La battaglia di Alghero ci avvicina di più alla fine
Vilaweb.cat – Vicent Partal – 24.09.2021
Piano piano, la legalità europea sta guadagnando terreno in una Spagna che non la smette di rendersi ridicola
Quando il governo è apparso in esilio a Bruxelles, nel 2017, dopo la proclamazione dell’indipendenza e il golpe del 155 (art. della legge spagnola che rese possibile il commissariamento violento della regione), ci furono un paio di frasi di quella prima conferenza stampa in esilio che mi colpirono. La prima, affermava che la Catalogna non voleva proclamare una repubblica basata sul sangue. Credo che il presidente Puigdemont disse, se non ricordo male: “La nostra repubblica non nascerà sul sangue della gente.” E la seconda cosa che mi sorprese fu l’affermazione che l’esilio non era una scelta per salvare situazioni personali ma era per continuare la lotta. E questa lotta avrebbe fornito un modo per tornare a quella sera del 27 ottobre, ma dopo aver disarmato la Spagna –in questo caso, la frase non era così esplicita, ma tutti capimmo questo.
In quel momento, ricordo di aver pensato che, se si raggiungeva lo scopo, il movimento democratico catalano avrebbe segnato una pietra miliare mondiale, un prima e un dopo, sul modo per raggiungere la liberazione nazionale. Ma pensai anche che, se fossero trascorsi molti anni e ciò non fosse stato vero, quelle parole così solenni sarebbero ritenute le più ridicole di tutti i tempi.
Sono passati circa quattro anni da allora e credo che oggi possiamo già dire che ogni battaglia vinta ci avvicina sempre più alla fine preannunciata in quel primo giorno di esilio.
La figuraccia che ha fatto il regno di Spagna in Sardegna, di fronte alle autorità italiane e soprattutto su scala europea, è insuperabile. La battaglia di Alghero, faccio l’occhiolino al grande Gillo Pontecorvo, lascerà segni molto profondi e avrà delle enormi conseguenze. E ci avvicina a una soluzione definitiva. Come diceva un mio carissimo amico ieri, profondo conoscitore del funzionamento di queste cose: “Si può ingannare l’Europa una volta, ma mai due.”
Ora c’è un punto e a capo.
Perché, ancora una volta, l’audacia e la determinazione del presidente Puigdemont ha fatto saltare per aria una situazione che in Europa è sempre più difficile da digerire. Avremo tempo di sapere nel dettaglio i retroscena di quanto è successo, su come è scattato l’allarme e se ci sono state pressioni o passaggi poco raccomandabili. Ma una cosa è chiara nell’episodio sardo: la Corte Suprema spagnola e il regno della Spagna hanno ingannato -ed è dimostrato documentalmente- le autorità giudiziarie europee. E questa è una questione di estrema gravità che sicuramente aprirà molti occhi in ambito politico.
La base di quel discorso di novembre 2017 era la seguente: nulla di ciò che aveva fatto il governo della Generalitat della Catalogna era illegale e la Spagna, invece, aveva pervertito il sistema democratico per frenare un processo politico usando la violenza. Per evitare che tale violenza sfociasse in una guerra aperta o in un massacro, l’unico modo era di applicare le regole democratiche europee anche in Spagna. Anche in un paese che era sfuggito alla democratizzazione continentale e che rappresenta un pericoloso anacronismo per la stessa Unione Europea.
Non era un messaggio facile da spiegare. Ma soprattutto era un messaggio che doveva essere dimostrato. E bisognava dimostrarlo facendo vedere che la Spagna è uno stato canaglia che rifiuta e rinnega la stessa “constitución que nos dimos entre todos” (costituzione che ci siamo dati insieme) e che è obbligata a seguire. Quindi, anche il Trattato di Lisbona.
Tutti i passi che sono stati fatti da allora hanno seguito questa strada. In primo luogo, la giustizia tedesca dimostrò al livello più alto che il referendum e la proclamazione dell’indipendenza non furono una ribellione passibile di punizione in un regime democratico; non c’era alcuna sedizione. Votare e proclamare la repubblica catalana non erano reati. Dopo, il Belgio chiarì che siamo di fronte a una persecuzione politica contro una dissidenza nazionale che la democrazia europea ha il dovere di tutelare, in virtù dell’articolo 2 del Trattato di Lisbona. La vittoria del ministro catalano in esilio, Lluís Puig, fu determinante in tal senso. E ora, con quest’ultimo episodio, è stato dimostrato senza possibilità di errore e senza che nessuno possa mai più addurre ignoranza, che la Spagna è uno stato che agisce contro la legge europea. Lo avevamo visto quando avevano tentato di impedire ai quattro europarlamentari –Puigdemont, Comín, Junqueras e Ponsatí– di prendere possesso dei loro seggi, ma ciò che è capitato in Sardegna colloca tutto su un altro livello.
Il prossimo passo, credo e spero, sarà quello di imporre la legalità europea in Spagna, nel senso che gli europarlamentari, ma soprattutto e notevolmente il presidente Puigdemont, devono essere liberi di entrare e fare quello che vogliono in tutti i ventisette stati dell’Unione e non solo in ventisei.
E quello sarà un giorno, con tutto quello che accadrà e tutto quello che comporterà, che ci avvicinerà, ancora di alcuni passi in più, alla fine ambita.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.vilaweb.cat/noticies/la-batalla-dalguer-ens-acosta-mes-al-final/