La Spagna dovrebbe smettere di perseguitare i separatisti catalani e negoziare nell’interesse della nazione.
Il re Felipe di Spagna visiterà oggi un angolo infelice del suo regno, la regione della
Catalogna. Dopo aver votato per l’indipendenza unilaterale in un referendum lo scorso ottobre e ancora una volta per una leggera maggioranza parlamentare a favore della separazione a dicembre, la Catalogna vive ancora in un limbo politico. È governata senza concessione da Madrid e il suo deposto presidente, Carles Puigdemont, vive in esilio in Belgio mentre altri membri della sua ex amministrazione sono dietro le sbarre.
Le congetture della Spagna derivano dal fatto che pensano che il sig. Puigdemont perderá il controllo e si dimetterà formalmente, consentendo a un governo catalano regionale di prendere forma. È una scommessa che vuoterebbe di ossigeno la causa separatista. Sondaggi di opinione suggeriscono che potrebbe anche accadere. I catalani sono stanchi della politicizzazione della vita di tutti i giorni e temono che gli investitori si asterranno dalla loro regione ancora prospera. I rapporti indicano che alcuni separatisti catalani potrebbero essere pronti a scaricare il loro capo.
Il re ritiene di non avere altra scelta che difendere lo stato di diritto. Ha giurato fedeltà alla costituzione spagnola del 1978 che definisce “l’unità indissolubile della nazione spagnola”. Era una costituzione elaborata per affrontare le ferite della guerra civile spagnola e decenni di malgoverno autoritario. Il re Felipe parla così – e parlerà ancora oggi – della necessità di sostenere lo stato di diritto.
No c’è dubbio che questa sia la missione reale. È facile vedere anche che gli argomenti catalani per uno stato separatista non sono necessariamente nell’interesse della regione, per non parlare della più ampia prosperità della nazione spagnola. Eppure il governo di Mariano Rajoy ha usato il tono sbagliato. Il signor Puigdemont si trova di fronte a una scelta tra l’esilio e il rimpatrio per essere arrestato. La sua carriera politica è stata condannata da Madrid.
Per lasciar chiaro il suo obiettivo, la polizia spagnola ha perquisito due volte il jet privato di Pep Guardiola, l’allenatore del Manchester City, all’aeroporto di Barcellona, temendo che il Sig. Puigdemont fosse portato di nascosto in Catalogna. La Spagna non guadagna in dignità o sicurezza con questa assurda pantomima. E la sua interpretazione ristretta della legge non affronta quello che è essenzialmente un problema politico – i limiti e le possibilità di autonomia all’interno di uno stato centralizzato.
L’imprigionamento del governo di attivisti a favore dell’indipendenza è stato chiaramente eccessivo, e manda un messaggio cupo alla società civile. L’uso della detenzione preventiva ha sollevato questioni tra le organizzazioni per i diritti civili in tutta Europa. L’equiparazione del dibattito separatista con la sedizione è una sfida alla libertà di espressione. Tutte queste questioni sono anche componenti dello “stato di diritto” che Re Felipe considera così centrale nella moderna Spagna democratica.
Il re è popolare in Spagna e dovrebbe usare la sua visita per ascoltare i catalani. Il
paese si è così fissato su una potenziale rottura, dai Paesi Baschi alla Catalogna, che è diventato il principale bloccante dell’Unione europea per altri stati in cerca di indipendenza, come il Kosovo.
Il comportamento adottato per dimostrare il principio in realtà tradisce una mancanza di fiducia in se stessi.
La Spagna dovrebbe consentire al sig. Puigdemont e agli altri leader di ritornare, e avviare un dialogo con il governo di Madrid e le altre regioni autonome della Spagna.
La ristretta maggioranza per l’indipendenza nel parlamento regionale suggerisce che non ci sarà un aumento immediato di supporto per uno stato separatista. Madrid dovrebbe correre il rischio e imparare a parlare più del pluralismo che della sedizione.
traduzione Margherita Ravera – ANC Italia
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