Dove siamo (I)
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La Catalogna è la scusa per coprire tutto i, soprattutto, per nascondere il fallimento e la mancanza di un progetto per il futuro della Spagna
Il processo per l’indipendenza della Catalogna ha messo in luce le carenze democratiche e le incoerenze politiche di cui soffre lo stato spagnolo. Lo Stato, questo stato vendicativo e bacato dalla corruzione, si basa su tre gambe che sono la monarchia, l’alta magistratura (Corte suprema, Corte costituzionale e Audiencia nazionale) e la Guardia civile, con l’aiuto di una parte delle grandi aziende dell’Ibex 35 con i media spagnoli e alcuni catalani. La crisi territoriale ha dimostrato che il franchismo sociologico è ancora incrostato negli apparati statali e che, quindi, la transizione modello che ci avevano raccontato era una farsa.
E come è potuto accadere tutto ciò? È facile da capire: la mia generazione, quella nata nei primi anni ’70 del secolo scorso, non aveva più sofferto il franchismo né la repressione, ma … e i nostri genitori? E le nostre nonne e nonni? Questi ultimi vissero una guerra civile e una repressione brutale, e i nostri genitori subirono una feroce dittatura di 40 anni e che, quattro decenni dopo la morte del dittatore, continua con migliaia di morti sepolti nelle fosse comune mai riesumati. Ricorderò sempre un commento di mia nonna: “quando hai fatto la guerra, quando tuo marito è stato imprigionato più volte, quando i tuoi amici sono morti o sono andati in esilio, quando non ti lasciano parlare la tua lingua, quando non puoi leggere romanzi dei tuoi scrittori, quando tua figlia deve andare all’estero per guadagnarsi da vivere, quando le donne valevano meno di un cane, quando la religione ti dice che tutto è peccato … quando tutto ciò accade accetti quello che ti danno nella speranza che il futuro sia un pò meglio”. Ecco perché i cittadini accettarono un re nominato da un dittatore, per questo accettarono la storia di una transizione modello (nonostante le quasi mille morti per violenza politica documentate in quel periodo) ed è per questo che decisero di dimenticare un passato terribile per vincere un futuro migliore per i loro figli e figlie.
Ma tutto ciò che inizia male finisce sempre peggio. Il prestigio che la Spagna aveva acquisito negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso è andato perso, sparito dal foro del lavandino. Quando la politica regionale fece un passo avanti verso l’indipendentismo, lo stato profondo, che si abbevera direttamente dalle viscere del franchismo, tornò in superficie in modo incontrollato e con un coltello tra i denti. I patrioti con la bandierina spagnola attaccata all’orologio, camicia a strisce e polsini bianchi girati, capelli impomatati, senza cultura e complessato in fondo, cliente abituale di prostitute e un conto corrente in Svizzera, cantavano “a por ellos” (prendiamoli!). Era arrivato il loro momento. Il disastro dell’amministrazione Aznar (la guerra in Iraq), la corruzione sistemica, la mediocrità della classe dirigente, il terrorismo dei GAL (gruppi antiterroristi di liberazione – squadroni della morte istituiti illegalmente dal governo spagnolo socialista e “democratico”) con anche i partiti politici trasformati in fabbriche di odio trovarono, nel processo d’indipendenza catalano, un’opportunità d’oro per coprire le loro vergogne e poter sbavare orgogliosi con le vittorie di “la roja”(la nazionale di calcio) . Sì, la Catalogna è la scusa per coprire tutto e, soprattutto, per nascondere il fallimento e la mancanza di un progetto per il futuro della Spagna. E da tutto questo, partono scatenati: fogne dello stato contro politici eletti democraticamente, prigionia, esiliati, percosse, processi giudiziari farsa, estrema destra aggressiva girando liberamente per le strade, manipolazione della stampa (El Mundo inventando un falso conto corrente svizzero attribuito a Xavier Trias, allora sindaco di Barcellona), monarchia corrotta con denaro (loro sì!) in Svizzera … E il grande collasso: quattro elezioni in quattro anni, mozioni di censura, debito dilagante, guerra aperta tra governo e stato, giudici esperti in “pandemie” e qualsiasi cosa convenga, altri giudici beccati con minori, morti misteriose … Come disse alcuni anni fa Manuel Milián Mestre (uno degli uomini con la migliore testa di questo paese), “attenzione ai giudici, perché il giorno in cui agiranno da politici tutto finirà molto male ”. Quanta verità, amico…
E dove siamo adesso? Fondamentalmente, nello stesso posto degli ultimi 200 anni. La Spagna chisciottesca, grigia, mediocre, chiusa in se stessa, ancora immersa nel suo impero estinto, continua a regnare; quella Spagna che ha perso la sua modernità, che governa a colpi di decreto, economicamente basata sul “pelotazo” (guadagno facile con operazioni economiche dubbie), fallita, complessata, antieuropea (se non mi dai soldi, ciao all’Europa), franchista, intollerante verso le differenze e, soprattutto, grottesca e servile ai potenti. Questa solita Spagna è ora intrappolata. A partire dal referendum catalano del 1° ottobre, la pelle di toro è in saldo. Il suo peso demografico non trova corrispondenza con le quote minime di potere detenute a livello internazionale. La recente sconfitta di Nadia Calviño (alla presidenza dell’eurogruppo) ne è un esempio. I media spagnoli che vivono in un altro secolo hanno ricevuto un nuovo colpo al loro realismo magico e alla loro particolare cosmovisione del mondo. Così come le decisioni delle giustizie tedesca, belga, svizzera, del Tribunale di Giustizia Europeo e altre ancora. La Spagna non capisce quale posto occupa in questo nuovo mondo, ed è per questo che preferisce fare ciò che ha sempre fatto: chiudersi e cercare un capro espiatorio, che in questo caso sono i catalani.
E perché nessuno dice niente? Come mi spiegò Jorge Verstrynge en una entervista fatta il 26 giugno 2019, “… c’è una cosa che Franco ha lasciato, la sua grande eredità: la paura. Franco trasformò l’individuo spagnolo in un essere spaventato, che in certa misura era il culmine logico di secoli e secoli di monarchia assoluta, di dominio assoluto della parte più tradizionalista e anacronistica della chiesa sulla popolazione. E Franco è il culmine. Nel sud della Spagna, in zone come Jaén, come Siviglia o Granada, ci sono ancora persone che non osano parlare. Un mio amico mi dice sempre: “se solo sapessi, Jorge, il numero di morti che ci sono sotto gli ulivi…”.
Il regime di 78 sta vacillando. Un paio di anni fa, alcuni di noi scrivevamo che la monarchia stava subendo gravi perdite, e i soliti quattro agitati ci hanno accusato di “farneticare”. Oggi, Juan Carlos I, l’uomo che ha fatto la transizione “modello” e ha presumibilmente fermato un colpo di stato, sta per fuggire dal paese. Chi doveva dirlo, vero? E a tutto ciò dobbiamo aggiungere la crisi economica del 2008, che è stata devastante per la società spagnola, le critiche delle organizzazioni internazionali alla giustizia spagnola, la disaffezione per la monarchia che non può più visitare parti del suo territorio in tranquillità, le ombre dell’attentato a Barcellona del 17 agosto (uno della banda aveva contatti con i servizi segreti spagnoli), l’incapacità di dialogare … Sì, tutto ciò esta portando la Spagna verso un disastro collettivo.
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Bernat Deltell. Pubblicato giovedì 30 luglio 2020
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* traduzione Àngels Fita-AncItalia
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