12 ottobre – Festa dell’ispanità: come la transizione abbia gettato le basi per il trionfo di Vox (estrema-destra spagnola)
Editorial – Vicent Partal Vilaweb. Cat – 11.10.2020
La festa dell’Ispanità fu creata contro la Seconda Repubblica Spagnola, per distruggerla. Che senso ha che la transizione la ricliclasse e che la sinistra spagnola a questo punto non riesca a ripudiarla?
I concetti politici hanno una storia e la loro analisi non solo li spiega nel loro tempo, ma serve anche a spiegarne la loro influenza nel presente. È il caso, oggi pertinente, di questa ‘Ispanità‘ che i progressisti spagnoli celebrano sorprendentemente, come se niente fosse, e che non solo è un argomento ricorrente del franchismo, ma è un argomento, un concetto, nato un secolo fa, proprio contro il repubblicanesimo e contro le idee progressiste.
Torniamo indietro. La perdita delle ultime colonie spagnole in America è la chiave per comprendere l’evoluzione dell’idea di Spagna fino ad oggi. Come spiegava Rafael Maria de Labra nel 1912, con la firma del Trattato di Parigi, “la Spagna perse il suo carattere di nazione americana”. Questo è un linguaggio che può sorprenderci oggi – in definitiva, tutto ciò che va oltre la nostra vita biologica ci sorprende – ma che va compreso se vogliamo capire bene cosa sta succedendo oggi. La Spagna vedeva sé stessa come una nazione che si era evoluta a partire da un impero e non si concepiva come una nazione europea. Ricordate, su questo tema, la frase con cui inizia la tanto esageratamente adorata Costituzione di Cadice: “La nazione spagnola è l’incontro di tutti gli spagnoli in entrambi gli emisferi.” Questa esistenza della nazione in due emisferi, Europa e America, era considerata consustanziale all’esistenza della Spagna come nazione. Ed era il necessario contrappeso all’ossessione e al complesso di non essere considerati veramente europei dagli altri europei.
Per questo motivo, quando la Spagna, meno di un secolo dopo essersi proclamata costituzionalmente un popolo in due emisferi, verrà sconfitta a Cuba e quindi perderà lo status di ‘nazione americana’, lo shock sarà immenso come nessun altro nella storia spagnola. Presto, come reazione, appariranno due movimenti che ci segneranno e ancora oggi ci segnano profondamente: il colonialismo compensativo in Marocco, da cui emergerà direttamente il franchismo, e il tentativo di ricostruire la “Spagna americana” a partire dall’Ispanità. E oggi vi spiego quest’ultimo.
Il concetto di “Ispanità” appare proprio in mezzo alla confusione e allo smarrimento per la perdita delle ultime province americane. Lo formula Unamuno nel 1909, ma dalla seconda decade del XX° secolo deriverà, soprattutto dalla mano di Ramiro de Maeztu e dalla sua cupa idea di “riconquista spirituale”, nella base dell’ideologia nazionalista spagnola, profondamente reazionaria.
Contro questa tesi, tenta di emergere una visione alternativa progressista e sensata che cerchi di costruire un progetto multilaterale, considerando allo stesso modo la Spagna europea e le repubbliche americane. Questo, e non quello della ispanità raziale e nazionalista, è il progetto della Seconda Repubblica spagnola, del governo di Azaña e, nello specifico, di Luis de Zulueta. Zulueta traccerà uno scenario di cooperazione, pace, democrazia e progresso in cui la Spagna rimasta in Europa era soltanto una in più, e non la principale, nell’insieme delle nazioni indipendenti che erano apparse nella Spagna ‘dei due emisferi ‘. Questo diventa un progetto completamente abbandonato in seguito da tutti, ma dovrebbe almeno servire a far capire all’attuale sinistra spagnola il grave errore che sta commettendo nel non opporsi a celebrazioni come quella di oggi – qualcosa che so già che non accadrà finché continuerà a rinunciare ad analizzare criticamente la sua pratica nazionalista spagnola e persino il concetto stesso di Spagna.
Fu nel mezzo di questo tentativo di cambiare il dibattito che Maeztu reagì nel 1934 pubblicando l’opuscolo “Defensa de la Hispanida“. Si trattava di un testo dottrinale in cui l’estrema destra interpreta il passato come una proposta per il futuro: “I popoli ispanici non troveranno la pace fuorché nel proprio centro, che è l’ispanità”. La nazione spagnola aveva, quindi, come missione la proiezione universale del Cattolicesimo – contro l’Europa luterana – e il recupero dei valori associati all’impero, tra i quali e in modo molto prominente troviamo la gerarchia e un concetto molto maschio e maschilista dell’onore, ripudiando il liberalismo, il dibattito e la ragione illustrata. Fondamentalmente quello che vediamo oggi espresso dalla Corte suprema spagnola e dalla magistratura.
