Signor Sánchez, queste sono le quattro cose che ho imparato
Vilaweb.cat – Vicent Partal – 23.07.2019
Il candidato alla presidenza del governo spagnolo, Pedro Sánchez, non è riuscito a essere investito ieri. Non è strano, poiché aveva insultato e disprezzato coloro che praticamente gli regalavano il voto. Alcuni degli interventi del leader del PSOE, infatti, erano così eccessivi che passeranno alla storia dell’infamia parlamentare. Chiedere a Podemos (sinistra) di fare un patto con Vox, Ciudadanos e PP (destra e estrema destra) con la sola argomentazione che in questo modo i quattro partiti raggiungerebbero la maggioranza sufficiente, non è soltanto offensivo ma è una provocazione assoluta. E prendere in giro subito dopo il deputato catalano Gabriel Rufián, chiedendole se è riuscito a imparare qualcosa dalla repressione, è crudele e indegno, improprio di un democratico.
Non posso rispondere al posto di Rufián o di nessuno. Ma posso rispondere alla domanda del candidato alla presidenza della Spagna. Perché io so benissimo quello che ho imparato:
Primo: Ho imparato che la Spagna può essere sconfitta. Fu sconfitta il 1° ottobre 2017, in modo clamoroso. C’erano le urne, c’erano le schede elettorali, c’erano i seggi elettorali, c’erano gli elettori, nonostante i servizi segreti dello Stato, la polizia, l’Ibex 35 e la quinta colonna. E non poterono impedirlo, né poterono impedire alle persone di difendere la democrazia dall’attacco delle divise, denudando il regime di fronte alle telecamere di tutto il mondo. Se oggi la repubblica è solo stata proclamata nel Parlamento catalano, non è perché la Spagna sia mai riuscita a sconfiggerla, ma per delle mancanze del governo della Catalogna. In questo processo, al momento, la Spagna accumula soltanto sconfitte: è stata sconfitta il primo ottobre e il 3 ottobre (sciopero generale), e anche il 27 ottobre e poi ancora il 21 dicembre, e questo ha fatto crollare il piano previsto. E lo stato è uscito sconfitto in tutte le elezioni che si sono svolte da allora. La Spagna è stata sconfitta in Belgio, in Scozia, in Svizzera e soprattutto in Germania, con una sentenza devastante. Sono, semmai, gli errori del nostro campo, che le hanno permesso di respirare e di rimanere in vita.
Secondo: ho imparato che la Spagna è irriformabile e non può presentare alcun progetto alternativo all’indipendenza o alla sottomissione. Dispiace per delle persone nobili e oneste, come Jaume Asens, che insistono ancora sul fatto che esiste un’altra Spagna possibile. Ma non esiste. Alcuni pensavano che l’indipendenza era contro il PP, contro il residuo diretto del regime di Franco, ma si faceva anche, e questo lo vediamo sempre più chiaramente di giorno in giorno, contro un Partito socialista che, su questo tema, non si discosta minimamente dal suo antagonista. A Madrid, ad eccezione di Podemos, e non sempre, non capiscono il problema né hanno alcuna intenzione di risolverlo. Pensano soltanto alla sottomissione e alla resa. Così ossessivamente, che anche quando il partito ERC (sinistra repubblicana) è disposto a fare qualsiasi cosa pur di salvare i propri interessi, Sanchez reagisce dandole delle sculacciate (paf, paf, hai imparato qualcosa?) invece di reagire con la politica. Non c’è niente da fare, è indipendenza o sottomissione. E la sottomissione non ci sarà.
Terzo: ho imparato che preferisco mille volte un paese senza buoni politici piuttosto che eccellenti politici che non hanno una patria.… E lo dico con il massimo rispetto per loro e per tutto ciò che di positivo hanno fatto e per i costi che hanno dovuto pagare. Ma in questi anni abbiamo visto chiaramente come il meglio della nostra società esplodeva nelle piazze, superando la classe politica. E abbiamo anche visto come la classe politica, il partitismo più malato, ci ha messo in un buco dal quale solo ora iniziamo a capire che dobbiamo uscirne rapidamente. Un consiglio, quindi, signor Sánchez: non credere necessariamente che ciò che vedete e vi dicono a Madrid sia ciò che la società catalana sente e pensa. O un giorno potreste rimanerne sorpreso.
E infine, Quarto: ho imparato che in questa lotta ci colpite molto duramente e ci fate molto male, ma anche voi prendete i nostri colpi (eccome!), come se fossimo in un epico e bel combattimento di boxe. Avete convocato tre elezioni in quattro anni, che potrebbero facilmente diventare quattro, due investiture fallite, che potrebbero facilmente diventare tre, una mozione di censura, più di un anno di governo provvisorio e più di un anno senza legge di Bilancio. Le fogne del potere sono state aperte e la puzza impregna tutto. Per cercare di dominarci, avete tritato la democrazia, con una giocata che potrebbe finire uno di questi giorni con le vostre ossa in carcere – o cosa ne pensa lei di tutta questa banda e del loro piano per sconfiggerci, ora che hanno imparato che un giudice può infrangere qualsiasi regola e limitazione? Forse non sarete mai presidente del governo, signor Sanchez; almeno, non eletto con i voti della popolazione. E se foste più prudente, vi converrebbe pensare che è facile intraprendere il percorso di Mariano Rajoy, quell’onnipotente promotore dell’articolo della repressione n° 155, finito rinchiuso in un ristorante per ore e ore, a bersi la caduta, dopo essere rimasto, grazie appunto al 155, senza rete di sicurezza che potesse fermarlo.
Chiede se abbiamo imparato qualcosa, signor Sánchez? Lei non sa quanto!.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
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