I cinque gravi problemi che ha la Spagna, un mese dopo il Catalangate
Dal discredito internazionale allo spionaggio degli avvocati fino all’impatto nei processi intentati dal giudice Llarena, lo scandalo Pegasus potrebbe avere gravi conseguenze
Vilaweb.cat – Josep Casulleras Nualart – 17.05.2022
“Quando le democrazie sono coinvolte nella violazione delle libertà civili in modo così palese come sembra essere accaduto in Catalogna, meritano una condanna”, affermava l’editoriale del “The Washington Post” del 22 d’abril. E il fine settimana scorso l’editore su affari europei del “Financial Times” ha paragonato il Catalangate al Watergate e allo spionaggio politico nella Repubblica Federale Tedesca.
Un mese dopo le rivelazioni fatte da Citizen Lab e dal “The New Yorker” sullo spionaggio massiccio all’indipendentismo catalano, lo stato spagnolo ha reagito tentando di controllare lo scandalo a porte chiuse, diluendolo come pochi casi isolati eseguiti dai servizi segreti spagnoli (CNI) con autorizzazione giudiziaria, distogliendo l’attenzione con un presunto spionaggio rivolto a Pedro Sánchez e inventando un racconto che oscilla tra il disprezzo e la giustificazione delle intromissioni nelle comunicazioni degli indipendentisti catalani. Ma ci sono delle conseguenze che vanno oltre i confini dello stato spagnolo, che lo imbrattano, che mettono in dubbio la sua qualità democratica, che possono influenzare i processi giudiziari internazionali in corso e che potrebbero cambiare le dinamiche del Parlamento Europeo. Lo stato spagnolo ora si ritrova con una serie di gravi problemi derivanti dal Catalangate.
- Discredito internazionale
Dallo slogan di “piena democrazia” che il governo spagnolo ha sempre esibito per far credere che non ha alcuna responsabilità nei casi di repressione politica fino alla democrazia vigilata di cui parlava il “The New Yorker” nel reportage sullo spionaggio all’indipendentismo catalano arrivando al “Washington Post” nello schietto editoriale: “Anche quando [le democrazie] usano questo software con l’approvazione giudiziaria o con una giustificazione legale, continuano a fare del male perché danno legittimità e sostegno finanziario a un prodotto che viene esportato in tutto il mondo per commettere tutti i tipi di reati”.
L’effetto internazionale dello scandalo è stato quasi immediato, addirittura con una dichiarazione di Amnesty International che invitava il governo spagnolo a chiarire il suo ruolo nello spionaggio, oltre ad altri articoli pubblicati su alcune testate di riferimento mondiale. Il fatto che la ricerca sia stata condotta da Citizen Lab ha contribuito al discredito spagnolo, perché questo laboratorio tecnologico legato all’Università di Toronto ha acquisito negli ultimi anni un’enorme reputazione internazionale, avendo scoperto un buon numero di casi di spionaggio illegale con Pegasus. Molte delle precedenti indagini di Citizen Lab sono state applaudite da leader politici di tutte le tendenze, compresi gli spagnoli, quando le rivelazioni mostravano abusi e violazioni dello stato di diritto da parte di stati come Ungheria e Polonia.
Ma quando è scoppiato il Catalangate, i partiti spagnoli, dal PSOE fino a Vox, hanno messo in discussione l’imparzialità di Citizen Lab, e hanno cercato di screditarlo utilizzando tutto l’apparato mediatico di Madrid, abituato a flagellare l’indipendentismo. La ministro della Difesa spagnola, Margarita Robles, è arrivata al punto di dire che non sapeva nemmeno cosa fosse il “The New Yorker”, e il rappresentante socialista della commissione di segreti ufficiali del Congresso insinuava che Citizen Lab non era indipendente né affidabile, avendo preso parte a una campagna di discredito ordita dall’indipendentismo per screditare lo stato spagnolo.
Ma gli esperti di Citizen Lab sono stati riconosciuti anche a livello internazionale per questa ricerca, e hanno già deposto nelle prime due sessioni della commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sull’uso di Pegasus. Proprio in questa commissione, costituitasi proprio l’indomani della pubblicazione del rapporto sul Catalangate, dove si rende più evidente la triade Spagna-Ungheria-Polonia che tanto hanno cercato di dribblare i rappresentanti spagnoli nelle istituzioni europee. È questo allineamento con le democrazie difettose che sta danneggiando l’immagine dello stato spagnolo. Oltre alle reazioni sconsiderate e inappropriate di alcuni europarlamentari spagnoli durante il dibattito tenutosi a Bruxelles su Pegasus che dimostrano il nervosismo che la situazione crea in loro.
