Attentato di Barcellona
Il 17 Agosto sotto processo: troppe ombre
El Nacional.cat – José Antich 9 novembre 2020
A più di tre anni dagli attentati del 17 agosto 2017 a Barcellona e Cambrils, l’alta Corte “Audiencia nacional” inizia questo martedì il processo contro gli unici tre detenuti che non furono abbattuti dalla polizia catalana (Mossos), che siederanno sul banco degli imputati e per i quali si richiedono pene da 8 a 41 anni di reclusione. 16 persone sono morte e altre 140 rimasero ferite in quella tragedia che, nonostante il tempo trascorso, presenta molte più ombre che luci. Se in un processo si intende soprattutto conoscere la verità, abbiamo molti timori che, alla fine, alcune delle incognite più rilevanti in questo caso non saranno risolte. Tra queste, la più significativa riguarda l’imam della cittadina di Ripoll, Abdelbaki es Satty, figura chiave di tutta l’operazione in quanto fu lui a reclutare i giovani che hanno materialmente eseguito l’attentato, indottrinandoli a tempo di record e senza destare sospetti tra la popolazione su questa cellula. Molto è stato scritto e speculato sull’imam, sorvolando sin dal primo giorno la questione della mancanza di informazioni sul suo rapporto con la polizia spagnola, di cui era confidente.
Da questo filo abbiamo potuto tirare piuttosto poco come dal suo intenso e antico rapporto con i servizi segreti spagnoli “CNI”. Come se ci fosse qualche interesse a tenere nascosto un materiale che potrebbe, chissà, essere molto pregiato e che, senza dubbio, aiuterebbe a stabilire la verità con molta più forza. Tale è stato il livello di ostruzionismo per mantenere segreti gli aspetti legati alla collaborazione dell’imam con la polizia che, nonostante le prove che pretendono dimostrare che Es Satty sia morto nel paese di Alcanar alla vigilia degli attentati, i dubbi non sono scomparsi e alcune delle difese lo mettono apertamente in discussione. Il risultato di tutto ciò è in parte, desolante, poiché alla morte di una persona cara si è aggiunta un’apparente mancanza di collaborazione per arrivare a conoscere tutta la verità.
Sul processo, che dovrebbe durare circa due mesi, ci sono senza dubbio almeno altri due interrogativi. Il primo, la collaborazione della polizia spagnola con i Mossos d’Esquadra catalani e, soprattutto, la mancanza di informazioni di cui disponeva la polizia della Generalitat catalana visto che prima dell’attentato non poteva accedere a informazioni sull’antiterrorismo. Sarebbe finita in un altro modo se i Mossos avessero avuto tutte le informazioni come polizia integrale della Catalogna? Forse il processo ci aiuterà a chiarire questo. La seconda domanda ha a che fare con il processo di indipendenza in corso in Catalogna al momento dell’attacco, come abbiamo visto mesi dopo con il referendum del 1° ottobre. La diffidenza tra le forze di sicurezza era già evidente e, pur con scarse informazioni, la risposta dei Mossos per trovare gli attentatori, con il maggiore Trapero a capo e l’intero Dipartimento dell’Interno catalano, comandato da Quim Forn (ora in carcere), fu esemplare.
La forza dello Stato perseguitò entrambi (Trapero e Forn) nelle settimane successive, in uno spudorato esercizio per sminuire una performance che ricevette il riconoscimento internazionale. I Mossos, Trapero e Forn erano nel mirino dello “stato profondo” per aver risolto brillantemente la più importante sfida alla sicurezza che la Catalogna ha dovuto affrontare in molti decenni.
E molti non vollero che questo risultasse impunito.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.elnacional.cat/ca/editorial/jose-antich-17-a-judici-massa-ombres_554931_102.html