La sede del comando generale della Guardia Civil a “Tres Cantos”

La sede del comando generale della Guardia Civil a “Tres Cantos”, una buona allegoria dello stato spagnolo

Vilaweb.catTamara Carrasco – 13.11.2019

 

Fuori c’è il prato, alberi, arbusti, fiori, palazzi per persone di un livello socioeconomico medio-alto, una buona immagine tutto sommato. Ma quando attraversi la porta e metti un piede dentro, ti accorgi di un retrogusto rancido, di imperialismo castigliano, di glorie passate. Vecchio, trascurato ma, certo, tutto pieno di bandiere “rojigualdas” (giallorosse) e di ‘todo por la patria’ (tutto per la patria).

(un blocco di cemento con un materasso di circa 8 cm. di spessore ricoperto di cuoio) e una coperta degna della serie ‘Cuéntame’ (ambientata negli ultimi anni del franchismo).

La luce giallognola di fluorescente e la vernice nuova, nel tentativo di apparire neutra. Ma i molti strati di vernice applicati non riescono a eliminare quella sensazione che ti entra dentro nei pori, e si attacca come il catrame. Non possono nascondere il terrore che hanno ospitato quelle prigioni durante decadi. Chiunque abbia calpestato quelle carceri, o quelle della Via Laietana di Barcellona o tante altre, sa di quale sensazione parlo.

Il suono della porta chiudendosi dietro di te è spaventoso. Un suono che segna il limite della tua libertà e che non dimentichi mai più. Il peggio accade ogni volta che si apre la porta, quando salta l’allarme interna: chi è? cosa vuole? dove mi portano? Là dove non dormirai nè si spegnerà la luce se loro non vogliono, dove non saprai se sono le tre del pomeriggio o del mattino…

In mezzo, c’è un baracchino vetrato dove si trovano i carcerieri. Dove conservano i tuoi effetti personali, dove ti permettono di fare una sola telefonata vigilata. Dove ascoltano la partita del Real Madrid mentre tu cerchi di capire cosa è successo senza crollare.

Vicino al baracchino, sulla destra, c’è il bagno dove ci vai sempre in compagnia, senza carta, senza assorbenti, senza asciugamani, da dove l’acqua esce congelata oppure bollente.

Siamo molte persone, centinaia direi, che siamo passati per quelle celle durante tutti questi anni. Persone che hanno sofferto l’assalto del regime del 78 (quindi, dopo la morte di Franco, nella cosiddetta democrazia “modello” spagnola), che furono torturate per essere considerate dissidenti politici o un pericolo per lo statu quo. Vi parlerò soltanto di tre persone che, come me, sono passate da qui:

Ramon Piqué fu detenuto nel 1992 (quindi, in piena “democrazia”?!) durante l’operazione Garzón, accusato di appartenere all’organizzazione Terra Lliure. Faceva parte del Commitato di Solidarietà con i Paesi Catalani e del Movimento di Difesa della Terra.

Lo tennero in piedi durante tantissime ore, gli misero una borsa di plastica in testa per asfissiarlo, lo colpivano con una guida telefonica sulla testa e gli misero degli elettrodi sulle mani. Volevano che imparasse a memoria la dichiarazione da fare davanti al giudice Baltasar Garzón. Ramon denunciò lo stato spagnolo a Strasburgo per torture. Nove anni dopo, il Tribunale Europeo dei Diritti Umani condannò la Spagna per non aver aperto un’inchiesta sulle torture denunziate. Vi ricorda qualcosa?

Nekane Txapartegui fu arrestata nel 1999 accusata di appartenere a ETA. Anche a lei misero una borsa di plastica in testa, puntandole una pistola alla tempia, la percossero, volevano che confermasse una dichiarazione che loro avevano già pronta per lei. Non volle dichiarare e come risposta fu violentata perché non potesse partorire dei terroristi.

Ferran Jolis fu arrestato il 23 settembre 2019 durante l’operazione Giuda. Faceva parte dei CDR, Commitati di Difesa della Repubblica. Accusato di appartenere a una banda terrorista e di possesso di esplosivi, tra le altre accuse. Questo caso è più vicino a noi, più recente.

Intenzionalmente, alcuni giorni fa, hanno fatto vedere una videoregistrazione della dichiarazione che ha fatto davanti al giudice, non so dove. Nemmeno il suo avvocato poteva accedere a queste registrazioni nè a una parte della pratica sotto segreto istruttorio.

Queste dichiarazione hanno creato molta agitazione, confusione, senso di tradimento… Io invece ho sentito molta tristezza, sapevo cosa c’era dietro a quelle parole.

Sia Ramon che Nekane, Ferran e io stessa crediamo fermamente nella nostra innocenza e nella leggitimità dei nostri principi e idee. Ma, soprattutto, credevamo che i nostri avrebbero creduto nella nostra innocenza (dagli altri, non ci aspettavamo nulla). Che non ci saremmo sentiti giudicati per fare o dire qualcosa in una situazione così violenta.

Questo è il ‘prendiamoci cura di noi’, compagni, non giudicate senza mettervi nella pelle degli altri, non leggittimate un montaggio della polizia. Nel Paese Basco sanno molto bene come funziona tutto questo: in cella ci sono delle condizioni e, fuori, ce ne sono altre.

….

Smontiamo l’operazione Giuda con amore, fiducia, empatia e solidarietà verso i nostri compagni. Che dichiarino che hanno ammazzato Kennedy, che dichiarino quello che vogliono o che non lo facciano, per questo hanno un gruppo di avvocati qua fuori, con una strategia giuridica, per sistemare tutto.

Ma qua fuori, la risposta deve essere un blocco indistruttibile e incorruttibile verso di loro: non siete soli. ‘Siamo un solo popolo’, che il mòtto valga per tutti, per favore

 

* traduzione  Àngels Fita-AncItalia

 

https://www.vilaweb.cat/noticies/opinio-tamara-carrasco-comandacia-general-guardia-civil-tres-cantos/

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