Da dove veniamo (e V)

Da dove veniamo  (e V) 

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L’indipendentismo ha vinto tutte le elezioni, ha affondato i suoi oppositori politici, ha la monarchia sotto i riflettori, lo stato semi-collassato e la reputazione internazionale della Spagna rovinata.

 

Come ho spiegato nel precedente articolo,

Pedro Sánchez vince le elezioni del 28 aprile. Ora ha il pieno controllo del partito, del gruppo parlamentare, dei baroni che sopravvivono alle elezioni comunali e regionali, e ha eliminato la scarsa opposizione interna rimanente. E vince anche l’indipendentismo. Ottiene un risultato storico: la forza trainante in Catalogna con 22 deputati e oltre un milione e mezzo di voti. Per la prima volta, l’indipendentismo vince le elezioni politiche spagnole. In Europa hanno già un quadro molto chiaro: Pedro Sánchez in Spagna e indipendentisti in Catalogna. Questa è la foto. E si devono mettere d’accordo: “Per i mercati, i segni di una risoluzione politica (piuttosto che giudiziaria) del conflitto sarebbero certamente benvenuti”, secondo il rapporto DWS, il gestore patrimoniale di Deutsche Bank, reso pubblico il 26 aprile, solo due giorni prima delle elezioni.

Ma lo stato, all’indomani delle elezioni del 28 aprile, pressa nuovamente. Nulla da concordare con Podemos e indipendentisti e accordo con Ciudadanos. Ma può esistere un accordo con Ciudadanos? Si può trattare con la parte che si è manifestata insieme a VOX in Plaza Colón? Torniamo a Macron. Dopo le elezioni comunali e regionali di maggio, il presidente francese avverte di nuovo: la Francia segue con “grande preoccupazione” i negoziati di Ciudadanos a livello locale in Spagna e avverte il partito di Albert Rivera che qualsiasi alleanza con VOX potrebbe significare la sua esclusione dal gruppo dei “centrista rinnovato” al Parlamento europeo. “Sulla questione Ciudadanos, riteniamo che l’alleanza con l’estrema destra, come abbiamo visto in Spagna, non sia un’opzione”, avverte il Segretario di Stato per gli affari europei, Amélie de Montchalin, in una incontro con la stampa spagnola a Parigi. Lo stato apposta per Ciudadanos; Pedro Sánchez non può concordare nulla con Ciudadanos. E così arriva l’estate: senza governo.

Ma settembre arriva con un nuovo avvertimento dalla Francia: un gruppo di 52 deputati francesi chiedono, domenica 1° settembre, la fine della “repressione” e delle “misure arbitrarie” contro i leader indipendentisti catalani incarcerati ed esiliati.

In una rubrica del settimanale Le Journal du Dimanche, i parlamentari esprimono “preoccupazione” e “disapprovazione” per quello che considerano un “attacco alle libertà fondamentali e all’esercizio della democrazia”. “Il rispetto delle regole istituzionali è una cosa, ma crediamo che il dibattito politico non dovrebbe fermarsi alla repressione, con attacchi ai diritti delle persone in una sorta di reato di opinione”, affermano i firmatari, che fanno appello a una “riduzione delle tensioni”. A questi deputati si aggiungono i 41 senatori francesi che qualche mese prima avevano anche denunciato la “repressione” contro i leader del processo d’indipendenza. L’internazionalizzazione del conflitto catalano è evidente. Il 1° ottobre 2017 emersero venti proposte di mediazione internazionale (tra cui Svizzera e Uruguay) per risolvere il conflitto territoriale e due anni dopo, la Catalogna è ancora sulla mappa politica europea. Carles Puigdemont da un lato e le dichiarazioni incendiarie di Josep Borrell come Alto rappresentante per la politica estera della Comunità Europea dall’altro, ingigantiscono il conflitto territoriale spagnolo.

 

Settembre 2019

Il mese di settembre inizia con la dichiarazione dei 52 deputati francesi. Ma succedono altre cose, e molto gravi. L’Audiencia Nazionale (gli eredi del TOP -Tribunale di Ordine Pubblico della dittatura) inizia un violento raid di arresti contro i giovani indipendentisti proprio mentre Pedro Sanchez è su un aereo diretto a New York. Quando atterra, non è a conoscenza della portata dell’operazione effettuata in Catalogna. Qualcuno ha fatto le scarpe al presidente spagnolo, che ricordiamo, è solo un presidente in funzioni perché non ha formato ancora nuovo governo. Sánchez chiama il Ministro degli Interni, Fernando Grande-Marlaska, chiedendo che diavolo sta succedendo con questa operazione che ha portato all’arresto di alcuni “terroristi pericolosi” e che dopo qualche mese, finiranno tutti liberi. Marlaska fa qualche chiamata. Il quotidiano El Mundo, ben collegato con le fogne dello stato, dice: “Marlaska ha rimproverato la Guardia Civil dopo l’arresto delle nove persone legate al CDR (comitati di difesa della repubblica). Il ministro ad interim ha convocato alcuni alti funzionari per rimproverarli di non aver fornito informazioni sufficienti prima dell’operazione”. Malessere del governo con la polizia. Disagio del governo spagnolo con lo stato spagnolo.

