tutti – dal re fino a Pedro Sánchez e fino al ultimo funzionario, propagandista o attivista di piazza spagnolo–, il catalanismo, ciò che viene chiamato l’indipendentismo istituzionale, non risponde, perché non vuole rispondere, con un contrattacco nazionale, anche coerentemente nazionale (…)
(…) l’indipendentismo risponde stabilizzando politicamente questo Stato che lo sta attaccando e salvandone la faccia a livello internazionale (…) proclamando che tutto va bene perché è stata attivata una trattativa che però nessuno vede.
Con ciò, questi politici che abbiamo, e che dobbiamo sorbirci, trasformano in lettera morta e politicamente inutile il lavoro brillante e coraggioso di tutte le organizzazioni internazionali che non hanno avuto alcun timore di fronte alla Spagna – che non provano questa paura irrazionale che, chiaramente, provano i nostri leader.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia