«La resistenza in piazza contro la repressione e lo scoraggiamento hanno portato frutto, la persistenza politica dell’indipendentismo ha portato frutto e puntare sullo spazio libero dell’Europa ha portato frutto»

Vilaweb.cat – Opinione – Vicent Partal – 19.12.2019
La settimana finisce nel migliore dei modi. Era evidente che il Tribunale di Giustizia dell’Unione Europea avrebbe riconosciuto che un cittadino è deputato a partire dal momento in cui prende i voti dalla gente. Ogni altra posizione avrebbe dinamitato la democrazia. Ma non era sicuro con quanta chiarezza lo avrebbe spiegato nè come avrebbe inciso il caso concreto del vicepresidente Junqueras nella condizione di carcerato e, fino a che punto, avrebbe aperto le porte anche al presidente Puigdemont e al consigliere Comín. Dalle diverse possibilità in gioco, finalmente il tribunale ha accolto, significativamente, la più favorevole all’indipendentismo catalano. Lasciando la Spagna in una posizione di debolezza estrema.
Ora bisogna gestire bene questa vittoria, perchè tutti dobbiamo essere consapevoli che tutto è cambiato. Ma soprattutto perchè illustra efficacemente che esiste una via aperta che può risolvere il conflitto tra la Catalogna e la Spagna. Per arrivarci, abbiamo dovuto aspettare due anni molto duri, ma sicuramente necessari. Finalmente, il ribaltamento che la decisione di ieri ha fatto fare al conflitto è enorme, io direi: definitivo. E le forze politiche, e l’indipendentismo in generale, hanno l’obbligo di saperne approfittare. L’accerchiamento catalano ha funzionato a meraviglia: le linie spagnole si sono spezzate e ora bisogna attaccare senza tregua per rendere possibile l’indipendenza della Catalogna.
Prima di approfondire, devo fare due considerazioni.
In primo luogo, la decisione del tribunale e la reazione del Parlamento Europeo, anch’essa molto significativa, danno validità alla tesi della pendenza ferroviaria di cui tanto mi avete sentito parlare in questi anni. Con la giudizializzazione del processo d’indipendenza, la Spagna assumeva un rischio enorme e noi lo avevamo avvertito. Collocando un problema politico in pendenza ferroviaria si perdeva il controllo della motrice, che scendeva da sola a valle. Ho detto molte volte che ciò non significava che il treno andasse a sbattere necessariamente, ma che se si schiantava difficilmente poteva recuperare. E si è schiantato. Nel modo più clamoroso. Ma oggi vorrei sottolineare specialmente che questa incapacità spagnola di vedere la realtà, con gente accecata fanaticamente dal nazionalismo e dall’eredità autoritaria, si è dimostrata un grande strumento per l’indipendentismo, che dobbiamo saper sfruttare sempre. Noi sappiamo che da oggi in poi, la Spagna commetterà errori madornali, e il movimento indipendentista deve approfittarne.
Seconda considerazione. La sentenza di oggi dimostra che la decisione adottata dal governo di andare in esilio per lottare nello spazio libero di Europa era, è stata ed è una grande scelta indovinata. Dopo il referendum di autodeterminazione c’erano diverse strade possibili per rendere effettiva la volontà popolare. Non discuto ora se si agì bene oppure no, nè se le altre strade possibili ci avrebbero portato alla repubblica. Soltanto voglio evidenziare che il governo andò in esilio non per salvare una situazione personale, ma convinto che la giustizia che non esiste in Spagna poteva essere trovata in Europa. E che i diritti democratici che la Spagna non lascia esercitare potevano essere esercitati nella cornice giuridica europea e nello spazio unito europeo del quale, le piaccia o non le piaccia, la Spagna fa parte ora come ora. Su questo, la sentenza di ieri non può essere più chiara e contundente.
Ora guardiamo al futuro immediato. Dal punto di vista europeo, ma anche guardando a questa settimana così intensa che abbiamo vissuto insieme. Verso dove ci porta questo nuovo panorama apertosi il giovedì 19 dicembre 2019?
Non c’è, logicamente, una sola strada posibile. Precisamente questa settimana ci ha insegnato che è la combinazione de tutte le azioni immaginabili a creare il terreno di gioco favorevole ai catalani. Abbiamo visto l’azione della giustizia europea, abbiamo visto la persistenza della protesta in piazza e abbiamo visto il ruolo della politica, quando ERC ha congelato la investitura di Pedro Sánchez, chiedendo fatti certi prima di proseguire la trattativa. Tutte le tre strade devono continuare attive e, se possibile, essere intensificate ancora. L’interdizione del presidente catalano Torra e l’utilizzo dell’annuncio di questa decisione rendono palese che il treno prosegue la sua folle corsa a valle trascinando tutto. E andrà avanti così fino a quando non si fermerà completamente. Dunque, dobbiamo continuare mobilitati nelle piazze. Dobbiamo far crescere la pressione sui partiti politici affinché non dimentichino l’obiettivo. Bisogna chiedere azioni coerenti con il momento politico eccezionale e continuare a vincere elezioni dando valore alla maggioranza democratica della Catalogna.
Detto questo, dobbiamo essere consapevoli che la decisione del TJUE apre una porta molto importante e stabilisce un possibile cammino da esplorare con fermezza. Diamo un’occhiata, dunque.
La Spagna immagina ancora l’Unione Europea come un club di stati, malgrado che si definisca ufficialmente come ‘unione di stati e di cittadini’. Dove la parola ‘cittadini’ è la chiave di tutto. La cultura politica spagnola non assume ancora che i cittadini amministrativamente spagnoli abbiamo diritti e obblighi come cittadini europei e che questi diritti non possono essere limitati arbitrariamente. Potevano capirlo dopo la sentenza di Slesvig-Holstein (Germania), ma non lo hanno imparato e hanno sbattuto la faccia contro il Tribunale di Lussemburgo.