E mentre tutto ciò accade, la Corte Suprema dà il via libera all’esumazione di Francisco Franco dal monumento nella Valle dei Caduti. Un grande annuncio per Pedro Sánchez a New York che salta in aria per gli arresti di “terroristi” in Catalogna. Qualcuno sta contro-programmando il governo. L’annuncio di Sanchez sull’esumazione di Franco era perfettamente calcolato. Il quotidiano El Pais dice: “Tutto indica che i giudici del TS hanno scelto per caso questo 24 settembre per decidere all’unanimità che i resti del dittatore Francisco Franco possano essere finalmente riesumati. Ma l’occasione è stata perfetta. E Pedro Sanchez non l’ha lasciata passare. Il presidente doveva rivolgere il suo discorso annuale davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo stesso giorno della sentenza. E quello era uno degli assi centrali del suo discorso”.

Il messaggio del presidente – in funzioni, non dimentichiamolo – all’assemblea dell’ONU per sbandierare la riesumazione di Franco è stato contro-programmato dagli arresti dei poveri CDR accusati di terrorismo. Copertine, immagini e “giornalismo investigativo” seppelliscono il discorso di Pedro Sánchez a New York. Ma … perché ora Franco? Forse a causa di una notizia che è passata inosservata durante l’estate: il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite sarà quello che deciderà se le centinaia di crimini commessi dal regime di Franco potranno essere indagati (o no) dai tribunali spagnoli. Era necessario un urgente lavaggio di faccia.

Proseguiamo. Si ripetono le elezioni il 10 N. Lo stato è nervoso. Le tre gambe dello sgabello su cui si basa il regime di 78 (monarchia-guardia civil- alta magistratura [ Corte Suprema, Corte Costituzionale e Audiencia Nazionale]) faranno di tutto per evitare un patto PSOE-Podemos con il sostegno dei partiti indipendentisti.  E l’unico ostacolo a una grande coalizione PSOE-PP è Pedro Sánchez. Pablo Casado (leader del PP) lo chiarisce durante la campagna: “Non faremo mai accordi con Sánchez”, ma non dice nulla sugli accordi con il PSOE. Per cui, dopo gli scarsi risultati del PSOE in questa tornata, la macchina si mette in moto per eliminare Sánchez.

La Spagna, tuttavia, è in ribasso. Quattro elezioni in quattro anni, prigionieri politici, esiliati, schiaffi della giustizia internazionale, Filippo VI bruciato, dilagante debito pubblico, basso prestigio nelle istituzioni europee e un certo sospetto nell’opinione pubblica internazionale.

GRAFCAT6010. BARCELONA, 18/10/2019.- Manifestanti

La Spagna retrocede in tutti i campi. Inoltre, nel mese di ottobre 2019, il Consiglio d’Europa annuncia che indagherà come la Spagna e la Turchia usano la giustizia contro i politici catalani e curdi. E trasferirà un relatore per farne un rapporto. E a questo bisogna aggiungere il famoso tsunami democratico (con le occupazioni dell’aeroporto e della frontiera con la Francia) oltre ai gravi disordini di piazza della Pl. Urquinaona di Barcellona.

 

Elezioni del 10 novembre

Le elezioni rappresentano un disastro per il PSOE: ottiene tre deputati in meno (da 123 a 120), perde poco più di 750.000 voti e la maggioranza assoluta al Senato. L’estrema destra di VOX va da 24 a 52 deputati e ottiene oltre tre milioni e mezzo di voti. Inoltre, l’ascesa di VOX ha avuto una grande copertura mediatica a livello internazionale. Le elezioni danno nuovo spazio a Pablo Casado, che prima era un cadavere politico. Anche i partiti regionalisti e indipendentisti non catalani ottengono grandi risultati: i galiziani del BNG ottengono 1 deputato, Bildu passa da 4 a 5 deputati (uno dei quali per la Navarra) e il PNBasco continua ad essere essenziale per formare maggioranze. E Ciudadanos? Una sconfitta di dimensioni colossali: da 57 a 10 deputati e il passaggio da quattro milioni di voti a poco più di uno e mezzo. Inoltre, Sánchez dovrà ora trattare su quattro lati: Podemos, Más País, PNBasco e indipendentisti. Che brutto affare!

Pedro Sánchez diventa nuovamente un cadavere politico quando i risultati elettorali sono noti. Sì, ok, vince le elezioni ma il colpo è monumentale. Il CIS aveva previsto per lui 150 deputati e, invece, perde terreno rispetto alle elezioni del 28 aprile. Un gran disastro!

