L’Europa e Puigdemont tolgono dalla galera a Junqueras

L’Europa e Puigdemont tolgono dalla galera a Junqueras

 

Diario16  Domingo Sanz     08/06/2021

 

 

Adesso che ancora circolano i giornali cartacei, vi immaginate le copertine di mezzo mondo, e alcune della Spagna, con Puigdemont sulla Rambla di Barcellona accanto a una foto diversa, che sarebbe quella di Junqueras dietro le sbarre?

 

Sarebbe l’immagine più esplicita e potente del fallimento del Regno di Spagna nel momento di affrontare il conflitto più importante dopo la morte dello stesso dittatore che disse che “La Spagna, piuttosto rossa che rotta”, un ordine che solo i catalani hanno avuto il coraggio di violare.

È evidente che un presidente come Sánchez non può permettere che quella bomba mediatica esploda e, poiché non può controllare Puigdemont , ora non ha altra scelta che aprire le porte delle carceri dove tengono rinchiusi Junqueras e il resto dei condannati.

 

Milioni di euro investiti negli ultimi anni per recuperare l’immagine della Spagna nel mondo, e tutto sarebbe perduto per delle copertine più che prevedibili da quando l’unico presidente destituito dall’articolo 155 della Costituzione spagnola ha deciso di scegliere un campo di “battaglia” neutrale per continuare la sua lotta per l’indipendenza della Catalogna, l’esilio.

 

Si tratta di un fatto non ancora accaduto, ma, come tante Spade di Damocle, sono più efficaci mentre mantengono viva la minaccia.

A proposito di copertine, Lei ha visto in qualcuna dei giornali di Madrid la notizia dell’immunità recuperata da Puigdemont?  Glielo chiedo perché tutti i giornali informarono quando il Parlamento europeo gliela ritirò. Anche quella votazione è stata quella con meno sostegni della storia europea.

Ma quattro giorni fa il Tribunale Generale dell’Ue ha accolto le misure cautelari richieste da Puigdemont, Comín e Ponsatí per recuperare l’immunità, ed è anche la prima volta che tale richiesta viene accolta.

Sembra che Puigdemont è destinato ad essere il primo in eventi importanti. A cominciare dallo storico trionfo che ha significato indire un referendum proibito e riuscire a far votare due milioni di persone.

In ogni caso, che Puigdemont appaia in Catalogna ora dipende solo dal fatto che decida di ignorare i suoi avvocati Costa e Boye che, sebbene abbiano dichiarato che la nuova immunità gli consentirebbe di tornare senza problemi, gli consigliano di non farlo, poiché non confidano che il Regno di Spagna rispetti le risoluzioni della Giustizia Europea.

Il governo spagnolo, infatti, non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione con il classico “rispetteremo la decisione dei giudici europei, anche se non siamo d’accordo”. Una dichiarazione di Pedro Sánchez sarebbe urgente e necessaria più che mai, per il bene della democrazia.

Per immaginare di cosa possa essere capace Puigdemont, occorre tenere presente che non è stato facile resistere a pressioni come quelle che, da tutte le parti e senza sosta, lo hanno assediato nei mesi precedenti l’organizzazione del referendum del 1° ottobre 2017.

A maggio 2019 conquistò il suo seggio al Parlamento europeo, istituzione che ha anche sconfitto, per il momento cautelarmente, rivolgendosi alla giustizia europea.

Non le sembra che la magistratura europea sia molto più indipendente rispetto alla Commissione e al Parlamento Ue di quanto non lo siano le alte corti spagnole dai poteri esecutivi e parlamentari del Regno di Spagna? Non dimentichiamo il “dalla porta di servizio”, un’intera confessione di parte, incomprensibilmente senza conseguenze.

 

La verità è che la prima settimana di questo mese di giugno è stata una di quelle orribili per il Regno di Spagna, perché al recupero, per vie giudiziali, dell’immunità di Puigdemont, Comín e Ponsatí, si è aggiunta, appena due giorni dopo, una risoluzione della Commissione per gli Affari Giuridici e i Diritti dell’Uomo dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa in cui si chiede alla Spagna l’immediata messa in libertà dei “prigionieri politici” e anche l’interruzione del trattamento delle estradizioni contro gli “esuli”.

Un rapporto europeo che, questo sì, ha provocato la risposta del Ministero degli Esteri spagnolo, anche se prima con un titolo e poi con un testo, così contraddittori tra loro che la ministra González Laya deve credere che i politici europei che leggeranno la loro aberrazione sono degli idioti.