Ciò significa che il margine dell’azione politica che possiamo esercitare i catalani non è determinato dai poteri dello stato spagnolo ma, in ultima istanza, dall’insieme dell’Unione Europea, alla quale lo stato spagnolo ha ceduto parti sostanziali di sovranità. Che gli organismi dell’Unione, applicando il principio di sussidiarietà, intervengano soltanto in casi eccezionali e correggendo azioni contrarie all’interesse generale non significa che lo stato membro possa fare quello che vuole.
Infatti, la Spagna non ha capito che far parte dell’Unione Europea non significa discutere tra 28 e fare accordi tra 28, e basta. Esiste uno spazio europeo dove è così (fondamentalmente, il Consiglio e la Commissione, purtroppo), ma esiste un altro spazio dove non si tratta di negoziare tra stati per il vertice ma di costruire una cornice di riferimento comune per la base (il Parlamento in parte e, chiaramente, il Tribunale di Giustizia). Qui non ci sono favori in cambio di favori o pressioni che tengano. L’interesse comune prevale sempre sugli interessi individuali e l’esempio di giovedì è paradigmatico. Perché la Spagna ha perso in forma tanto clamorosa in Lussemburgo? Perché per l’insieme dell’Unione è più pericoloso accettare quello che la Spagna propone (che una persona non sia deputata, malgrado il voto dei cittadini) piuttosto che accontentare uno dei soci. Punto.
Vedremo se questa vittoria può allargare il campo di gioco. Verso dove? Faccio un salto veloce per visualizzare: come risponderebbe il Tribunale di Giustizia dell’Unione Europea a una domanda formulata in tempo e forma, dopo gli incidenti necessari per formularla, se l’autodeterminazione è un diritto che possono esercitare i cittadini dell’Unione e, pertanto, quelli della Catalogna? Potrebbe rispondere solamente si. Allo stesso modo ieri soltanto poteva rispondere che una persona è deputata perché il popolo l’ha votata.
Ogni altra risposta avrebbe creato problemi così gravi che non avrebbe potuto reggerli. L’autodeterminazione è un diritto per la comunità internazionale che l’ordinamento europeo difende. Di fatto, la Spagna stessa assume questo diritto dal momento in cui nell’ordinamento interno rende proprio il patto per i diritti civili dell’ONU! Che differenza c’è? Che il nazionalismo spagnolo può costringere lo stato spagnolo a non rispettare gli stessi diritti che riconosce, ma non ha abbastanza forza per obbligare l’Europa a farlo. Immaginate, dunque, questa situazione: l’Europa riconosce con una sentenza il diritto di autodeterminazione e il governo catalano della Generalitat convoca un nuovo Primo di Ottobre. Quale margine di manovra avrebbe la Spagna allora? Quanto le costerebbe disobbedire? Quali conseguenze avrebbe?
Ci sarà tempo per continuare a parlarne, perché l’orizzonte che si apre è appassionante. Credo che oggi tutti abbiano guadagnato qualche ora per godersi la vittoria, ben meritata dopo tanti e tanti sforzi. Ora, immediatamente, il vicepresidente Junqueras deve prendere possesso del suo seggio a Bruxelles per accompagnare a Diana Riba, il presidente Carles Puigdemont, il consigliere Toni Comin

e, da febbraio, anche la consigliere Clara Ponsatí. Lo sforzo che tutti avete fatto nelle scorse elezioni europee e nelle altre ha portato frutto, la resistenza in piazza contro la repressione e lo scoraggiamento ha portato frutto, la persistenza politica dell’indipendentismo ha portato frutto e la scelta per lo spazio libero di Europa ha portato frutto.
Complimenti, quindi, a tutti voi e ora, a preparare con prospettiva, pazienza e perseveranza l’attacco finale.
* traduzione Àngels Fita-AncItalia
https://www.vilaweb.cat/noticies/dijous-victoria-independencia-editorial-vicent-partal/