L’imam di Ripoll, doppio agente del CNI e di Al-Qaeda?
El Nacional.cat – Roger Heredia – Barcelona. Dijous, 18 de juliol de 2019
La terza puntata del giornale Público rivela nuovi dettagli sulle indagini degli attacchi terroristici in Catalogna e incrementa l’evidenza che lo Stato spagnolo ha mentito deliberatamente. L’imam della cittadina di Ripoll e il Centro Nazionale d’Intelligence (CNI) lavoravano a stretto contatto da anni. Abdelbaki es Satty, cervello e autore intellettuale del massacro sulla Rambla, era un confidente del CNI fino al giorno degli attentati.
Il frutto di un anno di rigoroso giornalismo d’inchiesta, di Carlos Enrique Bayo, è stato quello di portare alla luce alcuni dettagli rilevanti dell’indagine grazie all’accesso a documenti riservati e ai contatti con fonti di intelligence. I primi tre articoli – di un totale di cinque – hanno colpito profondamente la politica e la società catalana. Stranamente -o non-, a Madrid c’è l’assoluto silenzio informativo sull’argomento. Coincidenza? L’informazione che è venuta alla luce è uno scandalo di proporzioni incalcolabili che avrebbe fatto cadere qualsiasi democrazia, paese o stato.
La prima volta che si hanno notizie di Abdelbaki es Satty, noto come imam di Ripoll, è nel 2006. Il suo legame con l’organizzazione terroristica dedicata al narcotraffico e alla radicalizzazione jihadista non fu sufficiente per essere uno degli undici arrestati nell’operazione Chacal. Es Satty rimase impunito, nonostante fosse considerato un discepolo di Mohamed Mrabet, cervello di questa organizzazione terroristica legata ad Al-Qaeda -condivideva con lui l’appartamento nella città di Vilanova i la Geltrú- e malgrado il suo nome si trovasse tra i documenti recuperati nell’attacco terrorista del 11 Marzo di Madrid.
Es Satty fu arrestato nel porto di Ceuta il 1° gennaio 2010 per aver tentato di introdurre 121 chili di hashish in Spagna. Il rapporto tra CNI ed Es Satty inizia quando gli agenti del CNI e della Guardia Civile lo incontrano – fino a quattro volte – nel carcere di Castelló, tra aprile 2012 e marzo 2014. Es Satty restò soltanto 4 anni in prigione. E finirà come imam della più grande moschea di Ripoll.
L’informazione rivelata da Público evidenzia che il contatto tra il CNI e l’imam di Ripoll esisteva da tempo in modo permanente. Il nome di Es Satty fu eliminato dal registro centrale degli informatori del CNI solo il 18 agosto 2017, un giorno dopo il massacro sulla Rambla. Il sistema di “dead mailbox” creato da Osama Bin Laden per comunicare con Al-Qaeda dimostra che l’imam di Ripoll e il CNI lo usavano anche per comunicare tra loro. I documenti trovati tra i detriti dell’esplosione nella villetta di Alcanar e i due messaggi del CNI nella cartella “bozze” lo confermano. Nel giugno del 2017, due mesi prima degli attentati, il secondo messaggio del CNI rimane senza risposta. E’ forse allora che il CNI si rende conto che qualcosa non sta andando bene?
Perché sono intercettati i telefoni di tre dei sei terroristi di Ripoll? Chi ha fornito l’informazione? Nessuno di loro aveva precedenti penali. L’informatore era Es Satty e lui invece ne era escluso? Il resto dei membri della cellula terroristica sono stati accuratamente investigati, monitorati in tutta Europa durante i loro viaggi in Francia, Belgio, Svizzera e Germania. I servizi segreti spagnoli sapevano perfettamente dei ricorrenti viaggi del veicolo Audi A3 tra Ripoll e Alcanar e che stavano fabbricando esplosivi in entrambi i siti.
E perché i Mossos d’Esquadra (polizia catalana) non ne sapevano nulla? Perché quando i Mossos d’Esquadra indagano sull’esplosione di una casa in Alcanar, nessuno li informa delle indagi
del CNI? Il CNI conosceva perfettamente l’intenzione di attaccare in modo imminente in Catalogna e non informò la polizia catalana, perché? Perché ai Mossos d’Esquadra non è stato consentito l’accesso al Centro di Intelligence Contro il Terrorismo e il Crimine Organizzato (CITCO) fino a molti mesi dopo l’attacco in Catalogna?
