Caos catalano, la parola agli indipendentisti

 
Caos catalano, la parola agli indipendentisti: “Siamo diventati il capro espiatorio della Spagna, l’Italia e l’Europa ci diano una mano”
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Alfed Bosch, ministro degli esteri della Generalitat catalana: “Dare a noi la colpa dell’ascesa dell’estrema destra è come dire che i sovranisti prendono tanti voti per colpa dei migranti. La nostra colpa è esistere? Vogliamo far scegliere democraticamente il popolo”
606Andrea Fioravanti Giornalista professionista
www.linkiesta.it     18.02.2019
 
Da almeno due anni i partiti indipendentisti catalani sono diventati il capro espiatorio della politica spagnola. Il premier Pedro Sanchez li incolpa di aver fatto cadere il governo perché hanno bocciato la legge di bilancio come ripicca per non aver avuto un segnale di distensione nel negoziato sull’indipendenza. Il Partito popolare non vuole trattare con loro per non legittimarli. E addirittura il partito di estrema destra Vox ha promesso di modificare la Costituzione per togliere per sempre l’autonomia della Catalogna. Nel frattempo i sette leader separatisti che tentarono la secessione nell’ottobre del 2017 sono in carcere, e Carles Puigdemont, ex presidente della Generalitat e per qualche giorno capo della “Repubblica Catalana”, vive da esule a Bruxelles. Sono in tutto dodicii separatisti accusati di ribellione, appropriazione indebita e disobbedienza. Martedì è iniziato a Madrid il processo e rischiano 25 anni di carcere.240px-Alfred_Bosch_retrat_oficial_2018
A Barcellona è rimasto Alfred Bosch consigliere degli Affari esteri del Governo catalano, uno degli ultimi leader indipendentisti a piede libero. «Chiediamo al governo italiano e a quelli europei di far rispettare in Spagna i diritti umani. Dovete permettere ai catalani di votare senza essere picchiati dalla polizia e di non essere messi in carcere per le proprie idee. Il diritto al voto non può essere un crimine».
Ecco Bosch, partiamo dal voto. Il governo Sanchez ha indetto le elezioni anticipate per il 28 aprile dopo che avete bocciato la sua legge di bilancio. Gli osservatori politici dicono che è stata una ripicca perché il premier non ha nominato un mediatore per risolvere la questione catalana.
Chiariamo una cosa: è stata una decisione di Pedro Sanchez e solo sua. Solo lui può indire nuove elezioni, non certo io. La verità è che ha voluto forzare la mano. Ma aveva tante opzioni differenti sul tavolo.
Quali?
Continuare a prorogare il vecchio bilancio fino al 2020 come ha fatto negli ultimi mesi. Oppure continuare a dialogare con noi repubblicani nel negoziato per trovare una soluzione democratica. Ovvero quello che ha concordato a dicembre in un comunicato congiunto con il presidente della Generalitat, Quim Torra.
Perché secondo lei Sanchez ha indetto nuove elezioni?
È stato un calcolo politico. Lo rispettiamo, però non date la colpa a noi. Chiedevamo solo un mediatore internazionale che trovasse un punto d’incontro tra Madrid e Barcellona. E poi pretendiamo quello che ci è stato promesso a dicembre: di poterci sedere a questo benedetto tavolo del negoziato.
Voi volete l’indipendenza, il governo Spagnolo no. Cosa può cambiare un negoziato, seppur democratico?
Tutto. Può far trovare una soluzione politica da presentare agli elettori e come in tutte le democrazie far decidere al popolo con un voto. Ma almeno parliamone. Sediamoci insieme a un tavolo e creiamo un clima di fiducia. Così potremo parlare di questa e altre cose.
Mi permetta di tradurre dal politichese: se il governo avesse aperto al negoziato avreste approvato la legge di bilancio.
Forse. Ma il governo socialista ha deciso di rimangiarsi la promessa e di non voler più discutere dell’indipendenza con noi e di andare alle elezioni. Forse Sanchez non ricorda che è diventato primo ministro nel giugno del 2018 anche grazie ai nostri voti.
Dopo le elezioni si riproporrà lo stesso problema. Cosa chiedete al prossimo governo?
Tre cose. La prima è il metodo: il dialogo. Senza si aumenta solo la tensione sociale. Secondo un mediatore straniero, terzo e imparziale, non coinvolto nella questione. Una persona d’esperienza che magari ha partecipato già a tavoli negoziali del genere. Terzo, una soluzione democratica. Certo dobbiamo ammettere che con Sanchez avevamo fatto grandi passi in avanti visto che il suo predecessore, Mariano Rajoy, ci ha sempre ignorato.
Il rischio per voi è che non troverete più un governo conciliante. Uno dei partiti in ascesa, Vox, addirittura ha promesso di togliervi l’autonomia.
Beh, è chiaro che non vogliamo un governo xenofobo. Ma neanche un esecutivo conservatore (il partito popolare, ndr), in molti aspetti intollerante che ha mandato la polizia a picchiare le persone, ferendone mille, solo perché avevano votato in un referendum e applaude quando si mandano i leader politici in prigione.
 

