¡Quieto todo el mundo! – (Fermi tutti!)
Elnacional.cat – Gonzalo Boye
Madrid. Viernes, 9 de octubre de 2020
“Quieto todo el mundo”… Sì, è vero, ora non l’hanno detto, ma l’eco di alcune sentenze ha gli stessi effetti di quella tristemente famigerata frase del colonnello Tejero (23 febbraio 1981). Con quella frase, pistola in mano, intendeva alterare, ancora una volta, il corso politico di una incipiente democrazia e ora, vediamo come da qualche anno, invece di gridare, invece di brandire pistole e spostare carri armati, tutto ciò che serve per raggiungere lo stesso obiettivo è emanare risoluzioni giudiziarie che, per di più, hanno una presunta patina di legittimità.
Può sembrare che questo approccio sia duro, che la similitudine sia inappropriata o addirittura esagerata; Tuttavia, se siamo capaci di fare un’analisi intellettualmente rigorosa e onesta, verificheremo che non sono così lontano dalla verità se dico che la grande differenza tra prima e ora è nelle forme, ma non nella sostanza.
Oggi sarebbe del tutto inaccettabile, ed esteticamente insostenibile, entrare nel parlamento spagnolo come fece il colonnello Tejero, per forzare la volontà dei deputati e cambiare la rotta politica dello Stato. Vero. Ma è anche vero che oggi sono state sviluppate nuove strade per ottenere gli stessi risultati ed è quello che vedo e denuncio da anni … gridando nel deserto, anche a rischio di essere trattato come una mosca bianca o un illuminato.
La realtà, compagna dura e inflessibile che finisce sempre per metterci al nostro posto, dimostra che non ci eravamo sbagliati quando abbiamo iniziato a denunciare un problema inveterato e sistemico, che ci impedisce di qualificare “piena” questa democrazia, della quale tanto presume la Spagna.
A fine marzo ho cominciato a mettere in guardia che, prima o dopo, il vicepresidente del governo, Pablo Iglesias, sarebbe stato accusato e il suo futuro sarebbe rimasto nelle mani della Corte Suprema. Ho anche detto a coloro che volevano ascoltarmi – che erano pochissimi – che non c’erano basi per una simile accusa, ma che, come è stato dimostrato negli ultimi anni in Catalogna, l’esistenza o meno di una base fattuale per perseguire penalmente qualcuno è completamente irrilevante quando quel qualcuno diventa un obiettivo da abbattere.
Senza dimenticare che l’uso di questi metodi non è nuovo (e i baschi ne sanno molto), la verità è che l’attuale assalto è iniziato ed è stato giustificato nella difesa dell’unità indissolubile della nazione spagnola, degenerata in una repressione abietta contro il movimento indipendentista catalano.
Avevo avvisato che questo si sarebbe rivoltato contro tutti, ma la bandiera, gli interessi di ogni tipo, la paura di perdere quanto ottenuto o semplicemente, la vigliaccheria hanno impedito di considerare che non si trattava di un’esagerazione ma di una buona analisi.
Alcuni di noi abbiamo insistito più e più volte, sul fatto che ciò che si stava facendo con gli indipendentisti catalani era intollerabile, che non era supportato dalla legge e che, prima o poi, avrebbero finito per pentirsi di così tanto silenzio diventato in alcuni casi, vera complicità.
Ora, quando i cannoni togati sono stati rivolti e diretti contro il governo centrale, molti iniziano a rendersi conto che non stavamo attaccando né la Spagna né gli spagnoli, stavamo semplicemente cercando di avvisare di qualcosa che stava fermentando e che avrebbe avuto conseguenze per tutti.
ci troviamo di fronte a un problema ancora più grave dell’insurrezione di poche unità militari. È più grave perché è più profondo, ma, soprattutto, perché i carri armati fanno molto rumore e si vedono arrivare da lontano … mentre quello che sta accadendo non fa rumore né si vede ad occhio nudo.
A rischio di ripetermi, è chiaro che in Spagna non esiste un potere giudiziario, inteso come alte istanze giurisdizionali, politicamente dipendenti ma, esiste un potere politicamente impegnato e, senza dubbio, ciò è incompatibile con uno stato di diritto democratico. Nessun potere, in nessuno stato, può essere al di sopra degli altri e, tanto meno, finire per essere insindacabile e irresponsabile, nel senso che non sia possibile esigere alcuna responsabilità per le sue azioni.
L’errore sistemico deriva da una Transizione incompiuta e dal fatto che, a poco a poco, si è ceduto terreno, assumendo mantra e accettando situazioni che, analizzando isolatamente, ci impediscono di vedere la realtà e la portata del problema.
Non si tratta del caso Iglesias (vicepresidente del governo), né del caso Torra (presidente catalano), né del caso Borràs (senatrice catalana), né del caso Puigdemont (presidente catalano), né tanti altri … Continuare a vederlo come se fossero casi specifici è, da un lato, entrare nella dialettica perversa di chi vuole farcelo percepire così e, d’altra parte, non voler vedere qual è il vero problema.
Qui non si tratta né di casi né di reati, almeno non di quelli usati per criminalizzare i nemici, ma piuttosto dell’imposizione di un’agenda politica attraverso l’uso di strumenti legali che noi cittadini abbiamo messo nelle mani di pochi. Senza, allo stesso tempo, dotarci di un efficace contro-potere che ci consenta di controllare e limitare il potere concesso a quei pochi. Questo, e nessun altro, è l’errore sistemico.
Di sicuro siamo clementi quando diciamo che è stato un errore “giudizializzare la politica”, il vero errore è consistito nel non accorgersi che abbiamo innalzato in altro quelli che, vestiti di nero e presumendo una inesistente imparzialità, avevano e hanno ancora un’agenda politica incompatibile con qualsiasi sistema democratico.
Se siamo in grado di fare un’analisi intellettualmente onesta, solida, coraggiosa e probabilmente cruda, vedremo che ci troviamo di fronte a un problema ancora più grave dell’insurrezione di poche unità militari. È più grave perché è più profondo, ma, soprattutto, perché i carri armati fanno molto rumore e si vedono arrivare da lontano … mentre quello che sta accadendo non fa rumore né si vede ad occhio nudo.
È urgente comprendere, e accettare, che una magistratura politicamente motivata, totalizzante, imperscrutabile e indiscutibile, senza pesi e contrappesi, non è compatibile con nessun sistema democratico e, da lì, bisognerà trovare meccanismi e soluzioni che consentano di ricondurre la situazione e di porre le basi su cui, dopo un processo di rifondazione, possa emergere una magistratura democratizzata ed equilibrata, in accordo con la realtà in cui deve operare.
Finché continueremo a credere che il problema appartenga all’altro, che non ci riguarda e, finché continueremo a concentrarci sull’aneddoto, parlando di casi concreti, non saremo in grado di dare la risposta adeguata a un problema sistemico che diventa ogni giorno più evidente e imbarazzante.
Il fatto che alcuni abbiano guardato dall’altra parte quando i catalani sono stati repressi non autorizza che ora, dalla Catalogna, guardino dall’altra parte. Per quanto diverse possano essere le realtà nazionali, è un problema condiviso e non c’è tempo per i rimproveri.
In ogni caso, differenze a parte, non confondiamoci, il fatto che ora non ci siano spari o carri armati per le strade non significa che non stia accadendo, semplicemente sono più sottili, il che ci costringe ad aguzzare l’udito e prestare più attenzione se vogliamo sentire davvero il “quieto todo el mundo” in atto.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.elnacional.cat/es/opinion/gonzalo-boye-quieto-mundo_545517_102.html