Vilaweb.cat – Vicent Partal – Editoriale – 12.02.2019
Oggi il Tribunale Supremo della Spagna processa, con l’accusa di ribellione e sedizione, l’Onorevole Presidente del Parlamento della Catalogna Sig.ra Carme Forcadell, l’Onorevole Sig. Oriol Junqueras, Vice-presidente del Governo della Catalogna, gli Onorevoli Ministri catalani Sigg.ri Raul Romeva, Quim Forn, Jordi Turull, Josep Rull, Dolors Bassa, Carles Mundó, Meritxell Borràs e Santi Vila insieme ai presidenti dell’associazione culturale Òmnium, Sig. Jordi Cuixart, e dell’Assemblea Nacional Catalana, Sig. Jordi Sànchez.
Ma, in realtà, oggi il Tribunale Supremo della Spagna processerà tutti noi. Le pene, già scritte prima di cominciare la farsa giuridica che inizia oggi a Madrid, cadranno su di loro e contro di loro, che avranno sempre la nostra solidarietà e il nostro supporto incondizionati. Ma questo processo, in verità, lo fanno contro una società intera, contro una nazione.
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Perché oggi il Tribunale Supremo della Spagna processa la democrazia, il rispetto della volontà popolare e la capacità di decisione dei cittadini.
Oggi il Tribunale Supremo della Spagna processa e vuole condannare milioni di cittadini che avevamo deciso che i limiti imposti alla fine del franchismo per avviare la transizione, non dovevano essere eterni. Il Tribunale Supremo della Spagna processa e vuole condannare la capacità della cittadinanza di avere autonomia di pensiero e di decidere, in base a ciò che crede sia meglio per la società.
Questo processo è un processo contro il Primo di Ottobre e contro quello che rappresentò il referendum di autodeterminazione. Il Tribunale Supremo della Spagna processa i votanti che diedero la vittoria ai partiti “Junts pel Sí” e alla “CUP”, affinché non riscaldassero le sedie del parlamento ma cambiassero le nostre vite. Processa i parlamentari catalani che lottarono per rendere possibile il progetto politico della maggioranza della Catalogna.
Ma noi tutti sappiamo che il Tribunale Supremo della Spagna processa malato di rabbia e ferito per le sconfitte che il popolo catalano inflisse in quelle giornate allo stato spagnolo, al regime putrefatto del 1978. Processa, cieco di rabbia, quelli che fecero circolare le urne e le schede di voto senza che i loro servizi d’intelligenza ne vedessero una. Processa le migliaia di eroi che misero i loro corpi per difendere i seggi elettorali, quelli che li aprirono, quelli che assunsero le funzioni ufficiali di rappresentazione del governo della Generalitat, quelli che diedero in prestito il wi-fi per permettere la connessione ai computer per il voto elettronico (n.d.t. continuamente bloccata dalla polizia e ripristinata da volontari catalani) e quelli che portarono cibo e bevande ai seggi. Processa il bellissimo movimento che fece possibile quel referendum di autodeterminazione, la fermezza pacifica del nostro paese contro il terrorismo di stato.
Il Tribunale Supremo della Spagna processa anche i sostenitori dell’unità della Spagna che andarono a votare no. E a quelli che il 3 di ottobre si unirono all’indignazione generalizzata per l’azione selvaggia delle forze di polizia spagnola. E contro quelli che scioperarono. Quelli che chiudemmo porte e finestre all’odio e alla violenza cieca. E a quelli che la filmarono e che hanno dato la loro testimonianza preziosissima per dimostrare quello che era successo. Il Tribunale Supremo della Spagna oggi inizia a processare i 1.066 feriti dalla brutalità della polizia, i 68 feriti che avevano più di 65 anni, i 13 che avevano più di 79 anni, i 432 che ricevettero traumatismi multipli, i 34 che subirono un traumatismo cranio-encefalico a causa dell’azione della polizia spagnola e dell’infame Guardia Civil durante il Primo di Ottobre.
Nella storia dei popoli ci sono dei momenti che segnano un prima e un dopo, che tracciano delle linee che restano impresse sulla pelle, marchi impossibili da cancellare. La farsa giuridica che inizia oggi a Madrid avrà questo effetto su molte generazioni di catalani. E incrementerà ancora di più il desiderio e la volontà di essere liberi, perché dimostra l’impossibilità di un accordo democratico con uno stato che potrebbe essere quello dei catalani a sud de l’Albera (n.d.t. la catalogna “spagnola”) e che, rinunciando alla democrazia e al rispetto alla pluralità, ha rinunciato a essere democratico e rispettoso.
Lo stato spagnolo ha avuto molte opportunità per frenare questa pazzia. Non volle farlo nell’ottobre del 2017, spinto dall’odio viscerale del monarca. Avrebbe potuto fermare la pazzia quando gli esiliati ottennero che la giustizia europea chiarisse che le accuse erano inesistenti, in particolare, quando i tribunali tedeschi lasciarono libero il presidente della Catalogna, il Molto Onorevole Carles Puigdemont, dopo aver comprovato che non potevano essere applicati –né a lui né al suo governo– le accuse di ribellione e sedizione chieste dalla Spagna. Lo stato spagnolo avrebbe potuto fermare questa pazzia quando Pedro Sánchez allontanò dal potere Mariano Rajoy, con il supporto gratuito, delle forze indipendentiste e delle sinistre.
Ma non hanno voluto farlo. Non hanno voluto cogliere nessuna opportunità perché, in realtà, loro sanno bene che non processano alcune poche persone, ma che tramite queste persone stanno processando tutta una nazione che ha deciso di cambiare la storia che avevano scritto altri per lei e che ha preso il futuro nelle proprie mani. Non vogliono che il Primo di Ottobre porti i suoi frutti e, soprattutto, cercano di impedire che sia un modello luminoso e alto per i baschi, i galleghi e gli spagnoli stessi.
L’esempio di dignità che il regime teme. L’esempio di coraggio, di decenza e di fiducia in sé stesso del popolo che li sconfisse il Primo di Ottobre, il 3 di ottobre, il 27 di ottobre e il 21 di dicembre, che non poterono fermare a botte e che ora non potranno fermare nemmeno con questa farsa giudiziaria credendo –ignoranti– che sarà l’ultima barriera di difesa.
* traduzione Àngels Fita – AncItalia
https://www.vilaweb.cat/noticies/judici-proces-editorial-vicent-partal/
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