Centro Studi Dialogo 12.03.2019
CATALUNYA – OPINIONI – INTERNET, UNA FINESTRA SUI MONDI PARALLELI – di Alberto Schiatti
(immagine del cartoonist Jordi Calvís – pubblicata su http://www.fotlipou.com/ )
Spesso assistiamo a dibattiti pubblici o a discussioni private sul significato dell’utilizzo di Internet e sulla sua problematicità. Certo esistono problemi, esistono abusi, esistono gestioni scorrette di questo strumento che , pian piano, è andato ad occupare spazi importanti nella nostra vita.
Ma non possiamo negare l’utilità di Internet: siamo connessi con il mondo intero e in tempo reale possiamo seguire avvenimenti che, in passato, ci sarebbero stati raccontati dalla stampa in modo più o meno legato alla realtà. Ora non è più così, grazie allo streaming siamo nelle piazze, nelle strade, in mezzo a popoli che festeggiano o che protestano, viviamo in modo diretto gioie, dolori, atrocità. E possiamo entrare anche in luoghi che, sia per distanze che per opportunità, ci sono state sempre preclusi.
Come le aule di un tribunale, e non un tribunale qualsiasi, ma un Tribunale Supremo di uno Stato, dove si giudicano imputati che vivono sulla loro pelle la minaccia di una condanna pesantissima, alcune decine di anni di carcere, per reati altrettanto gravissimi a loro attribuiti.
E’ evidente a tutti che ci riferiamo a quanto sta accadendo a Madrid, all’interno del maestoso palazzo dove ha sede il Tribunal Supremo spagnolo che ha messo alla sbarra i leaders indipendentisti catalani, esponenti della politica o dell’associazionismo, colpevoli secondo l’accusa di ribellione, sedizione, violenze ed altre nefandezze accessorie.
Grazie alle telecamere e alla ritrasmissione in rete, possiamo vivere al loro fianco (non lo nascondiamo) il dibattimento che si sta svolgendo in questi giorni e possiamo valutare in modo totalmente autonomo la questione.
Ed ecco che un primo pensiero attaversa la nostra mente: stiamo assistendo, come nelle migliori pellicole cinematografiche del genere, alla dimostrazione dell’esistenza di due mondi paralleli: quello dell’accusa e quello degli imputati e dei loro difensori.
E fino a un certo punto non ci possiamo stupire più di tanto: è ovvio che in qualsiasi dibattimento giudiziario ci siano due opposti modi di valutare i comportamenti e le azioni, a seconda di quale parte si rappresenti. Ma, mentre quasi sempre quanto è avvenuto e ha causato l’imputazione rimane nella sfera della versione ufficiale dei fatti, qui, sempre grazie agli strumenti di comunicazione che Internet ci offre, il mondo intero ha assistito, nell’ autunno del 2017, a quanto avveniva nelle strade e anche nei palazzi della politica della Catalunya.
Il mondo intero ha assistito ai dibattiti al Parlament di Barcelona, con spazio democraticamente lasciato a chi era contrario all’indipendenza.
Tutti abbiamo assistito al travaglio, anche interiore, dei leaders politici catalani, stretti tra una piazza estremamente rivendicativa e il pericolo di una repressione, anche armata, che Madrid poteva scatenare da un momento all’altro.
Ogni persona, anche in disaccordo con le tesi catalaniste, ha potuto assistere, con un sentimento che passava dallo stupore all’indignazione, alle violentissime cariche della Guardia Civil e della Policia Nacional contro manifestanti non-violenti e soprattutto contro indifesi cittadini che volevano solo esercitare uno dei diritti democratici fondamentali, quello di votare e di scegliere quindi il proprio futuro attraverso le urne.
Qualsiasi persona che si interessa un minimo di quanto avviene fuori dalla sua porta di casa conosce quanto è avvenuto prima e dopo questi fatti, con perquisizioni in pubblici uffici, arresti e mandati di cattura internazionali nei confronti degli esponenti di associazioni culturali, della politica o anche solo dell’amministrazione pubblica catalana.
Persone che, come nel caso dei cosiddetti “due Jordis” (Jordi Cuixart e Jordi Sanchez, rispettivamente presidenti di Omnium Culturale e di Assemblea Nacional Catalana), sono in carcere preventivo da più di 500 giorni. Oppure, come nel caso del President catalano Carles Puigdemont e di altri esponenti della politica, sono costretti all’esilio per poter far sentire all’estero la voce dell’indipendentismo, o anche solo della libertà d’espressione politica.
Ed ecco che appare il secondo “mondo parallelo”: quello dei giudici del Tribunal Supremo, quello della Fiscalia, quello in poche parole di una Spagna centralista e nazionalista che non vuole arrendersi, nonostante la facciata di una Costituzione “democratica”, al fatto che esistano al suo interno Nazioni differenti e che ognuna di queste abbia il diritto di esprimere il proprio dissenso.
Una Spagna che ancora si richiama al motto franchista “Una, Grande y Libre!” e che poggia, oggi come allora, su Monarchia, Forze Armate e poteri economici. E che grida “a por ellos”, applaudendo le Forze di Polizia in partenza verso la Catalunya e incitandole a reprimere in modo violento “i ribelli”. Una Spagna che non è cambiata, nonostante il maquillage della Costituzione del ’78 e la cosiddetta “transizione” dalla dittatura alla democrazia, quella che numerosi esponenti politici baschi e catalani hanno sempre definito “la grande truffa”.
