Governo spagnolo usa fondi pubblici per spiare illegalmente attivisti e politici indipendentisti
di Gonzalo Boye, avvocato [1]
Madrid, 17 luglio 2020
A poco a poco stanno emergendo dettagli sull’utilizzo del programma Pegasus, progettato e messo in commercio dall’impresa israeliana NSO per lo spionaggio di persone scomode per le “fogne dello Stato”[2]. Uso l’espressione “fogne” perché lo Stato, inteso come entità democratica e rispettosa del diritto, ha la possibilità di sfruttare meccanismi legali per intervenire nelle comunicazioni delle persone che considera possibili responsabili di un delitto ma qua, e vedendo i fatti, siamo ben lontani dall’essere conformi allo stato di diritto.
Il Gruppo NSO è un’impresa israeliana che da molto tempo si dedica alla fabbricazione di trojan[3]
per cellulari e computer, ma li vende esclusivamente ai governi che ne fanno richiesta e ad un prezzo piuttosto elevato. Ogni licenza è attivabile da un unico dispositivo, motivo per cui il costo dello spionaggio, informazione che sta gradualmente emergendo, deve essere stato immenso… e sicuramente proveniente da “fondi riservati”.
NSO, pioniera del settore, usa sistemi propri, sofisticati e molto specifici per nascondere il trojan, che, in ogni cellulare, viene installato in modo diverso. Indipendentemente dagli studi che sta conducendo Citizen Lab[4],
sarà cellulare per cellulare che si potrà individuare la presenza di questo programma-spia, che ha colpito 1500 persone circa in tutto il mondo, per la maggior parte difensori dei diritti umani e persone vincolate con la Catalogna.
Questa non è la prima –né sicuramente sarà l’ultima volta– in cui verranno utilizzati metodi illegali (o meglio, criminali) per fare indagini sull’indipendentismo, sul suo ambiente e su tutto ciò che preoccupa le “fogne dello Stato” le quali, nonostante quel che si dica, continuano a pieno regime.
Forse è il caso di ricordare che, più di 2 anni e mezzo fa, sono stati individuati nell’automobile del presidente Puigdemont dei GPS di localizzazione installati illegalmente in Belgio, e che questo non è stato l’unico episodio di “guerra sporca” avvenuto nell’ambito dell’esilio e dell’indipendentismo catalani. Non c’è stato metodo che non sia stato tentato, ma molti sono rimasti sorpresi (e alcuni addirittura infastiditi) che la giustizia belga prendesse tanto seriamente le indagini su queste cimici.
Vale la pena ricordare anche che non solo tracciarono illegalmente l’automobile di Puigdemont, ma ci sarebbero stati inseguimenti per mezza Europa (alcuni reali, altri sperati, come quello del battello dalla Finlandia), presunte operazioni congiunte con la polizia tedesca poi smentite da Berlino, eccetera… Tutto questo, oltre a quello che non è ancora emerso, compiuto ai margini della legalità, ma con fondi pubblici.
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L’indagine di Citizen Lab potrebbe sembrare di minore entità ma non lo è, e sembra essere una buona occasione per mettere fine a questo tipo di pratiche criminali che non dicono niente di buono su uno Stato disposto a sprecare milioni in repressione anziché risolvere un conflitto politico.
Le rivelazioni in relazione al programma Pegasus sono connesse all’articolo 197.1 del Codice Penale, che stabilisce: “Chi, per scoprire i segreti o vulnerare l’intimità di un altro, senza il suo consenso, si impossessi dei suoi documenti, carte, mail o qualsiasi altro documento o effetto personale, intercetti le sue telecomunicazioni o utilizzi artifici tecnici di ascolto, trasmissione, registrazione o riproduzione di suono o immagine, o di qualsiasi altro segnale di comunicazione, sarà punito con pene da 1 a 4 anni di reclusione e multa da 12 a 24 mesi”[5].
Oltretutto, se si fa per motivi ideologici, secondo il paragrafo 5 dello stesso articolo, “si imporranno le pene previste nella metà superiore”[6]. E se, come si può argomentare, questo delitto fosse stato commesso all’interno di un’organizzazione o gruppo criminale, la pena si imporrà al grado superiore.
Ma non è necessario arrivare a qualificare gli autori come parte di un gruppo criminale; possiamo limitarci a quanto prevede l’articolo 198 dello stesso Codice Penale nei casi in cui chi commette il delitto è “un’autorità o funzionario pubblico”, giacché la pena si imporrà nella metà superiore e, inoltre, comporterà “l’impossibilità a ricoprire la carica da 6 a 12 anni”.
