La pendenza ferroviaria spagnola: eppure glielo avevamo detto

Foto: Albert Salamé / VWFoto
Vilaweb.cat –Vicent Partal – 14.11.2019
Nell’aprile del 2016, tre anni e mezzo fa, spiegai in questo spazio editoriale la metafora della pendenza ferroviaria.
Spiegavo: «Alcuni anni fa un politico socialista molto intelligente mi insegnò una interessante metafora: la cosiddetta ‘pendenza ferroviaria’. A quanto sembra, quando si progetta una ferrovia bisogna considerare un elemento chiave: la pendenza. Nell’alta velocità, non si può inserire una ferrovia con una pendenza superiore al 3% di dislivello e, in generale, nessun treno (eccetto i treni-cremagliera di montagna) può circolare su rotaie al di sopra del 6% di dislivello. Il motivo? Con una pendenza superiore, i treni acquistano velocità e sono incontrollabili anche usando i freni, oppure hai bisogno di un tracciato molto lungo e di molta fortuna –facendoli fermare da soli– per non provocare incidenti. Non è possibile guidarli.
Quel politico applicava la metafora alla politica. Diceva che quando qualche ente o persona politica cadeva con una pendenza superiore a un limite ragionevole, l’incidente era inevitabile. In circostanze normali, nella normale politica, è molto difficile che qualcuno vada volontariamente in pendenza pericolosa. Ma quando le circostanze sono eccezionali, come sta succedendo ora, le cose cambiano. Puoi entrare in una pendenza impossibile quasi senza renderti conto.
Allo stato spagnolo è successo questo. La prima risposta che diede al processo per l’indipendenza fu il disprezzo. E quando si rese conto che le cose andavano sul serio era troppo tardi. Allora reagì con la giudizializzazione e il rifiuto della politica, e questo ha collocato lo stato-treno in una pendenza suicida. Quasi quasi, potremmo rimanere fermi e aspettare a vedere lo schianto…
Giudizializzare il processo catalano è l’errore più importante che la Spagna poteva commettere, aparte l’uscita dell’esercito in strada. Da una parte, perchè facilita il cosiddetto “remedial only”, l’unico presupposto di autodeterminazione che nessuno al mondo discute. Ma, in secondo luogo e il pù importante, perché ha perso il controllo della motrice. Se ora un governo spagnolo volesse fermare la giudizializzazione non avrebbe più tempo o risorse per farlo.»
Questo era un testo del 2016. Dunque, non possono dire che non lo avevamo detto in tempo. Ma Rajoy e Sánchez ebbero l’ardire e l’immensa irresponsabilità di mettere la Spagna sulla pendenza ferroviaria. E oggi è molto più evidente dove li ha portati questa stupida decisione. Ora Sánchez avrebbe bisogno di offrire qualcosa ai partiti indipendentisti per assicurarsi la legislatura e il fragile governo. E c’è una parte dell’indipendentismo che sarebbe disposto a fare di tutto per accordarsi con lui. Ma siccome tempo fa rinunciarono a far politica per giudizializzare il processo, ora il governo della Spagna è rimasto semplicemente intrappolato. E’ paralizzato. Non può offrire nulla perché nulla dipende già da lui. Il treno scende per la pendenza giudiziaria diretto al muro e inciampando rumorosamente ai margini delle rotaie, concretamente dal lato europeo.
E ancora. Ieri si è saputo che la Corte “dell’Audiencia” spagnola ha iniziato la fabbricazione –la fabbricazione– di un maxiprocesso durante il quale pretende di accusare di terrorismo le centinaia di catalani, identificati o arrestati durante la protesta contro la sentenza. E non c’è bisogno di essere un luminare per immaginare che questo sproposito concettuale e giuridico agiterà la società catalana fino alle fondamenta e provocherà una ondata ancora più grande di resistenza e di scontro con lo stato spagnolo. Siamo passati da avere 9 prigionieri politici durante due anni ad averne di colpo 36 e possiamo già vedere che tutto è cambiato. Immaginate che tra poco ci siano centinaia di prigionieri catalani, accusati di cose insignificanti e peregrine, condannati applicando il codice postale (non il codice penale) –ciò significa che la stessa cosa fatta a Barcellona porta al carcere mentre che se la fai a Siviglia implica, al massimo, una multa.
Come reagirà la piazza? Potete immaginare in che modo un comportamento così autoritario e capriccioso dinamiterà ancora di più la leggitimità dello stato spagnolo e impedirà qualsiasi distensione? Potete immaginare quale spinta darà una farsa giudiziaria come questa alla coscienza che dobbiamo vincere e imporre l’unilateralità perchè l’alternativa è una dittatura giudiziaria, senza controllo con la politica tradizionale?
In queste ultime ore, dopo il successo del Tsunami paralizzando l’autostrada AP-7 e la frontiera tra Guipuzcoa e Lapurdi, la parte che rimane viva del regime in Catalunya, sempre meno numerosa ma molto rumorosa, si è buttata in una campagna isterica di criminalizzazione delle mobilitazioni, cosa che denota più che altro, una paura notevole e consistente. Di perdere. Li capisco ma non provo alcuna pena per loro: erano stati avvisati che giudizializzando il processo la perdita di controllo del treno-stato li avrebbe portati allo schianto, prima o poi.
E gli errori si pagano.
* traduzione Àngels Fita-AncItalia
https://www.vilaweb.cat/noticies/pendent-ferroviari-espanyol-editorial-vicent-partal/