- La commissione Pegasus
La Commissione Pegasus in Parlamento Europeo è una pietra miliare importante. Perché ci sono poche commissioni d’inchiesta nel Parlamento europeo, e questa, inizialmente pensata per indagare principalmente sui casi scoperti la scorsa estate in Ungheria e Polonia, ha ricevuto l’aggiunta dell’ultimo minuto per il Catalangate. Il partito che ha promosso questa commissione, uno dei più belligeranti contro l’uso di Pegasus da parte degli Stati membri, è il liberale Renew Europe, che include alcuni deputati spagnoli del partito “Ciudadanos”, apertamente anti-indipendentisti (con grande disagio in questo partito). Il gruppo Renew Europe ha chiesto spiegazioni al governo spagnolo, affinché dica se è stato un cliente della compagnia israeliana NSO e se ha utilizzato Pegasus per spiare dirigenti politici e attivisti della società civile. Il presidente della commissione è l’olandese Jeroen Lenaers, del PP europeo; uno dei vicepresidenti è l’europarlamentare del partito catalano ERC Diana Riba; e un altro membro è Carles Puigdemont.
I negoziati tra i diversi gruppi parlamentari europei nelle ultime settimane hanno portato a un accordo per svolgere una missione d’indagine conoscitiva in Spagna, nonostante le pressioni spagnole all’interno dei gruppi di maggioranza affinché non venisse fatta. Questa sarà la quarta missione, dopo quelle in Polonia, Ungheria e Israele, dove ha sede la società NSO. La commissione ha dodici mesi di tempo per interrogare vittime, presunti colpevoli ed esperti in casi di spionaggio rivelati all’interno dell’Unione europea. Sia il PSOE che il PP, Ciudadanos e Vox volevano evitare l’immagine di una delegazione di europarlamentari della commissione d’inchiesta su Pegasus che visitasse istituzioni spagnole, come il CNI (servizi segreti) o alcuni ministeri, per chiedere spiegazioni sui casi di spionaggio denunciati. Dopo quest’anno di indagini, la commissione presenterà un rapporto conclusivo che dovrebbe essere discusso e votato in seduta plenaria.
Il Catalangate ha permesso di aprire una crepa nella strategia spagnola di controllare qualsiasi cosa avesse a che fare con l’indipendentismo nelle istituzioni europee. Qui, in un certo senso, hanno perso il controllo, almeno nel Parlamento europeo. Perché per la prima volta lo spionaggio a europarlamentari è stato reso pubblico. Carles Puigdemont, Toni Comín, Clara Ponsatí, Diana Riba e Jordi Solé sono i primi cinque europarlamentari spiati con Pegasus. E questo ha avuto un forte impatto a Bruxelles e Strasburgo.
- Il fronte giudiziario
La maggior parte delle sessanta persone colpite dal Catalangate hanno iniziato a presentare denunce ed esposti per lo spionaggio di cui sono state vittime, pur se il percorso che potranno avere queste denunce è molto incerto. Se durante il processo di indagine previo alla pubblicazione del Catalangate c’era stata discrezione e coordinamento tra i partiti e gli enti civili indipendentisti, dopo il 18 aprile tutti hanno fatto la loro parte per costruire l’offensiva giudiziaria. I vertici del partito ERC coinvolti presenteranno le denunce in modo che siano accumulate/aggiunte a quelle già aperte presso il Tribunale di istruzione numero 32 di Barcellona, di circa due anni fa, per le denunce di Roger Torrent (ex-Presidente del Parlamento catalano) ed Ernest Maragall (ex-candidato sindaco di Barcellona) quando i loro casi sono stati resi pubblici, nell’estate 2020.
Poiché c’è già una strada aperta nel tribunale 32, tutti i soggetti colpiti dalle associazioni Omnium e dal partito CUP, rappresentati dall’avvocato Benet Salellas, hanno sporto denuncia, in modo che possano essere accumulate anche in questo caso, additando la società responsabile dello spionaggio, NSO, ma anche il CNI (servizi secreti) e la polizia spagnola. Anche cinque spiati come membri dell’associazione ANC, insieme all’avvocato Antoni Abat Ninet, hanno anche presentato denunce presso il tribunale numero 32.
Invece, l’avvocato Gonzalo Boye e i membri colpiti da spionaggio dell’altro partito catalano Junts avvieranno cause in varie giurisdizioni, sia in Spagna che all’estero (Germania, Francia, Belgio, Svizzera e Portogallo). Dipenderà sempre da dove si è verificata l’infezione o il tentativo di infezione documentato da Citizen Lab. In questo modo, l’avvocato Boye cerca di diversificare l’offensiva.
Anche le esiliate in Svizzera, l’ex- parlamentare catalana del partito CUP Anna Gabriel ha intentato una causa in Svizzera, sostenendo che lei, in quanto residente in quel paese, è stata vittima di spionaggio politico da parte di un altro stato come reato ai sensi del codice penale svizzero. Così come la segretaria generale di ERC Marta Rovira avvierà un’azione legale in Svizzera.