Acquistare e utilizzare un programma come Pegasus in qualsiasi paese non è una decisione di un funzionario dell’intelligence ma dei suoi comandi e, per il costo elevato, la criminalità dell’azione e le conseguenze, sicuramente questi comandi dipendono da un alto capo dei servizi di intelligence. Ma, malgrado l’alto grado di chi presumibilmente avrebbe autorizzato l’operazione, non è sufficiente per ‘legalizzarla’ e nemmeno per toglierla dall’ambito delle ‘fogne di Stato’; sì, proprio quelle fogne che ci dicono che non esistono.
GPS di localizzazione, programmi-spia, inseguimenti illegali, tentati sequestri, violazioni di domicilio e perquisizioni arbitrarie, clonazione di telefoni, confische di mail, etc. sono solo una parte di una repressione silenziosa, senza sangue, ma non meno perversa di altre. In realtà, non si stanno combattendo reati, e nemmeno l’avversario, ma si prova a distruggere il nemico; e questa logica, oltre ad essere erronea, è anche tremendamente perversa e criminale.
Si usa e si abusa dei poteri dello Stato per cercare di neutralizzare il nemico e, così facendo, il diritto (e il rispetto del diritto) non è niente di più che un elemento di disturbo che viene aggirato in un modo o nell’altro. Gli episodi avvenuti in questi anni, e che piano piano stanno emergendo, non sono altro che la punta dell’iceberg dell’utilizzo deviato di un potere statale opaco e incontrollato al fine di reprimere (non risolvere!) un problema eminentemente politico.
Le prove di questo comportamento si stanno accumulando a ritmo vertiginoso e, piano piano, oltrepassano le frontiere, portando con sé il male che ciò comporta all’immagine di uno Stato che vuole continuare a presentarsi come una democrazia esemplare quando invece non è capace di controllare e sopprimere le sue proprie “fogne”.
Nelle “fogne”, e con i loro mezzi, potranno trovare il piacere della repressione. Ma solo se si terrà in considerazione l’eziologia del conflitto, che è politico, e se si avrà il coraggio di cercare una risposta all’interno di questo contesto si potrà giungere a una soluzione adatta ai parametri di uno Stato democratico e di diritto.
Adesso, e indipendentemente da ciò che si farà d’ora in poi, non c’è nessun dubbio che le pratiche criminali come quelle ora svelate (con l’uso del programma Pegasus e con altri metodi) costituiscono reati previsti e puniti dal Codice Penale e, pertanto, ciò che è necessario non è voltarsi dall’altro lato, ma guardare direttamente all’origine del problema, determinare i fatti, localizzare i responsabili e imporre loro il processo dovuto… Ovviamente un processo con tutte le garanzie che hanno cercato di togliere alle proprie vittime.
*Traduzione e note a cura di Gaia Dolfi
https://www.elnacional.cat/ca/opinio/gonzalo-boye-pegasus_523125_102.html
[1] Gonzalo Boye (Viña del Mar [Cile], 1965), è un avvocato specializzato in diritto penale, Dal 2017 si occupa di coordinare la difesa internazionale dei membri del Governo dell’ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont che sono in esilio.
[2] Probabile riferimento a Le fogne dello Stato: guerra sporca e corruzione in Spagna, di Jaume Grau, saggio sulle manovre del Ministero dell’Interno contro gli avversari politici indipendentisti o di Podemos ai tempi del governo Mariano Rajoy.
[3] Per trojan o trojan horse (cavallo di Troia) si intende, in informatica, un tipo di malware, cioè un programma informatico usato per disturbare le operazioni svolte da un utente di un computer
[4] Citizen Lab è un laboratorio interdisciplinare dell’Università di Toronto che fa ricerca sullo spionaggio digitale diretto contro la società civile. Documenta le infiltrazioni via internet e in generale le pratiche che mettono a rischio la libertà di espressione online, analizza la privacy, la sicurezza e il controllo delle informazioni. (per maggiori info vd: https://citizenlab.ca/about/)
[5] Boye parla di “mesi” perché il sistema delle multe in Spagna funziona diversamente dall’Italia: si pagherà una cifra x ogni giorno per il tempo che stabilisce la Corte.
[6] Con questo tecnicismo giuridico Boye si riferisce al fatto che, se il Codice Penale prevede per un delitto da 1 a 4 anni, la metà superiore si situa tra i 3 e i 4 anni, così come le attenuanti situano la pena nella metà inferiore, ovvero tra l’1 e i 2 anni.