Questa dottrina era l’alimento principale dei movimenti reazionari che portarono al regime franchista, al colpo di stato del 1936, alla guerra e alla dittatura. E personaggi come Ramiro de Ledesma ed Ernesto Giménez Caballero lo svilupparono ancora di più, incorporando una profonda componente anti-catalana. E agitarono le strade di Madrid già allora, più o meno come lo sono adesso. I movimenti reazionari cattolici, ma soprattutto il falangismo con l’idea di “unità di destino nell’universale”, avrebbero finalmente dato forma politica concreta alla scempiaggine. Secondo loro, l’obiettivo era quello di vincere la sfida posta dal nazionalismo catalano all’epoca, recuperando il mito della “Grande Spagna”, cioè la Spagna americana. E alimentando, tra l’altro, un neocolonialismo economico e culturale che fallì anche in America e che curiosamente, avrebbe funzionato solo per pochi anni con il Psoe contemporaneo di Felipe González (significativo, no?).
L’ispanità divenne così un’arma ideologica di prim’ordine contro la Seconda Repubblica, contro quella repubblica che la destra reazionaria considerava laica, secolarizzante e liberale, oltre a “rossa”, massonica, separatista e tutto il resto. E soprattutto divenne il riferimento mitico e legittimante della dittatura, quando Franco vinse la guerra.
Mitico ma molto attivo. Serrano Suñer, sostenitore dei nazisti, lo usò in una versione anti-statunitense, tentando di convincere Franco ad andare in guerra al fianco di Germania e Giappone, come vendetta contro il ruolo di Washington nell’indipendenza della provincia spagnola di Cuba. E il regime fece di tutto per costruire con questo concetto un mito su quello che è la Spagna, che tutti noi quelli che abbiamo una certa età abbiamo digerito e interiorizzato nella scuola franchista -quei libri illustrati con i re cattolici, Colombo che scopre l’America, la riconquista e la gloria imperiale- che tutti noi abbiamo dovuto sorbirci e che (per quanto incredibile possa sembrare) ancora oggi fa parte del programma scolastico in molte zone della Spagna profonda.
Là instillarono in noi l’idea che la storia della Spagna, e in particolare dell’ispanità, fosse un susseguirsi di eventi gloriosi e miracolosi, unici, al servizio del cattolicesimo e alimentati quasi da Dio in persona, che hanno conferito alla Spagna una missione universale di fronte alla quale le particolarità “regionali” erano qualcosa non solo insignificante ma innaturale e ridicolo. Come sottolinea il professore dell’Università della Florida, Santiago Juan-Navarro, tutto può essere riassunto nella frase: “Una sola fede, in una sola lingua”, estratta con grande intuizione dal testo che Amparo Rivelles (attrice) disse nel film “Alba de América”, su Isabella la Cattolica, uscito nel 1951: ‘Porteremo sangue generoso per illuminare la nobile famiglia delle Spagne e al di sopra del mare e del tempo saremo sempre legati da una sola fede, in una sola lingua: sarà il miracolo più bello di tutti i secoli’. Il miracolo più bello di tutti i tempi, quindi, è avere un’unica fede, cioè camminare tutti insieme senza il ricorso irritante e seccante alla ragione, al dibattito o alla differenza, esprimendoci in una sola lingua che, evidentemente, è il castigliano (poi tramutato erroneamente in spagnolo). Ora sapete da dove vengono i discorsi del partito “Ciudadanos”…
Tutto questo non è affatto solo un ripasso storico, un ricordo del passato. Perché, senza alcun imbarazzo, questa idea reazionaria della Spagna che oggi incarna principalmente Vox (estrema-destra), ma che già impregna la maggior parte della società spagnola, funziona molto bene perché mantiene viva questa radice che nessuno ha voluto sradicare. E questa radice esiste, soprattutto, perché la transizione, come è chiaramente visibile in una giornata come oggi 12 di ottobre 2020, non solo non ha alterato né modificato né distrutto le basi ideologiche del franchismo, sino che le ha riciclate, come ha riciclato e nobilitato le istituzioni della dittatura.
Questo solo spiega come nel 1981 invece di segnare una rottura radicale con i propri slogan, invece di penalizzare l’ideologia franchista anche solo per impedirne la ricomparsa che viviamo oggi, invece di sradicare le basi del nazionalismo reazionario spagnolo, il Parlamento spagnolo democratico decide, né più né meno, che la festa nazionale spagnola continui ad essere il giorno dell’ispanità, lo stesso giorno si voleva instaurare contro la repubblica del 1931 per distruggerla.
Niente è innocente e “da quella polvere arriva questo fango”.
*traduzione Àngels Fita – AncItalia