La politica lo sa. Jorge Fernández Díaz, il ministro dell’Interno di allora, che cospirava contro i leader e i partiti indipendentisti insieme alla polizia patriottica e alle “fogne” dello Stato, fu colui che ordinò di bloccare l’accesso alle informazioni verso la polizia catalana, attraverso il suo uomo di fiducia, José Luis Olivera, allora direttore del CITCO. Olivera ordinò il blocco dei Mossos d’Esquadra per accedere alle banche dati della polizia sul jihadismo internazionale di Europol e di Interpol. E c’è ancora di più. Il direttore del CITCO ordinò alla polizia nazionale di informare i terroristi di Terrassa che i servizi segreti dei Mossos d’Esquadra li stavano osservando durante l’operazione Caronte, un’azione che metteva in pericolo la stessa sicurezza degli agenti.
Ma l’operazione di Stato non finisce qui. Lo stato non poteva digerire il successo dell’operazione Cronos ¹ coordinata dal maggiore Josep Lluís Trapero e dal ministro Joaquim Forn. Mariano Rajoy non poteva riconoscere che quello che considerava una “polizietta regionale/autonomica” riuscisse a prendere e abbattere l’ultimo terrorista rimasto, Younes Abouyaaqoub. Lo stesso giorno dell’attentato, la notizia che la CIA aveva avvertito della minaccia di un possibile attacco imminente a Barcellona fu usata dai media del nazionalismo spagnolo per accusare di passività i Mossos.
Perché proprio lo stesso giorno dell’attacco vengono filtrate queste informazioni? Volevano coprire qualcosa con questa cortina di fumo? Il partito Ciudadanos chiese una commissione d’inchiesta nel Parlamento spagnolo per indagare sulla condotta dei Mossos durante gli attacchi terroristici. Ma non ci riuscì.
PP, PSOE e Ciudadanos posero il veto alla proposta dei partiti catalani ERC e PDeCAT di creare una commissione d’inchiesta sugli attentati. Lo stato aveva qualcosa da nascondere? Invece il Parlamento della Catalogna l’ha approvata, ma si sono rifiutati di comparire Soraya Sáenz de Santamaría, Juan Ignacio Zoido, Alfonso Dastis, José Manuel García-Margallo, Enric Millo, María Dolores de Cospedal e Mariano Rajoy, così come Felix San Roldán, ex direttore del CNI.
Invece ci è andato, la scorsa settimana, José Antonio Nieto, ex Segretario di Stato per la sicurezza. Un intervento delirante, nel tono e nella forma, soprattutto per accusare ai Mossos d’Esquadra di non aver controllato la radicalizzazione dell’imam di Ripoll. Nieto, ancora una volta, ha mentito.
Lo stato spagnolo nascose la radicalizzazione dell’imam di Ripoll per puro patriottismo.
Una commissione d’inchiesta che è servita a confermare che la polizia nazionale visitò più volte la moschea prima dell’attentato chiedendo dove si trovasse Abdelbaki es Satty, come ha spiegato Hamid Barbach, segretario della moschea Annour di Ripoll.
Molte incognite da risolvere. Resta dimostrato che il CNI aveva monitorato i movimenti della cellula terroristica fino a pochi giorni prima dell’attacco. Il CNI sapeva che in Alcanar si fabbricava l’esplosivo TATP. Cosa andò storto? L’imam di Ripoll era un doppio agente? Lavorava contemporaneamente per il CNI e per Al-Qaeda? L’imam di Ripoll ingannò il CNI? L’esplosione della casa di Alcanar fu un incidente? Il CNI ne era coinvolto?
Martedì prossimo 23 luglio, Carlos Enrique Bayo comparirà nella commissione d’inchiesta del Parlamento catalano. Pedro Sánchez rimane con la testa nascosta sotto la sabbia e senza riconoscere il fallimento dell’intelligence spagnola.
Vittime, parenti e cittadini meritano una risposta.
¹ operazione aprontata dalla polizia catalana per anientare il comando jihadista
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.elnacional.cat/ca/opinio/roger-heredia-imam-ripoll-agent-doble-cni-qaeda_404788_102.html