Sarebbe meglio che i militari spagnoli non parlassero di valori…

«Sembra incredibile che in un momento così grave, il governo spagnolo si dedichi a fare pubblicità invece di prendere le decisioni sanitarie necessarie per salvare delle vite»

Vilaweb.catVicent Partal – 19.03.2020

Le conferenze stampa del governo spagnolo sono sempre più scandalose. In quella di ieri, il protagonista è stato il capo di Stato Maggiore della difesa, Miguel Ángel Villarroya. In quel momento, a Madrid moriva una persona ogni 15 minuti per Covid-19 e, nel frattempo, la conferenza stampa ufficiale del governo spagnolo, invece di occuparsi del gravissimo problema sanitario che viviamo, diventava un’apologia del militarismo, assolutamente fuori posto.

Villaroya è un catalano che, mentre Franco agonizzava decise di incorporarsi nell’esercito spagnolo, concretamente nell’aeronautica. Una decisione che spiega che tipo di persona è, specialmente di fronte a tutti quelli che possiamo ricordare l’atmosfera che si respirava in quegli anni e l’immagine e la realtà di quel esercito. Nel corso degli anni questo generale ha fatto carriera fino a due mesi fa, quando il governo socialista lo nomina massimo responsabile militare. E in virtù di questa carica appare nelle conferenze stampa.

Nell’intervento di ieri, trascrivo letteralmente, Villaroya ha detto senza alcun imbarazzo, che la lotta contro il coronavirus ‘è una guerra di tutti gli spagnoli’ affermando: ‘Dalla mia esperienza, in questo momento di contesa bellica, sono molto importanti i valori militari: disciplina, spirito di sacrificio e morale di vittoria’ Trascuro la più che sfortunata definizione dell’attuale crisi sanitaria come una guerra. Non è una guerra e in nessun posto al mondo, tranne la Spagna, i militari si vedono al commando della crisi. Ma che oggi un militare spagnolo ci parli di valori, penso che vada oltre i limiti di quello che una società sensata può accettare. Per quanta pazienza si possa avere.

Perchè l’esercito spagnolo non è precisamente un’istituzione modellica. Poco tempo fa, abbiamo visto 29 generali, un ammiraglio, 105 colonnelli, 15 tenenti colonnelli, 12 comandanti e 14 capitani che hanno avuto l’ardire di firmare un manifesto per difendere la figura di Franco pronunciandosi contro l’esumazione del dittatore. Cosa che, alla fine, conferma quello che i dati elettorali rilevano: la correlazione tra presenza di installazioni militari e aumento significativo del voto all’estrema destra.

Ma non si tratta solo di una questione ideologica. I militari spagnoli non hanno precisamente un foglio di servizio molto degno da presentare alla società. Sottomarini che non galleggiano. Fregate che affondano. Navi che vanno a salvare piloti precipitati –e non si capisce come mai ne cadono tanti– incagliate. E i missili dei loro aerei che sparano sorprendentemente a pochi metri dal confine russo mettendo in pericolo la Estonia che (in teoria) difendono –la difendono in cambio del loro silenzio sulla Catalogna, come ben sappiamo. Perfino sono stati trovati nella nave ammiraglia dell’armata 127 chili di cocaina! Ci sono 56 piloti dell’aeronautica –precisamente quella che dirige Villaroya– indagati per false fatture. E i miliardi che lo Stato spagnolo spende in truppa e armi compaiono sui titoli dei giornali solo per evidenziare che sono stati sprecati via.

Come ci spiega bene il tenente Luis Gonzalo Segura, questa gente è capace di compiere assurdità enormi come danneggiare una nave da settanta milioni di euro, diventata ferraglia, per la negligenza di un commandante che la fece incagliare in un posto dove era evidente che si sarebbe incagliata; o di mandare una nave a raccogliere dei migranti, con un’azione di propaganda, per rendersi conto una volta arrivati in porto, che non potevano entrarci perché non avevano preso le misure.

E tutto questo senza parlare di ciò che ha rappresentato questa gente storicamente. L’esercito spagnolo è un esercito che vince solo quando lotta contro la propria popolazione. L’ultima vittoria della quale può vantarsi è quella contro il potere legittimo, tra il 1936 e il 1939. Ed è meglio che non lo facciano, vi prego. Il resto è deprimente o ridicolo, come la farsa dell’invasione dell’isolotto di Perejil nel 2002. Rimane per la storia la sconfitta di Sidi Ifni nel 1958 contro il Marocco e il tradimento al popolo sahariano, già sotto la direzione del corrotto Juan Carlos, come ultime pietre miliari di una storia tutt’altro che esemplare.

É vero che, dopo questo, e nel contesto dell’integrazione alla NATO precisamente forzata dai socialisti, l’esercito spagnolo ha partecipato in operazioni internazionali, con le quali ha voluto lavarsi la faccia per sembrare quello che non è. Non so se ricordate qualcosa di particolare di queste operazioni ma, se vi prendete la briga di grattare la superficie, troverete dei racconti ben poco edificanti. Come quelli descritti, ad esempio, nel libro di L. Paul Bremer My year in Iraq (Simon & Schuster, 2006).

Bremer, nominato da Bush amministratore dell’Iraq dopo l’invasione, non è certo un esempio di nulla. Anzi. Ma nel suo ruolo di governatore dell’Iraq riuscì a comprendere la figura che fece l’esercito spagnolo. Scrisse, a proposito della partecipazione spagnola nella battaglia di Najaf, un gioiello come questo: ‘La loro prestazione è indignante […]. Si mantengono nascosti dentro i carri armati senza fare nulla mentre gli altri combattono […], non mostrano alcun impegno.’

É incredibile che, in un momento così grave come questo, il governo spagnolo si dedichi a fare proclami pubblicitari invece di prendere le decisioni sanitarie necessarie per salvare delle vite.

E osano ancora parlare di valori…

 

* traduzione  Àngels Fita-AncItalia

 

https://www.vilaweb.cat/noticies/militars-espanyols-valors-editorial-vicent-partal/

 

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