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In ogni caso, i diversi soggetti spiati del Catalangate presentano denunce che in un certo modo sono complementari e, in generale, perseguono uno scopo comune: costringere la società NSO a fornire tutte le informazioni in suo possesso sui contratti con le agenzie statali spagnole per determinare chi era responsabile dello spionaggio, per quanto tempo e, soprattutto, quanto è costato.
- Lo spionaggio agli avvocati e la ripercussione nei procedimenti del giudice Llarena
Uno degli aspetti più gravi del Catalangate è lo spionaggio degli avvocati degli esiliati e dei prigionieri politici. Secondo il rapporto Citizen Lab, Andreu Van den Eynde e Gonzalo Boye sono stati infettati con Pegasus mentre svolgevano il loro lavoro, il che significa che non solo hanno violato il loro diritto alla privacy, ma anche il loro segreto professionale e la riservatezza delle comunicazioni tra avvocato e cliente. E tutto questo a procedure giudiziarie ancora aperte.
Nel caso di Van den Eynde, il suo cellulare è stato infettato nella primavera del 2020, quando stava preparando i ricorsi di protezione dei prigionieri politici del partito ERC presso la Corte Costituzionale spagnola, condannati dalla Corte suprema per il referendum del 1° ottobre 2017. E indirettamente, fu anche spiato quando un’altra delle vittime dello spionaggio, l’europarlamentare Diana Riba, fu ascoltata a fine ottobre 2019, proprio mentre stava preparando insieme a Van den Eynde la strategia da seguire per difendere il seggio di Oriol Junqueras nel Parlamento Europeo. Junqueras era appena stato condannato a tredici anni di carcere per sedizione.
Boye è stato spiato alcune volte, ma Citizen Lab ha documentato solo il periodo di ottobre 2020. È proprio quello che ammette di avere fatto il CNI (servizi segreti), uno dei diciotto casi dei sessantacinque del Catalangate di cui si assume la paternità. Il nome di Boye era uno di quelli che l’ex-direttrice del CNI ha riconosciuto davanti ai membri della commissione sui segreti ufficiali. E questo lo rende particolarmente grave. Perché se lo spionaggio degli avvocati è grave, lo è ancor di più il fatto che il CNI riconosca di averlo fatto, perché implica che la Corte Suprema spagnola aveva autorizzato il CNI a spiare Boye in una data ben precisa nell’ottobre 2020, proprio quando era in corso la richiesta per sospendere l’immunità europea contro Puigdemont, Comín e Ponsatí. La Corte Suprema ha autorizzato lo spionaggio di un avvocato con cause aperte in cui la Corte Suprema è parte, come quella della richiesta del giudice Pablo Llarena per estradare in Spagna gli esiliati.
E tutto questo succede quando ci sono cause pendenti presso il Tribunale dell’Unione europea e la Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla situazione degli esiliati. In una di queste, nel Tribunale di Giustizia, vengono affrontate precisamente le denunce di Puigdemont, Comín e Ponsatí per le irregolarità nel processo della richiesta di sospensione dell’immunità. Questo caso di spionaggio sarà portato all’attenzione dei giudici lussemburghesi, sia in questo caso che nelle cause pregiudiziali di Llarena. Con implicazioni che possono andare oltre, perché sia Boye che Van den Eynde e Benet Salellas, in quanto avvocati che agiscono per conto delle parti in causa presso la Corte del Lussemburgo, godono di un’immunità che tutela la segretezza delle loro comunicazioni e informazioni. Anche quello, con il Catalangate, è stato violato.
- Il CNI (servizi segreti) e il “Deep State” agitato
Finora il palazzo della Moncloa (governo) ha cercato di rispondere allo scandalo dicendo, da un lato, che lo spionaggio era limitato e controllato solo a diciotto obiettivi e non sessantacinque e che avevano il controllo del CNI (servizi segreti). Ma d’altra parte, si dice che Pedro Sánchez e alcuni ministri siano stati spiati con Pegasus un anno fa, senza che nessuno lo sapesse fino ad ora. E, dopo aver detto questo e aver costretto l’ex-direttrice del CNI Paz Esteban a comparire davanti alla commissione sui segreti ufficiale del Congresso, la licenziano; fatto che ha scatenato parecchia maretta all’interno dei servizi segreti spagnoli, che si ritengono additati, interrogati, esposti e maltrattati.
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Inoltre, la spiegazione dello spionaggio a Sánchez non è stata chiarita, perché il governo spagnolo non ha segnalato alcun sospetto o presunto colpevole, e ha lasciato aperte le speculazioni e la possibilità che fossero sia il governo del Marocco che elementi di polizia incontrollati in Spagna. Se l’accusa contro il Marocco fosse confermata, ciò potrebbe avere gravi conseguenze diplomatiche, ma per ora Moncloa ha evitato di andare oltre. E se la teoria di una rete di spionaggio incontrollata prendesse peso, la reazione dei comandanti di polizia potrebbe essere furiosa. Per ora, il Sánchezgate ha funzionato più come una cortina fumogena per coprire il grande, confermato e documentato scandalo Catalangate.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia