I due enti bancari più importanti della Catalogna patirono una fuga di capitali miliardaria

 
Lo Stato prelevo milioni di depositi dai banchi catalani il 2-O. Amministrazioni ed imprese pubbliche spagnole punirono CaixaBank e il Banc de Sabadell dopo il 1-O
ALBERT MARTÍN / ÀLEX FONT MANTÉ    Ara.cat    05/10/2018
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La comparsa delle urne e il referendum del 1 ottobre 2017 comportarono due risposte da parte dello Stato. La prima, in pieno giorno e con migliaia di telecamere registrando, fu la repressione da parte della polizia per fermare il voto. La seconda arrivò il giorno dopo, in silenzio, sotto la consueta discrezione del settore finanziario. Ci fu una fuga massiccia di denaro da parte delle imprese pubbliche e le amministrazioni statali ai danni delle due grandi banche catalane. Secondo ha potuto sapere l’ARA, CaixaBank e Banc de Sabadell furono oggetto, il 2 di ottobre, di una forte fuga di capitali ordinata dalla politica. Era l’inizio della settimana più nera nella storia delle due entità, che si concluse con il trasferimento della loro sede legale fuori della Catalogna.
Quel Lunedi, mentre le immagini di violenza della polizia nei seggi giravano nei mezzi di tutto il mondo, le banche che presiedono Jordi Gual e Josep Oliu verificarono quale fosse la risposta del governo di Mariano Rajoy al referendum. Queste entità furono testimoni di una fuga precipitosa di prima grandezza. L’ARA ha parlato con diversi finanzieri che hanno confermato lo spostamento di denaro pubblico. Nessuna delle due banche catalane ha precisato la quantità, ma fonti finanziarie informate di ciò che successe quel giorno nei due enti con sede nell’Avinguda Diagonal di Barcellona ci danno un’idea della grandezza delle perdite.
Un imprenditore osserva che tra “Renfe, Adif, Puertos del Estado, RTVE e altri hanno prelevato 2.000 milioni di euro dal Sabadell in un solo giorno”. Un altro ha ribadito che “le agenzie statali sono state le prime a prelevare denaro, il che ha causato un effetto valanga”.
Un importante dirigente bancario precisa questa accusazione, che mette in luce il modo in cui la fuga di capitali è iniziata in quei giorni e ha portato al grande esodo delle sedi sociali delle aziende catalane al di fuori della Catalogna. Secondo la sua versione, “fino a un terzo dei depositi totali che uscirono erano soldi delle amministrazioni pubbliche e delle società controllate dallo Stato”.
L’impatto di questo massiccio ritiro di depositi fu grande. Fonti aziendali dicono che Jaume Guardiola, CEO del Sabadell, chiamò diversi presidenti di queste società pubbliche per conoscere il motivo del ritiro. I suoi interlocutori erano molto chiari: erano “ordini politici”. Era, quindi, un’azione pensata e coordinata dalla Moncloa.
Lo svuotamento dei conti durò alcuni giorni. Un’altra voce spiega la conversazione che un dirigente delle banche ebbe con il ministro dell’Economia Luis de Guindos, dopo aver verificato che un’amministrazione importante aveva prelevato i suoi depositi. “La sede è cambiata, quindi non preoccuparti,” rispose De Guindos. Nel giro di poche ore, il denaro tornò sul conto della banca.
La cifra segreta
Un lungo anno di domande ai principali dirigenti di CaixaBank e Sabadell non ha aiutato l’ARA a scoprire quale fosse la reale entità della perdita di depositi. Ma le fonti non ufficiali delle banche hanno ammesso che le cifre che sono circolate sono molto lontane dalla realtà. ‘El Confidencial’ ha parlato di 9.000 milioni tra le due grandi banche. ‘La Vanguardia’ ha ridotto questa cifra a 6.000 milioni. Durante quei giorni, dalla Banca di Spagna hanno sottolineato che “una banca può crollare con un miliardo di dollari”. L’emorragia dei depositi (escludendo ciò che potrebbero risparmiare creando conti speculari) è scioccante. Secondo ha potuto sapere l’ARA, solo il Sabadell ebbe una perdita che si avvicina a 12.000 milioni. A questa somma dobbiamo aggiungere ciò che CaixaBank perse.
 
