“Se superiamo il 50% vogliamo amnistia e referendum”

Puigdemont: “Se superiamo il 50% vogliamo amnistia e referendum”

 

L’ex presidente dall’esilio guida l’ala più dura dell’indipendentismo: «Il governo fa finta di negoziare e la repressione continua»

 

 

Francesco OLIVO – LaStampa   13   Febbraio, 2021

 

 

Tre anni fa Carles Puigdemont guidava l’indipendentismo catalano dal Palau della Generalitat nel cuore di Barcellona. Quella sfida improba, proclamare la nascita della repubblica catalana, è finita male, parte del suo governo dietro le sbarre e lui all’estero, in quello che rivendica come un “esilio”. Ma l’ex presidente e oggi eurodeputato, dal suo quartier generale in Belgio è certo che quel sogno impossibile non è sepolto. Puigdemont, ricercato dalla giustizia spagnola, ma tutelato dall’immunità parlamentare, oltre che dalle decisioni dei tribunali belgi, alle elezioni di oggi non è candidato alla presidenza. La sua nuova creatura, Junts per Catalunya ambisce a vincere, per rivendicare l’indipendenza e tornare allo scontro con Madrid.

 

Cosa vi giocate con queste elezioni?

«Si decide se continuare il processo cominciato con il referendum del 2017 o prendere un altro cammino».

I vostri rivali di Esquerra parlano di dialogo. Se vincete voi torna lo scontro con Madrid?

«Ci sarà un punto di inflessione nei rapporti con lo Stato spagnolo. Il governo non scende a patti e va avanti nella repressione. Davanti a ciò noi non possiamo arrenderci e quindi ci scontreremo con la loro intransigenza».

Sembra ascoltare i discorsi del 2017, nel frattempo però sono cambiate molte cose. A Madrid c’è un governo di sinistra, che ha aperto un dialogo con il governo catalano.

«Si presentano le parole come se fossero la realtà. Quello che chiamano “tavolo di dialogo” non ha spostato nulla».

Se l’indipendentismo superasse il 50% ci sarà una nuova dichiarazione di indipendenza?

«Sarebbe un messaggio molto potente. E se fossimo noi il primo partito indipendentista faremo subito una proposta: amnistia e referendum. Bisogna affrontare la realtà della Catalogna, non la fantasia».

La fantasia non è quella repubblica catalana, di cui parlate ma che non esiste?

«Io ho vinto le Europee con oltre un milione di voti e questa non è fantasia. Gli schiaffi della giustizia europea alla Spagna non sono una fantasia. Ed è reale la volontà dei catalani di ottenere un referendum».

Torneremo al 2017?

«Sarà diverso. In caso di vittoria non rifaremo quello che già abbiamo fatto. Ma porteremo avanti quello che allora bloccammo, per evitare conseguenze gravi».

Il Covid ha cambiato tutto ovunque: è sicuro che l’indipendenza sia una priorità per i catalani?

«Proprio la pandemia dimostra l’importanza di avere un nostro Stato. Le piccole e medie nazioni sono riuscite a fare quello che alla Catalogna viene negato: utilizzare a pieno le proprie possibilità, gli aiuti alle imprese».

Quando il ministro degli Esteri russo Lavrov utilizza la detenzione dei leader indipendentisti per attaccare l’Europa lei come reagisce?

«Soffro se l’Ue viene umiliata davanti al mondo. Questo è il maggiore spazio di democrazia e libertà al mondo. Ma se vuole continuare ad esercitare la leadership morale verso i Paesi dove si violano i diritti fondamentali, deve predicare con l’esempio e non è così».

Qual è stato a suo avviso l’errore dell’indipendentismo?

«Aprire diverse “finestre” strategiche. E la Spagna se n’è approfittata».

La finestra unica è la via unilaterale?

«E’ negoziare con una sola voce, dicendo che serve l’amnistia e l’autodeterminazione per trovare un accordo».

Durante la scorsa campagna elettorale, nel 2017, dicevate: “Se vinciamo torna Puigdemont”. Avete vinto, ma lei è ancora in Belgio.

«Dissi allora che sarei tornato se il parlamento mi avesse nominato presidente. La giustizia spagnola lo ha impedito. L’anomalia è che io posso fare politica in Europa e non la posso fare in Catalogna».

Se vincono i vostri rivali di Esquerra Republicana cosa cambia?

«Il problema è che si darebbe l’impressione che non cambia nulla. La Stato spagnolo penserebbe che va bene così e non avrebbe alcuno stimolo a cambiare atteggiamento».

Si è mai pentito di essere andato all’estero?

«Al contrario. In esilio abbiamo vinto tutte le battaglie, come l’estradizione e il seggio al parlamento europeo. L’errore sarebbe stato andare in esilio per vivere meglio e tacere. Mentre io da qui posso fare molto per la nostra causa».

Il vicepresidente spagnolo Pablo Iglesias ha riconosciuto che lei andando all’estero si è rovinato la vita, è vero?

«È dura, certo, ma io non sono venuto qui per piangere né per fare vittimismo».

Tornerà presto a casa?

«Sin dal primo momento sapevo che non sarei tornato per molto tempo, forse, chissà, per sempre».

 

https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2021/02/14/news/puigdemont-se-superiamo-il-50-vogliamo-amnistia-e-referendum-1.39898207

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