Cari concittadini,
affrontiamo una situazione inimmaginabile in ambito democratico. Una parte del governo legittimo della Catalogna (il vicepresidente e sette consiglieri) è in prigione [in Spagna] ed il presidente e quattro consiglieri sono in esilio [in Belgio]; il parlamento [catalano] è stato chiuso prima di della scadenza [con un’azione di forza del governo centrale spagnolo] e buona parte dei membri dell’ufficio di presidenza del suddetto parlamento vivono sotto la minaccia di essere imprigionati. Tutto ciò perché sono stati leali alla fiducia che la maggioranza degli elettori ci diede [nelle votazioni per il parlamento catalano tenute a settembre del 2015]. Parliamo di una situazione chiaramente contraria allo stato di diritto e all’ordinamento dell’Unione Europea che allontana ulteriormente lo stato spagnolo dal gruppo di paesi di riferimento per le buone pratiche democratiche. Per dirlo in modo morbido, lo stato si è messo nella lontana periferia del blocco democratico centrale europeo.
Abbiamo sempre detto che la via democratica è la sola che ci consenta di veicolare la legittima aspirazione all’indipendenza della Catalogna; proprio per questo, lo stato ha ritenuto che solo la si potesse tenera a bada frenando la democrazia con una strategia disperata ed estrema di fronte alla fermezza democratica delle istituzioni e dei cittadini della Catalogna. Morta le democrazia, morta l’indipendenza: ecco la sua grottesca strategia.
I fatti delle ultime settimane confermano che lo Stato spagnolo non ha capito come funziona il mondo del secolo XXI. L’unica risposta che ha saputo articolare alle ripetute offerte di dialogo, avanzate con insistenza dalle istituzioni catalane, è stata quella di privare della libertà i membri del governo e di sciogliere con decreto il parlamento della Catalogna e, dunque, di rubare ai catalani la loro sovranità. È grave errore credere che la repressione sia la strada giusta per far sì che una buona parte dei catalani rinunci alle sue legittime aspirazioni. Potranno imporsi a noi dal punto di vista fisico, ma non riusciranno mai a sconfiggere i nostri parametri mentali. Potranno asfissiarci dal punto di vista economico, ma non riusciranno a frenare la potenza di un paese europeo imprenditore e con una grande capacità di produrre talento e prosperità. Potranno umiliarci e stringere d’assedio noi e le nostre famiglie con l’aiuto del perverso sistema mediatico spagnolo, che ha imposto un racconto di odio e di menzogna permanente sulle istituzioni politiche e le organizzazioni indipendentiste e quelle dei cittadini, ma non riusciranno mai ad affondare le nostre aspirazioni democratiche.
Siamo pienamente coscienti delle incertezze e dei timori che in questi giorni vi hanno soverchiato e capiamo il disorientamento causato dalla mancanza di nostre risposte immediate agli attacchi smisurati ai rappresentanti e alle istituzioni legittime catalane, ma vi assicuriamo di essere forti ed in piedi e che né a voi né a noi potranno rubare neanche un particella della dignità con cui affrontiamo queste ore difficili delle nostre vite e della vita del nostro paese.
Davanti al complesso scenario, il governo legittimo della Catalogna ha un duplice obbligo, che adempieremo malgrado le circostanze. Il primo, mantenere la legittimità della libera elezione che avete fatto alle urne il 27 settembre 2015. Lo diremo al mondo intero tutte le volte che occorrerà: siamo un governo legittimo e abbiamo un parlamento legittimo. Da Bruxelles, appoggiati su una struttura stabile che oggi mettiamo in moto per coordinare la azioni del governo, esigeremo questo impegno ogni giorno e in ogni circostanza alla comunità internazionale, denunciando la politicizzazione della giustizia spagnola, la sua mancanza d’imparzialità, la sua volontà di perseguitare le idee e riaffermando la ferma scommessa del popolo sul diritto di autodeterminazione, sul dialogo e su una soluzione concordata. Il tempo che trascorreremo in prigione o in esilio non sarà inutile se, più che mai, marceremo insieme per difendere la Catalogna e denunciare il decadimento democratico dello stato spagnolo, come anche gli abusi di un’Unione Europea che ha tollerato e perfino coperto in modo vergognoso le azioni repressive spagnole. Il nostro impegno sui valori dell’Europa è più forte che mai, perché tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri, perché vogliamo rafforzare un’Europa dei cittadini capaci di vincere la paura e le minacce.
