Vilaweb.cat – Vicent Partal -Editoriale- 26.09.2019
Il responsabile della violenza in Catalogna è colui che impedisce alla politica di essere uno strumento per risolvere il conflitto. Lo stato spagnolo, quindi. Ed è importante da tenerne conto e bisogna assimilarlo soprattutto oggi, quando si vuole fabbricare un’immagine artificiale del movimento indipendentista. Fabbricazione che, per il momento, ha avuto come prima conseguenza un aumento del numero di prigionieri politici catalani: ora ce ne sono altri sette in più.
Ecco perché ora non è il momento di indignarsi o di litigare rivendicando, di fronte alle menzogne, ciò che è ovvio: il carattere pacifico e democratico del movimento. Né ora è il momento di discutere di ciò che hanno fatto o di ciò che non hanno fatto gli arrestati e carcerati, indipendentemente dalle accuse. Perché fare questo significherebbe cadere nella trappola del totalitarismo.
Oggi, quando sette prigionieri politici catalani hanno trascorso la prima notte in prigione, è tempo di denunciare insieme e con più forza che mai i comportamenti dello stato spagnolo. Ed è tempo di ricordare che, dal 2010, sempre e in ogni occasione, la risposta propositiva e democratica del parlamento della Catalogna per esercitare il diritto all’autodeterminazione indicato come la strada per risolvere il problema nazionale catalano, ha ricevuto dalla Spagna solo la risposta dell’imposizione e la violenza. Solo e unicamente. Evitando ogni possibilità di dialogo e di trattativa sempre. Questo, e nessun altro, è il fatto sostanziale.
Lo statuto vigente, origine della crisi, non è stato votato dalla popolazione né approvato dal parlamento, ma è stato imposto irregolarmente da un tribunale (n.d.t. violando la stessa costituzione spagnola tanto invocata). La presidentessa del parlamento della Catalogna è in prigione per aver permesso un dibattito, il compito più sacro che gli era stato affidato. Due dei leader sociali più amati del paese, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, sono incarcerati per aver cercato di incanalare la risposta popolare e spontanea verso un’aggressione ordinata dal governo spagnolo: l’assalto al Dipartimento di Vice Presidenza da parte della Guardia Civile.
E sei membri del governo, a cominciare dal vice-presidente Junqueras, rimangono in prigione per aver adempiuto il loro dovere verso gli elettori e aver tentato di risolvere la crisi istituzionale democratica, la grave crisi istituzionale che lo stato spagnolo ha aperto colpendo lo statuto. E ancora, dopo il colpo istituzionale incentivato da Mariano Rajoy e Pedro Sánchez con l’applicazione dell’articolo 155, il 130° presidente della Generalitat, alcuni consiglieri e attivisti sociali sono in esilio. E, in pratica, ogni giorno la polizia arresta o minaccia dei militanti indipendenti.
La violenza in Catalogna è stata esercitata e si esercita in modo permanente dallo stato spagnolo. Milioni di persone non dimenticheranno mai la violenza ricevuta durante il referendum del primo ottobre, il terribile attacco di quelli in divisa contro le urne e contro gli elettori.
Denunciare fermamente questa violenza istituzionale e permanente dello stato spagnolo è, dunque, la chiave di tutto. E spostare l’attenzione per discutere di qualsiasi altra cosa è semplicemente seguire il gioco dei violenti.
È molto semplice: comportatevi come in una democrazia e il problema finirà. Lasciateci votare, concordiamo come farlo, rispettate i diritti democratici della popolazione, liberate i prigionieri, permettete il ritorno degli esiliati, fermate la repressione e il conflitto sarà risolto entro poche ore.
In questo contesto, dobbiamo sapere che le accuse di terrorismo sono pianificate, orchestrate e perverse. Non solo pretendono che una parte dei cittadini possa dubitare e si discosti dalla difesa di coloro che sono vittime di aggressioni, ma in più e al di sopra di ogni cosa, vogliono coprire e giustificare la violenza precedente, costante e permanente che lo stato spagnolo esercita contro i cittadini della Catalogna.
Di questo si tratta e per questo non possiamo sbagliare bersaglio.
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*traduzione Àngels Fita-AncItalia