La fuga della principale banca catalana rimane un mistero, ma si possono fare estrapolazioni. L’entità della “stella” ha circa il 50% della quota di mercato in Catalogna; quella del Sabadell è di circa il 15%. E le fonti finanziarie assicurano che l’uscita dei depositi era due volte più grande in CaixaBank che nel suo concorrente. Le ipotesi, quindi, indicano che l’emorragia congiunta avrebbe potuto toccare i 35.000 milioni di euro. Solo quattro mesi prima, il Banco Popular, una banca più piccola, era scomparsa dopo aver subito una perdita di circa 18.000 milioni. Così, se la versione che trova in un terzo del totale dei depositi che ha portato lo stato è corretta, pensiamo che il governo di Rajoy ritirò dalle banche catalane circa 10.000 milioni dopo l’1-O. Potrebbe essere stato letale.
Alcune fonti sostengono che sia ragionevole per le amministrazioni pubbliche e le aziende ritirassero fondi da CaixaBank e Sabadell per via del contesto politico. E ricorda che nella caduta del Popular ci furono ritiri da parte delle amministrazioni pubbliche, come nel caso del governo delle Canarie (636 milioni). Ma questo ragionamento è fragile: avrebbero dovuto esserci altri prelievi dal 20 settembre (quando i fatti del Ministero dell’Economia ebbero luogo) e in più le aziende pubbliche ammessero che seguivano ordini politici.
 
Quando è stato chiesto il motivo per cui lo Stato ha punito due banche che non hanno mai mostrato una posizione favorevole per il Procés, un dirigente dell’ Ibex-35 dà questa risposta: “A Madrid hanno pensato:” Due milioni di persone sono andate a votare in un solo giorno di pioggia, anche con manganellate, qualcosa deve accadere ».
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Il ministro Luis de Guindos aveva dato qualche indizio al Senato il 26 settembre. Avvertì del disastro economico che sarebbe successo in Catalogna in caso di indipendenza, citando il ritorno alla peseta, l’emergere delle tariffe, lo stress fiscale, la riduzione delle entrate fiscali e anche la “fuga di capitali”. Questo punto è stato ricorrente: “El Mundo” pubblicò che in un incontro a porte chiuse prima del 1-O con gli imprenditori il ministro avrebbe parlato di una “fuga di capitali a causa di incertezza politica” in Catalogna. Ciò che fu letto come una profezia era forse un avvertimento su ciò che lo Stato poteva fare in Catalogna. Contattato dall’ARA, De Guindos, ora vice presidente della BCE, non ha voluto esprimere giudizi in merito alle informazioni contenute in questo articolo.
La palla di neve
La cosa certa è che l’operazione poteva portare il panico nelle banche catalane, con l’impatto logico nell’economia. Sebbene i ritiri di depositi fossero invisibili ai cittadini, i mercati internazionali li osservarono attentamente. Tra lunedì e giovedì CaixaBank perse l’8% del valore delle sue azioni. Sabadell, fino il 12%. Con il catastrofismo economico e il buio che i politici e gli avversari dell’indipendenza nei media applicarono contro il procés, la notizia di questi tonfi nel prezzo dei titoli raggiunse la strada. E la palla aveva cresciuto.
Non si può incolpare il governo di Rajoy di essere l’unico colpevole della situazione che più temono le banche si verificasse in quel momento: il panico e le code agli sportelli. Ma la verità è che il movimento scosse i mercati, i mercati punirono le azioni e la paura raggiunse la strada. La palla divenne enorme e potenzialmente molto distruttiva. E così le due grandi banche, seconda e quarta impresa catalana per volume di vendite e con una ancora maggiore influenza simbolica, presero misure drastiche per fermare il ciclo diabolico: il cambio di sede legale. Dopo il movimento, e di nuovo in modo coordinato, la stragrande maggioranza dei fondi (80%, secondo alcune fonti) è tornata. L’effetto desiderato era stato raggiunto.
 
traduzione Ivette Brugués – AncItalia
https://www.ara.cat/economia/treure-milers-milions-diposits-catalans_0_2101589955.html

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