“Madrid tratti con la Catalogna”

Puigdemont “Madrid
tratti con la Catalogna
La mia non è una fuga”

 

 

L’intervista con l’ex presidente della Generalitat

di Gianni Vernetti

 

Da oltre tre anni Carles Puigdemont vive in esilio a Bruxelles, nel
cuore dell’Europa. Da presidente della “Generalitat” di Catalogna
aveva sfidato Madrid organizzando il referendum del 1° ottobre del
2017 con l’idea di proclamare la Repubblica Catalana. La reazione dello
Stato spagnolo fu durissima: migliaia di denunciati, arresti e condanne

fra i 9 e i 13 anni per diversi membri del governo della Catalogna,
l’esilio per chi, in quelle ore convulse, riuscì ad uscire dal Paese.
Ma il sogno dell’indipendenzacatalana non è finito. Pochi giorni
fa per la prima volta i partiti politici indipendentisti hanno ottenuto
non solo la maggioranza schiacciante dei seggi nel Parlamento
regionale, ma anche la maggioranzaassoluta dei voti.

E lunedì al Parlamento europeo l’ultima sfida: il vo-
to, su richiesta del Tribunale Supremo di Madrid, per revocare l’immunità

al leader catalano, oggi parlamentare europeo.

 

Cosa significa oggi vivere in esilioin Europa?
«È già capitato a mio nonno, in esilioin Francia dopo la caduta di
Barcellona durante la Guerra Civile,ma oggi naturalmente non è la
stessa cosa. Grazie alla globalizzazione ed alle tecnologie
digitali sono sempre in contatto con i miei colleghi e con la mia famiglia e
riesco a fare il mio lavoro come se fossi in Catalogna. Poi, certo c’è
l’aspetto umano: ricordi, luoghi, amicizie.. la separazione dalla tua
terra può essere dolorosa, ma cerco di separare la mia condizione
personale dalla battaglia politica. E quando esco di casa e riprendo il
mio lavoro, le assicuro che non è mai venuta meno la mia
determinazione a proseguire la lotta iniziata nelle strade di Barcellona».

 

Lunedì al Parlamento Europeo verrà messa ai voti la richiesta di
revoca dell’immunità per lei e i suoi colleghi Clara Ponsatí e Toni
Comín. Cosa dirà all’Assemblea riunita in seduta plenaria?

«La Commissione giuridica del Parlamento si è già espressa a favore
di tale revoca ed è possibile che ci sia una simile maggioranza nella
seduta plenaria. Ma daremo battaglia cercando di spiegare ai
nostri colleghi che la revoca dell’immunità è un attacco
all’indipendenza dello stesso Parlamento europeo. Non è un caso
personale, ma è un problema di diritti, libertà e democrazia. La
magistratura spagnola vorrebbe privarci della nostra libertà,
mandarci in galera ed impedirci di rappresentare quegli oltre 2 milioni
di catalani che con il loro voto ci hanno eletti a Bruxelles. Questo
voto riguarda anche il modello di democrazia che vogliamo per
l’Europa: la tutela delle minoranza politiche e nazionali è uno dei
pilastri della costruzione giuridica europea. Spero che il Parlamento
protegga la propria indipendenza e salvi l’istituto dell’immunità.
Continueremo comunque la nostra battaglia alla Corte di Giustizia
Europea».

 

I tribunali di Belgio e Germania hanno già negato la sua
estradizione, ma sembra che la Spagna continui a perseguire un
approccio “giudiziario” e non “politico” per affrontare la
questione catalana. Qual è la sua opinione?

«Purtroppo è esattamente così, e la scelta della Spagna non ha
funzionato. Dopo 3 anni e 3 mesi dall’inizio della forte repressione
nei nostri confronti, il risultato è che c’è oggi nel Parlamento della
Catalogna una maggioranza indipendentista ancora più forte.
Ora è tempo che si torni alla politica. La questione catalana è
una questione squisitamente politica e va affrontata fuori dai
tribunali. La democrazia è stata inventata per questo. Questo è il
motivo per il quale chiediamo al governo spagnolo di dimenticare i tribunali

e avviare un serio negoziato con la Catalogna».
 

Ma dopo 3 anni, molti leader politici catalani sono ancora in
prigione accusati di “sedizione” e “ribellione” con condanne
durissime… Come puà riprendere un serio negoziato?

«Condivido con Podemos l’idea che il crimine di “sedizione” sia
anacronistico, un retaggio del 19mo secolo… qualcosa che viene dal
passato e non è accettabile una condanna per sedizione in una
moderna democrazia europea. Rilevo purtroppo però che non c’è
stata una sola singola azione da parte del governo Sánchez per
abolire questo reato, uniformandosi a quando accade nella maggioranza
dei Paesi europei. Ma questo è solo un lato della medaglia: la vera
questione è l’amnistia. La questione giudiziaria non riguarda solo 9
leader incarcerati e altri 8 in esilio ma oltre 3.000 cittadini catalani
accusati di reati, in gran parte d’opinione, legati all’organizzazione del referendum
del l° ottobre. Dobbiamo ricominciare dá zeróe un serio processo
negoziale non può essere intrapreso se una parte del tavolo è in esilio o in galera».

 

Dopo 3 anni in esilio come si sente: un catalano in fuga,
un belga d’adozione, o un cittadino europeo?

«Mi sono sempre sentito un cittadino europeo.
Quando sono arrivato in Belgio mi sono sentito a casa
e sono venuto qui perché questa è la capitale dell’Europa.
Se avessi scelto la fuga avrei fatto come l’ex re Juan Carlos
che è fuggito ad Abu Dhabi, un Paese senza trattato di estradizione
con la Spagna. Sono qui per continuare la mia battaglia politica
e sono a disposizione della giustizia europea, che credo possa garantire
quei diritti che il sistema giudiziario spagnolo non è in grado di tutelare.
Noi catalani siamo per tradizione un movimento democratico,
repubblicano e antifascista, ma siamo anche convintamente
europeisti e federalisti. Credo che l’Unione Europea sia ancora il
miglior progetto democratico nel mondo. Ed è grazie all’Europa che
sono un uomo libero e posso parlare liberamente con lei adesso».

 

Se il Parlamento europeo mi priva
dell’immunità darò battaglia alla Corte di giustizia

 

Solo l’amnistia può risolvere il problenza
dei 3000 accusali di reati legati
al referendum 2017

 

 

https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2021/03/05/news/puigdemont_ora_madrid_faccia_partire_un_serio_negoziato_con_la_catalogna_-290505429/?rss&ref=twhr

 

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