Darci la colpa dell’ascesa di Vox perché vogliamo l’indipendenza è come dire che in Europa cresce l’estrema destra per colpa dei migranti.”            Alfred Bosch

 
Siete coscienti però di essere diventati il capro espiatorio della nazione? Molti analisti imputano alla questione catalana l’ascesa dell’estrema destra.
Darci la colpa dell’ascesa di Vox perché vogliamo l’indipendenza è come dire che in Europa cresce l’estrema destra per colpa dei migranti. La nostra colpa è quella di esistere? È ingiusto e lontano della realtà. Di questo passo ci daranno pure la colpa per il buco dell’ozono. Non scherziamo, la questione catalana non è una buffonata ma un problema serio per il Regno di Spagna e tutta l’Europa. Bisogna trovare una soluzione democratica.
Chi appoggerete alle elezioni del 28 aprile?
Faremo il massimo per far votare il nostro partito Esquerra Republicana. Con la nostra forza continueremo a fare come sempre: spingere per il dialogo. Se Sanchez e i socialisti ci verranno incontro potremmo sostenerli di nuovo, ma solo in cambio di un tavolo negoziale. Il nostro dovere non è dare un appoggio a un partito ma trovare una soluzione.
E se la soluzione politica, trovata in modo democratico, attraverso il dialogo e da far votare ai cittadini fosse solo una maggiore autonomia?
Il mio partito politico si chiama Esquerra Republicana. È chiaro che io vorrei una repubblica catalana indipendente, penso che sarebbe la soluzione ideale per migliorare la vita della mia gente. Però prima di essere repubblicani siamo persone, e vogliamo che la gente faccia scelte democratiche. Per questo accetteremo tutte le decisioni che prenderà il popolo catalano.
12imputati
Martedì è iniziato il processo per dodici leader separatisti. Come sta vivendo umanamente la consapevolezza che i suoi colleghi e amici potrebbero rimanere in carcere per 25 anni?
È dura: li conosciamo da sempre, così come le loro mogli, i mariti, i figli piccoli. Non stanno passando un bel momento psicologico ma anche finanziario. Però ci consola una cosa: sapere che sono il nostro riferimento politico. Sono persone forti, fortissime, che rappresentano la nostra determinazione e promuovono gli ideali dell’Europa di Jean Monnet, Robert Schuman e Konrad Adenauer.
Loro però non si sarebbero mai immaginati una Catalogna fuori dalla Spagna.
Vero, ma come i nostri leader hanno sempre scelto la via del dialogo. E loro venivano dalla catastrofe di due guerre mondiali. Noi catalani difendiamo gli stessi valori di democrazia e tolleranza. Crediamo che l’unico modo di cambiare le cose, anche quelle che non avremmo mai previsto, si risolvono parlando e votando, non mettendo i politici in carcere.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/02/18/caos-catalano-la-parola-agli-indipendentisti-siamo-diventati-il-capro-/41117/
 

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