Rumore di sciabole nel PSOE. La vecchia guardia non vede l’ora di finire Sánchez, e dopo i cattivi risultati, sembra giunto il momento. Alcuni media indicano, nella notte delle elezioni, un governo di minoranza del PSOE, guidato da un leader storico, con il sostegno esterno del PP. Ma Pedro Sánchez sente l’odore delle manovre e si muove rapidamente: firma rapidamente un accordo con Pablo Iglesias con sorpresa di tutti. Improvvisamente, ciò che sembrava impossibile per mesi diventa una questione di ore. In questo modo, Sánchez impedisce all’opposizione interna di avere il tempo di organizzarsi. Ma c’è un secondo motivo: non è la stessa cosa rovesciare un candidato con 120 deputati (quelli del PSOE) che farlo con -ironicamente- 155 (PSOE + Podemos) più un accordo di governo. Sanchez si salva ancora da una nuova cospirazione interna. Ma senza l’astensione degli indipendentisti, il candidato socialista non potrà essere investito presidente. E questo è troppo per lo stato. Non solo non sono stati in grado di rovesciare Sánchez, ma la presidenza dipende da Bildu e dagli indipendentisti catalani.

Ricordiamo che l’indipendentismo è andata benissimo in queste elezioni. È diventato più forte e ha ottenuto i migliori risultati della sua storia nelle politiche: 23 deputati, dal 39,43% del 28 aprile è passato al 42,5% del 10 novembre e con 1.634.986 voti. E con tutto ciò, cosa fa lo stato? Gioca le sue carte. Ore prima della sessione plenaria di investitura, la JEC -comissione elettorale centrale- appare magicamente con l’intenzione di disabilitare il presidente Quim Torra dalle funzioni pubbliche. Obbiettivo? Che diventi impossibile per i partiti indipendentisti votare a favore dell’investitura di Pedro Sánchez. Ma la strategia fallisce.

Finalmente, Pedro Sánchez presta giuramento come presidente. E annuncia che non ha “nessun problema” nell’incontrare il presidente della Generalitat, che sarebbe “felice” di vederlo e che vuole farlo “al più presto possibile”. Prima possibile non sia che succedano altre cose….

Risposta dello Stato: la Corte costituzionale ribalta la sentenza contro gli ultras di estrema destra che aggredirono e distrussero la libreria Blanquerna a Madrid (centro culturale catalano che ospitava la delegazione del governo catalano a Madrid), i fatti risalgono al 2013. La Corte afferma che i loro diritti sono stati violati, poveretti. Ovviamente, sono i loro e bisogna proteggerli.

E siamo ancora daccapo. C’è di nuovo un tavolo dei negoziati (questa volta a Madrid) e sembra ci possano essere accordi che non sono stati resi pubblici.

E Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí sono già europarlamentari nel Parlamento europeo grazie alla Corte di giustizia europea. E in mezzo a tutto ciò, papa Francesco chiede la pace per Hong Kong, Cile “e anche in Spagna”. E Dolores Delgado, il nuovo procuratore generale dello stato, ha una cartella esplosiva sul tavolo (ricordate le sue dichiarazioni su giudici e pubblici ministeri spagnoli che vide frequentare minori in Colombia?). E il rapporto della commissione giuridica e per i diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che indaga sulle presunte violazioni della Spagna e della Turchia è fortissimo: dubita della neutralità dei tribunali spagnoli nei procedimenti contro i leader indipendentisti e critica l’uso ingiusto del carcere preventiva. Ha anche citato altre denunce, come quella del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria. Tutto ciò che non poteva succedere, sta succedendo.

L’indipendentismo ha vinto tutte le tornate elettorali, ha affondato i suoi oppositori politici, ha messo la monarchia sotto i riflettori, lo stato spagnolo è collassato e la sua reputazione internazionale rovinata. E la strategia di difesa europea, se pur lenta, continua a dare frutti.

Ma…

Si, la pandemia, il Covid-19. E questo significa una brusca frenata. E nel mezzo del blocco, con nonchalance, il re Juan Carlos I emerito sta cercando un posto più caldo dove andare (per via di strani conti correnti trovati in Svizzera…) e la Spagna viene salvata (nonostante l’eufemismo) dall’UE. Chi doveva dirlo, vero?

Resistere è vincere. O come disse “qualcuno” (Puigdemont) tre anni fa: “Pazienza, perseveranza e prospettiva”.

 

Concludo con questo dialogo tra Madeleine Lebeau e Humphrey Bogart in Casablanca, che è sempre stato con me:

Yvonne:Dov’eri ieri sera?

Rick: Ieri sera? Non ne ho idea. E’ passato troppo tempo

Yvonne: E cosa hai intenzione di fare stasera?
Rick: Non faccio programmi con tanto anticipo

 

Non fare programmi per il futuro è, a volte, la soluzione migliore…

 

Bernat Deltell. Pubblicato il 22 luglio 2020

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             * traduzione  Àngels Fita-AncItalia

 

 

 

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