Da crisi familiare a crisi di Stato.

Da crisi familiare a crisi di Stato: i quattro stadi della vicenda Juan Carlos

« Dobbiamo essere consapevoli che il tabellone di gioco si è spostato in modo considerevole con la fuga dell’ex monarca spagnolo»

 

Vilaweb.cat   Vicent Partal   -editorial-  04.08.2020

 

Primo stadio: solo una crisi familiare?

Il documento con cui Juan Carlos ha voluto giustificare la sua fuga dalla giustizia insiste ripetutamente sulla natura familiare della decisione presa. Come se cercasse di privarla di qualsiasi condizionamento politico. L’intestazione e la fine della lettera sono molto significative al riguardo.

Questa enfasi sulla famiglia è, ovviamente, un modo per cercare di nascondere, o almeno mascherare, la natura costituzionale della questione. Una natura che Javier Pérez Royo (giurista e docente universitario di diritto costituzionale) ha sottolineato molto bene, ricordando che la Famiglia del Re appare nella costituzione spagnola, con la lettera F maiuscola, e la distingue dal trattamento privato riservato alle famiglie con la minuscola. Non è la stessa cosa una famiglia che la Famiglia del Re: “La Famiglia del Re, con la maiuscola, non ha una dimensione privata, ma una dimensione politica e costituzionale”.

Sono passate pochissime ore dall’inizio della crisi, ma in ogni caso questo primo stadio sembra superato

Secondo stadio: una crisi di governo?

In questo momento, la crisi si trova in questo secondo stadio. L’incredibile intervento pubblico di Pedro Sánchez ieri davanti alla stampa ha fatto saltare per aria ogni traccia di fiducia di Podemos nel capo del governo della coalizione.

Ciò è accaduto, in primo luogo, perché l’azione del governo spagnolo va oltre quella che potrebbe essere intesa come neutralità nei confronti di un altro potere dello stato ed entra pienamente nel campo della complicità. Delittuoso. La fuga da un aeroporto straniero, ad esempio, appartiene ai manuali più elementari dei patti sporchi. La conversazione potrebbe essere più o meno così: “Vattene, chiuderemo un occhio, ma tu non devi mettere in difficoltà la nostra polizia, perché un giorno qualcuno potrebbe rivendicare delle responsabilità al ministro degli interni e al capo del governo su come tu sia stato identificato – bisogna farlo per salire su qualsiasi aereo – senza aver fatto nulla per fermare la fuga.

Il comportamento di Sánchez è molto grave, ma penso che in tutto ciò che vediamo, pesa molto di più il fatto che la crisi sia – sebbene sembri paradossale – l’ultima possibilità per Podemos. I seguaci di Pablo Iglesias hanno accumulato disagi e ingoiato rospi da quando sono arrivati ​​al palazzo Moncloa (del governo), senza fare nulla. E Sánchez li ricambia ogni giorno disprezzandoli sempre più apertamente, al punto di fare apertamente festa con quelli di Ciudadanos (destra). Con i disastrosi risultati elettorali ottenuti in Galizia e nei Paesi Baschi, Podemos ha scoperto che entrare in questo governo è stato un grande errore politico. E’ un bel invito a nozze, ancor più visto il quadro di tagli e di misure di austerità che tutti sappiamo vanno di pari passo con gli aiuti europei. Se non ottengono alcun vantaggio dal essere al governo, tranne l’emarginazione elettorale, per quale motivo non dovrebbero approfittare di un’opportunità come questa per andarsene, tenendo conto che i motivi per farlo sarebbero capiti anche da un bambino di tre anni?

Terzo stadio: crisi del regime?

Se il governo di coalizione PSOE-Podemos si rompe, la crisi si trasformerà immediatamente in una crisi del regime. Mettendo faccia a faccia, da un lato, Vox, PP, Ciudadanos e il PSOE e, dall’altro, tutti gli altri, in particolare Podemos e tutti gli indipendentisti. Se si arriva a questo punto, la tensione aumenterà di molti gradi e ci porterà a un punto di ebollizione politica vicino a quello vissuto in Catalogna negli ultimi anni, ma che non è stato mai vissuto prima in Spagna.

