FarodiRoma 10.03.2018
Le ultime notizie dalla Catalogna riferiscono che neanche la sessione del Parlamento della Generalità programmata per lunedì prossimo eleggerà il nuovo Presidente, destinato a succedere a Puigdemont.
E’ tuttavia importante considerare la candidatura avanzata dalla maggioranza indipendentista: si tratta di Jordi Sanchez, capo di uno dei due movimenti sorti nella società civile che, affiancando i Partiti favorevoli all’autodeterminazione, sono stati protagonisti della mobilitazione popolare culminata nel referendum dello scorso 1 dicembre.
Sanchez si trova in prigione a Madrid, privato della libertà e per giunta deportato in uno Stato straniero che occupa ed opprime il suo Paese.
La sua posizione dal punto di vista penale è inoltre diversa da quella del Presidente Puigdemont, e dei suoi Ministri, sia in esilio, sia incarcerati in Spagna.
Mentre infatti questi ultimi, dal punto di vista delle Autorità di Madrid, avrebbero attentato alla integrità territoriale dello Stato, Sanchez è responsabile soltanto di un delitto di opinione, consistente nell’aver sostenuto il diritto dei Catalani all’autodeterminazione.
Permane dunque, ed anzi si aggrava, la situazione aberrante determinata dall’emissione dei mandati di cattura contro i dirigenti indipendentisti: per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale – e per quanto riguarda i Paesi Iberici dopo la fine delle dittature franchista e salazarista tra il 1974 ed il 1975 – in Europa Occidentale vengono private della libertà alcuni cittadini che non hanno commesso nessuna azione violenta, limitandosi a svolgere una attività politica considerata altrove perfettamente legale.
Anche ammesso che l’indizione del referendum, l’accoglimento dei suoi risultati e la proclamazione dell’Indipendenza risultassero degli atti legislativi ed amministrativi illegittimi, ciò non determina di per sé – in un uno Stato di Diritto – alcuna responsabilità penale a carico delle persone fisiche incorporate negli organi di un Ente Pubblico che li hanno adottati.
Per giunta, le Autorità di Madrid ritengono che tali atti non siano annullabili, bensì nulli, in quanto esorbitano – secondo la loro opinione – dall’insieme delle competenze dei soggetti di Diritto Pubblico.
Qui si rivela una contraddizione manifesta nella posizione degli organi dello Stato spagnolo: mentre un atto illegittimo produce i propri effetti fino a quando viene deciso il suo annullamento, un atto nullo non produce – per definizione – nessun effetto giuridico.
E’ naturalmente possibile che l’emanazione di un atto amministrativo determini la consumazione di un reato, ma la violazione della legge penale in tanto sussiste in quanto precisamente la situazione giuridica è stata modificata, il che però non avviene nel caso di un atto nullo.
In conclusione, dunque, delle due l’una: se l’atto emanato dagli organi della Generalità è nullo, non si può configurare nessun reato; se invece sussiste una responsabilità penale, ciò significa che l’atto ha prodotto degli effetti giuridici.
In tal caso, però, l’indipendenza della Catalogna verrebbe paradossalmente riconosciuta dagli organi giurisdizionali dello Stato spagnolo.
Gli indipendentisti di Barcellona sono comunque impegnati con Madrid – come abbiamo già scritto – in un braccio di ferro che durerà molto a lungo, dando luogo ad un contenzioso giuridico che coinvolge altri Stati.
Abbiamo già scritto che la Catalogna ha vinto un’importante battaglia giudiziaria, ingaggiata nel Belgio, dove Puigdemont è riparato con una parte dei suoi Ministri dopo essere stato colpito da un mandato di cattura internazionale emesso dall’Autorità Giudiziaria spagnola.
L’esecuzione di tale atto da parte di uno Stato straniero di tale deve essere decisa dalla sua Autorità Giudiziaria, che deve semplicemente valutare se il reato imputato alla persona colpita dal mandato di cattura è considerato tale anche in base alle proprie norme.
E’ chiaro che a questo punto Puigdemont rischiava di essere estradato, non potendo in alcun caso i Giudici belgi valutare nel merito la sua asserita responsabilità penale.
