Ogni giorno più deboli, ogni giorno più forti

Ogni giorno più deboli, ogni giorno più forti

Vilaweb.cat   –Núria Cadenes –    13.11.2019

 

Anche se non lo vogliono, eccolo qui. La corporatura imponente, la pelle rugosa, l’atteggiamento in apparenza tranquillo, sguazzando nell’acqua, passeggiando soto il sole o cercando l’ombra, zanne, proboscide: l’elefante. Sempre l’elefante. L’elefante onnipresente. Quando lo hanno davanti, perchè i sensi ne mostrano l’evidenza; quando non ci vogliono pensare, perché lo evocano (il famoso paradosso di Lakoff: non pensare a un elefante, e pum!). L’indipendentismo catalano è, per lo stato spagnolo, come questo elefante inevitabile. E di sicuro, esasperante.

Perché, malgrado l’artiglieria che hanno già consumato per indebolirlo che non è stata poca (dall’invenzione del partito Ciudadanos fino alla presa di controllo istituzionale mediante l’articolo 155; dall’intimidazione alla prigione e l’esilio), il fatto è che non solo non sono riusciti a frenarlo ma si consolida e cresce giorno dopo giorno. Le ultime elezioni statali, le più complicate in tutti i sensi, lo hanno dimostrato ancora: nella Catalogna, il blocco indipendentista cresce e il blocco spagnolista… no.

Infatti, perfino quella cosa che alcuni anni fa ci buttarono addosso, la speranza degli spagnolisti in Catalogna, l’invenzione che un giorno aspirò a governare l’autonomia, il partito Ciutadans, è crollato strepitosamente e si trova, come disse quell’altra “personaggia” di destra (Soraya Saenz de Santamaria-vicepresidente del governo Rajoy) che lasciò la politica, in li-qui-da-zio-ne.

Possono chiudere gli occhi e premere con ansia le palpebre; quando le aprono è là, in mezzo alla sala, scrollandosi le mosche con la coda: l’elefante.

Che cresce.

Il fatto è che in questa contesa, l’indipendentismo aggiunge un’altra battaglia vinta, quella del fronte elettorale. E’ una vittoria in tutta regola e qualitativamente importante.

Di fronte all’evidenza, i rappresentanti politici dello stato spagnolo, immobili, serrano i ranghi. In Catalogna, sarà presto una semplice chimera per loro sperare di vincere qualche elezione (e ciò, che ora resta qui scritto in un paio di righe, è un cambiamento importante di situazione) Quanto a Madrid e dintorni… ad ogni modo, si affannano e girano nel loro labirinto.

Questo patto veloce, ad esempio, costruito e portato in scena in meno di trentasei ore tra Sánchez e Iglesias, Iglesias e Sánchez, per tentare di formare un governo è, oltre a serrare i ranghi che dicevamo prima e la integrazione visibile e pratica di Podemos nel regime (la pubblica accettazione del regime, il pubblico smettere di questionarlo) e mostra fino a che punto è grosso il caos politico nello stato spagnolo, oltre a tutto questo, è il tentativo (non so se dire disperato) di alzare una diga di contenimento di fronte alla marea che sale.

Una diga di contenimento delle sinistre, diciamo. Delle sinistre (in corsivo e virgolette) che hanno.

E’ una diga strutturalmente debole perché obiettivamente non ha nulla da offrire, perché non riformerà nè cambierà nulla. Perché dietro di loro aspettano le milizie del PP e di Vox per subentrare. E, se finalmente diventano la faccia governativa dello stato spagnolo, centrifugare tutto.

L’indipendentismo catalano sottomette lo stato spagnolo a una pressione altissima. Altissima. E fa affiorare ciò che veramente è: lo stato che non ruppe con il franchismo e che sprofonda nel pozzo insondabile della estrema destra. Nè modernità nè democrazia omologata nè stabilità: un pollo spennato attaccato a una bandiera. Cioè, un modello politico autoritario e in crisi permanente. Territoriale e sociale. Che non si può riformare perchè farlo significherebbe rinunciare ai privilegi che lo sostengono. Eccolo qui lo stato spagnolo.

Dopo tutto, il loro regno è rimasto intrappolato in una dinamica molto angosciante: il fatto di non volere perdere la madre di tutte le uova, cioè, la ‘regione’ economicamente più dinamica, e la impossibilità di cambio che va associata a questa paura, lo porta a una deriva ogni volta più autoritaria. Quanto più rifiuterà il cambiamento, più scenderà verso la china fascistoide. Presto sarà difficile trovare qualcuno che ci voglia rimanere.

Per la loro testardaggine (anche se potremmo discutere se è testardaggione oppure espressione costitutiva), per l’incapacità di capire e di mettere in pratica il noto principio lampedusiano, (‘Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi’ ne Il gattopardo), lo stato spagnolo avanza verso l’autodistruzione: l’immobilità, il granitico non cambiare nulla è la formula che garantisce che finalmente tutto cambierà.

Certo che non sarà soltanto merito suo, perché il popolo catalano fa una spettacolare scommessa giocandosi il tutto per tutto, anche se qualcuno disse tempo fa che, quando saremo indipendenti bisognerà pensare a dare una medaglia a titolo di piccolo risarcimento a questo stato rigido che avremo a ovest (o a quello che ne resterà): una medaglia, forse (a loro piacciono tanto!), ringraziandoli per l’inestimabile aiuto.

Ma non diciamo gatto…. Per il momento, il fatto che possiamo confermare è che, in questa nostra trascendentale contesa, gli spagnolisti sono politicamente più deboli e gli indipendentisti, politicamente più forti. La Catalogna ha sempre più forza politica per il proprio progetto.

E questo è, davvero, elefantastico.

 

* traduzione  Àngels Fita-AncItalia

 

https://www.vilaweb.cat/noticies/estat-espanyol-elefant-opinio-nuria-cadenes/

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