La domanda interessante in questo caso sarà quanto possono essere trascinati e quanto possono resistere il PSOE e Podemos, i due partiti che sono agli estremi di due visioni alternative dello stato: il regime e la rottura. Il PSOE è la spina dorsale del regime, questo è ovvio, ma il regime stesso lo considera un estraneo e al suo interno, nel suo elettorato, ci sono chiare tensioni. Tutti gli elettori di Vox, PP e Ciudadanos chiuderanno i ranghi attorno alla monarchia, ma cosa può succedere con quelli del PSOE?

Lo stesso vale per l’altra sponda. Negli ultimi anni, l’indipendentismo ha compiuto enormi passi avanti che rendono impossibile qualsiasi accordo per dare sostegno a una riforma del regime. Ma Podemos, soprattutto Podemos e non tanto “Sinistra Unita” (ex-comunisti), vivono nello specchio simmetrico del PSOE. È chiaro che non fanno parte del regime ma sono molto tentati di partecipare.

Pertanto, le posizioni che la crisi farà assumere a Podemos e al PSOE avranno un ruolo decisivo nel determinare se il conflitto si trasformerà in una crisi di stato, ovvero, nella crisi definitiva.

Quarto stadio: crisi di stato

Se Podemos si unisce al movimento indipendentista e quindi, si propone la fine del regime, la crisi diventerà automaticamente una crisi di stato, lo stadio superiore. Perché la situazione delle varie nazioni dello stato spagnolo è così diversa che sarà impossibile farlo senza invocare il processo di indipendenza. Ma proprio per questo, l’indipendentismo può spingere per l’arrivo di questo stadio della crisi in qualsiasi momento, indipendentemente delle decisioni di Podemos. Già ora, nel nostro territorio, la maggioranza indipendentista nel Parlamento della Catalogna potrebbe facilmente originare una crisi di stato in qualsiasi momento se agisse con la necessaria intelligenza politica e sfruttando al massimo l’opportunità a favore del progetto nazionale.

In effetti, l’indipendentismo dispone di diverse strade per far esplodere la situazione o per concatenare una sequenza di eventi che portino alla crisi finale dello stato spagnolo. Potrebbe usare il massimo possibilismo, che sarebbe quello di richiedere una riforma costituzionale spagnola dal parlamento catalano per proclamare una repubblica spagnola e aprire immediatamente un processo costituente in cui proporre l’autodeterminazione. Sarebbe molto difficile da spiegare all’elettorato e molto pericoloso, ma lo potrebbe fare. Così come potrebbe ricorrere alla via diretta rendendo effettiva la dichiarazione di indipendenza del 27 ottobre 2017 in un momento in cui la debolezza istituzionale spagnola è massima e, quindi, la sua capacità di reazione, di controllo del territorio, è minima.

Il presidente della Generalitat e i gruppi parlamentari a favore dell’indipendenza dispongono ora di una serie di opportunità storiche nelle loro mani. Anche perché alcune delle discrepanze che hanno pesato sul movimento negli ultimi tre anni non hanno più senso quando Pedro Sánchez prende le decisioni che prende e, pertanto, rende impossibile qualsiasi accordo con lui o con i suoi.

Al di fuori delle istituzioni, la piazza ha ampiamente dimostrato di essere disposta a tutto. E grazie a ciò, la combinazione di politica istituzionale e della piazza sembra improvvisamente avere di nuovo molto senso. Il controllo del territorio e l’efficacia dell’indipendenza devono essere lavorati al di fuori del quadro dell’autonomia, come spiega il Consiglio per la Repubblica con una visione molto chiara. Sembra che si avvicina il momento in cui, se tutti fanno la loro parte, le cose possono fare un giro determinante.

Non deve essere domani o la prossima settimana, ma da oggi dobbiamo essere ben consapevoli che il tabellone di gioco si è mosso in maniera molto sostanziale con la fuga di Juan Carlos. E che tutto il lavoro, enorme, svolto negli ultimi dieci anni dal movimento indipendentista, anche con tutte le sue grandi contraddizioni, acquista perfettamente un senso con l’opportunità politica che si sta aprendo ora.

Non dubitare che le prossime settimane e i prossimi mesi saranno importanti.

https://www.vilaweb.cat/noticies/de-crisi-familiar-a-crisi-destat-els-quatre-escalons-de-lafer-juan-carlos/

 

* traduzione  Àngels Fita-AncItalia

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