Gli Avvocati fiamminghi del Presidente della Generalità, i quali non avevano nella vicenda giudiziaria soltanto un interesse professionale, ma erano anche intenzionati ad asserire la piena legalità e la piena legittimità di una eventuale dichiarazione di indipendenza delle Fiandre, hanno compiuto a questo punto una mossa vincente, consistente nel presentare domanda di asilo politico al Belgio.
L’esame di questa istanza non spetta all’Autorità Giudiziaria, bensì agli organi del Potere Esecutivo, benché l’interessato possa impugnare il suo rigetto davanti alla Giurisdizione Amministrativa.
L’asilo politico, in base alle Convenzioni Internazionali sottoscritte dal Belgio, viene concesso anche alle persone ricercate dalla Giustizia del Paese di origine se la loro condanna in sede penale, ovvero il provvedimento restrittivo della libertà personale, risultano determinati anche parzialmente da motivazioni politiche.
Per evitare che le Autorità di Bruxelles accertassero la sussistenza di tale tale situazione, la Spagna ha ritirato il mandato di cattura internazionale, non solo subendo una umiliazione in Europa, ma anche riconoscendo implicitamente che Puigdemont era un perseguitato politico.
Questo riporta il Paese iberico alla condizione in cui si trovava al tempo di Franco, quando era tenuto fuori dalla porta dell’Europa. Il cammino iniziato con la morte del “Caudillo” subisce dunque una regressione preoccupante.
Ora, con la prospettata elezione di Sanchez alla Presidenza della Generalità, i Catalani hanno intrapreso una nuova battaglia giuridica.
Se l’esponente della società civile viene scarcerato, la Spagna ammette implicitamente che egli è un Capo di Stato: ciò non significa di per sé riconoscere l’Indipendenza della Catalogna quale soggetto di Diritto Internazionale, ma si ammette che la Generalità è un soggetto membro di una Confederazione, vale a dire uno Stato.
Ammettendo il principio per cui la Spagna è una Confederazione, affermato dal Re Juan Carlos in moltissimi discorsi ufficiali, si riconosce implicitamente il diritto della Generalità di sciogliere i suoi vincoli con Madrid.
Qualora invece Sanchez fosse trattenuto in prigione, verrebbe impedita la normale attività di un soggetto di Diritto Pubblico, e in tal caso, la Spagna non potrebbe più essere considerata uno Stato di Diritto.
Dal punto di vista politico, si deve riconoscere che i Catalani stanno giocando molto bene la loro partita: in primo luogo, la dichiarazione di sovranità adottata a suo tempo dal Parlamento di Barcellona non è mai stata ritrattata, ed inoltre la Generalità tratta alla pari con la Spagna in qualità di Stato indipendente.
Che cosa succederebbe se il Presidente della Repubblica Italiana fosse trattenuto in prigione a Parigi dalle Autorità francesi?
Come minimo, si aprirebbe un contenzioso internazionale.
Si potrà obiettare che l’Italia è uno Stato indipendente, mentre la Catalogna non lo è ancora, ma è proprio questa la ragione per cui Barcellona sta deliberatamente aggravando il proprio conflitto con Madrid, sapendo che le decisioni assunte dal Belgio hanno già modificato un rapporto di forze destinato comunque ad evolvere ulteriormente.
Nel frattempo, la Generalità continua ad esercitare le competenze legislative ed amministrative che comunque la Spagna le riconosce, affermando però che la dichiarazione di Indipendenza è tuttora pienamente vigente.
Può Madrid impedire questo esercizio della sovranità?
Naturalmente non può farlo, salvo negare la vigenza della propria stessa Costituzione e dello Statuto della Generalità.
Il braccio di ferro è destinato a continuare, e noi continueremo a commentarne i vari episodi dal punto di vista giuridico.
Resta fermo comunque che la Liguria – come ha affermato solennemente con voto unanime il Consiglio Comunale di Genova – sostiene il diritto dei fratelli catalani ad esercitare l’autodeterminazione.
Mario Castellano
Catalogna. Gli indipendentisti ancora in carcere. La Spagna torna al Franchismo?