 

Il susseguirsi di eventi in Europa favorevoli agli attivisti indipendentisti catalani condannati o perseguitati nel Regno di Spagna ha messo in secondo piano il dibattito sugli indulti e, venerdì 4 giugno, il giornalista radiofonico Ferreras e i suoi collaboratori del programma “Al rojo vivo”, nello spazio di analisi politica, sembravano fuori tempo, insistendo sul tema e intervallando le immagini di una raccolta di firme contro gli indulti organizzata dal PP-Kitchen (ndt.  Caso Kitchen: causa aperta relativa finanziamento illegale del PP – Partito Popolare) che porta virtualmente il partito fuori dall’Europa. Sono, Casado ed i suoi, più vicino a quei marocchini con i quali si è incontrato dieci giorni prima che perpetrassero l’assalto a Ceuta con migliaia di immigrati?

A proposito, parlando di Casado, va notato che ha, consapevolmente e fin dall’inizio, ipotizzato il totale fallimento della campagna contro gli indulti. L’obiettivo di 100.000 firme in quindici giorni che si è prefissato, comprese quelle che ricevono via Internet, è ridicolo di fronte al tanto rumore che sta facendo, soprattutto se li confrontiamo con le 4.020.000 che Rajoy raggiunse in due mesi nel 2006 contro il nuovo Statuto della Catalogna e che, come ci ha detto ieri giornale El Confidencial, stanno marcendo in 876 scatole depositate in un magazzino del Congresso, la giusta destinazione per il tanto odio che contengono.

Non c’è neppure troppo entusiasmo tra i baroni territoriali della PP-Kitchen prima del nuovo raduno convocato in Plaza de Colón di Madrid.

Per quanto Sánchez e Casado cerchino di ignorarlo, il baricentro del problema più importante del Regno di Spagna si è spostato in Europa: l’avanzata dell’indipendentismo in Catalogna.

Un elemento in più che contribuisce a far sì che Sánchez decida riguardo agli indulti entro la fine di questo mese di giugno.

 

E’ programmata una visita del re a Barcellona previsti per il 16, Cercle d’Economia (ndt. Organizzazione imprenditoriale di Barcellona), e per il 27, MWC ( Mobile World Congress – Congresso di Telefonia Mobile) ,

cosa che Sánchez utilizzerà per collegare la concessione degli indulti con le notizie su Felipe VI in Catalogna, che contribuisce ad infastidire la PP-Kitchen, coinvolta in un’altra delle iniziative mal calcolate di Casado. A parte le nuove firme dell’odio, nel raduno di Plaza Colon, per il quale è prevedibile un fallimento difficile da nascondere, ci saranno migliaia di striscioni a sostegno del re, affinché nessuno dimentichi quelli che sono veramente disposti a fare “tutto ciò che serve” per difendere l’eredità della dittatura franchista.

 

Ma, soprattutto, Sánchez vuole impedire che l’approvazione, in seduta plenaria del Consiglio d’Europa della proposta a favore dei prigionieri politici e degli esuli catalani, avvenga mentre Junqueras e gli altri sono ancora in carcere. La riunione del Consiglio inizierà il 21 giugno.

Le voci di avvicendamenti dei ministri nel governo Sánchez non sono strane perché, tra l’altro, è difficile immaginare la continuità della ministra Margarita Robles (Ministra della Difesa).

 

Infine, è necessario sottolineare che c’è chi, senza essere uno dei leader indipendentisti, pensa che sia il momento dell’Europa.

Ad esempio, il professore di diritto costituzionale Javier Pérez Royo. Tre giorni fa ha scritto “Finalmente è arrivato il momento di una Europa che guarda alla Spagna”, una riflessione che concludeva così:

“Ciò che sarà interessante sarà vedere come reagiranno i Magistrati della Corte Suprema e della Corte Costituzionale se le loro sentenze verranno annullate per violazione dei diritti fondamentali riconosciuti nella Costituzione spagnola e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo.I loro volti si abbasseranno di vergogna e rinunceranno all’esercizio della funzione giurisdizionale o continueranno nelle loro posizioni come se nulla fosse successo?”

Se il professore mi ascoltasse, gli direi solo che quelli citati appartengono allo stesso gruppo di giudici, quelli del CGPJ ( Consiglio Superiore della Magistratura) che, nonostante il loro mandato è scaduto da più di due anni,  hanno continuato a nominare nuovi giudici. Pertanto, non sarà per vergogna che i giudici del tribunale supremo che si dimetteranno, se lo faranno.

 

* traduzione  AncItalia

https://diario16.com/europa-y-puigdemont-sacan-de-la-carcel-a-junqueras/

 

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