E in questo “mondo parallelo” assistiamo ogni giorno, durante il dibattimento, alla negazione del fatto che tutto ciò che è avvenuto si possa catalogare nel mondo della politica e che quindi sia la politica che deve dare risposte. Ecco quindi che una delle accuse principali rivolte ai “due Jordis” sia quella di aver danneggiato dei veicoli della Guardia Civil, salendo sui tetti per invitare la folla a defluire in modo ordinato; che quella nei confronti di Carme Forcadell, ex presidente del Parlament di Barcelona, sia quella di aver autorizzato votazioni in questo consesso pubblico; che quella nei confronti di altri esponenti catalani sia di aver utilizzato fondi pubblici o il loro incarico pubblico per organizzare un Referendum, deciso e approvato con votazioni negli organi competenti.
Particolarmente ridicole sono state poi le deposizioni dei responsabili delle Forze di Polizia spagnole, che hanno sostenuto che le stesse in quei giorni si sono trovate di fronte “muri umani violenti”, che arrivavano a versare detersivi liquidi a terra, per far scivolare gli agenti, e che, secondo relazioni di servizio, qualche agente ha subito la frattura di qualche dito. O che funzionari che eseguivano perquisizioni in uffici pubblici catalani hanno dovuto accontentarsi di mangiare qualche “boccadillo” , invece di uscire a pranzare, per paura di violente ritorsioni.
Una visione da mondo parallelo, come dicevamo, smentita anche in questo caso da quanto il mondo intero ha visto in quei giorni in diretta dalle vie catalane, con manifestanti decisi, determinati, organizzati, ma assolutamente non violenti; con centinaia di feriti curati dalle strutture ospedaliere; con cariche violentissime e utilizzo di micidiali palle di gomma sparate ad alzo zero; con agenti che saltavano su uomini e donne a terra; con una popolazione atterrita che assisteva ad uno scenario degno di stati dittatoriali del terzo mondo.
E nella contrapposizione tra questi due mondi paralleli, ecco che la ritrasmissione delle udienze via internet ci offre un’altra possibilità: quella di assistere con un po’ di stupore alla difesa degli imputati, che ricordiamo sono lontani dalle loro case e dalle loro famiglie da più di un anno. Forse non eravamo più abituati, dopo aver assistito per decenni allo spettacolo indegno offerto da politici “nostrani”, dei poveri rubagalline al confronto, che con balbettii o con tecniche ostruzionistiche e dilatorie cercavano di sfuggire al giudizio. Od eravamo abituati all’eterno scarica-barile di responsabilità.
Qui a Madrid siamo di fronte a personaggi che con dignità, con coraggio e con determinazione portano avanti la strategia che Jordi Cuixart aveva anticipato anche nell’articolo che abbiamo ospitato nel numero scorso di Dialogo Euroregionalista: quella di trasformare questo processo in una sorta di “boomerang” nei confronti dello Stato spagnolo. E questo a partire dalla loro dichiarazione iniziale: “Siamo prigionieri politici, non politici prigionieri”. Una frase che riassume tutto: voi non state mettendo sotto processo degli individui per il loro comportamento, giusto o sbagliato che possa essere, ma state mettendo sotto giudizio un’Idea, delle scelte politiche, un sentimento Nazionale che noi interpretiamo, una voglia di libertà che non potrete reprimere. Anche se ci condannerete, non importa, la nostra è una testimonianza di libero pensiero, e questo non potrete reprimerlo.
“#Jo Acuso”, ed anche noi accusiamo: questa Spagna retriva e autoritaria; questa Europa sorda e imbelle; questo mondo politico italiano che assiste in silenzio, ieri come oggi, a quanto avviene a poche migliaia di chilometri, nascondendosi dietro la difesa di uno status quo, e poi interviene con alterigia per quanto avviene dall’altra parte del mondo, nonostante le proprie scarsissime competenze; questo mondo dei media, che quasi sempre tace, riempiendosi poi la bocca di concetti come libertà di stampa o di informazione; ma anche l’opinione pubblica che, salvo sporadici casi, fa finta di non vedere, di non sentire, di occuparsi d’altro, e non capisce che quello che avviene oggi a Madrid potrebbe avvenire (e sotto sotto sta spesso già avvenendo ) in altre parti d’ Europa, con la repressione del dissenso e dei sentimenti di identità nazionale che stanno pian piano emergendo sotto la coltre di nebbia, dopo il crollo dei blocchi ideologici.
Noi accusiamo e siamo, senza se e senza ma, al fianco degli imputati e di tutto un Popolo, che sta tracciando una strada per tutti noi. Questa è fondamentalmente la sua colpa nei confronti delle oligarchie politiche ed economiche: quella di essere un faro per tutti gli altri Popoli d’Europa, di costituire un pericoloso esempio da seguire; quella di essere la prima tessera di un domino che potrebbe finalmente portare a quello che tutti coloro che ci seguono si auspicano.
L’Europa delle Nazioni, quell’Europa unita nelle sue differenze, nel reciproco rispetto, senza costruzioni statuali ormai decrepite. L’unica soluzione per poter far fronte ai grandi blocchi politico-economici che la globalizzazione ci serve ormai nel piatto e per poter dar efficaci risposte a vicini Popoli che, al di là del Mediterraneo, chiedono di accedere ad una vita più degna.
Visca Catalunya, Visca la Llibertat
Alberto Schiatti
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Posted in La questione catalana