Il secondo obbligo, che coinvolge voi tutti, è quello di riprenderci e di sostenere la democrazia, adesso minacciata dalla coalizione [Partito Popolare (PP) Partito Socialista Operaio Spagnolo [PSOE), Ciudadanos (C’s)] che ha messo in opera il 155 [articolo della Costituzione spagnola, che, ampiamente stravolto, ha servito al governo centrale per esautorare il governo e il parlamento della Catalogna] con connivenza e violenza giuridica, poliziesca e dell’estrema destra. Vi chiediamo di mettere insieme un efficace combinazione di coraggio, fermezza, indignazione, rifiuto, insieme a pace e rispetto, come il miglior atteggiamento per vincere il combattimento al quale ci sfida uno stato impazzito e fuori controllo. Non lasciamoci sopraffare dalla pulsione violenta imperante in buona parte del sistema politico spagnolo, perché questo è l’unico campo in cui sicuramente perderemmo. Ricordate che abbiamo vinto tutte le sfide democratiche. Sempre. L’ultima è stata il primo ottobre [giornata di referendum sull’indipendenza della Catalogna], in condizioni estremamente difficile, con un’indecente offensiva di violenza ordinata dallo stato.
Le direttive di marcia per i prossimi giorni e le prossime settimane son chiare e nitide. Anzitutto, difendere la democrazia. Per sfortuna, dobbiamo rifarlo ancora, come è accaduto altre volte nella nostra storia, quando ci hanno visitato quelli del clan 155 sotto forma di Primo di Rivera [generale dittatore degli anni ’20 del XX secolo], Franco [generale dittatore che scatenò la guerra civile spagnola degli anni ’30 del secolo XX con un colpo di stato contro la repubblica spagnola] o Filippo V [primo Borbone della Spagna all’inizio del secolo XVIII, che soppresse tutti i diritti storici della Catalogna]. Occorre resistere, perseverare, continuare a difendere la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra storia, una storia di successi costruita con la diversità, la capacità di accogliere altri popoli della Spagna e del mondo e, soprattutto, costruita con molte speranze di futuro. Occorre scacciare democraticamente dalle nostre istituzioni coloro che se le sono volute prendere con un colpo di stato. Occorre dare risposta a coloro che vogliono stritolare l’autogoverno che ci era rimasto dopo la sentenza sullo statuto di autonomia [con la quale il tribunale costituzionale lo ridimensionò nel 2010 al ribasso, pur se approvato dai catalani in referendum e dalla camera dei deputati spagnola] e inseguito all’insieme di leggi, decreti e misure sempre tendenti alla centralizzazione più o meno coperta, ma sempre effettiva in pratica. Difenderemo la democrazia votando, come sempre abbiamo voluto fare. Volevamo votare e vogliamo votare. Senza meno vorremmo farlo come già è stato fatto in Scozia e come faranno altri paesi in futuro. Volevamo e vogliamo dare risposta alle aspirazioni dei cittadini tramite le urne; perciò prendiamo le elezioni che lo stato spagnolo ci pone per il 21 [dicembre] quale sfida per recuperare la democrazia piena, senza prigionieri, senza vendette, senza imposizioni, senza furia, bensì piena di futuro, di dialogo e di accordo.
L’altro elemento centrale delle direttive di marcia consiste nell’esigere ed ottenere la liberazione dei prigionieri politici che lo stato spagnoli tiene sotto sequestro: il vicepresidente [del governo catalano], sette consiglieri [dello stesso governo], il presidente di Òmnium Cultural e quello di Assemblea Nacional Catalana [organizzazioni della società civile], rispettivamente Jordi Cuixart i Jordi Sànchez. Non possiamo fallire, non possiamo rimanere immobili davanti alla sofferenza dei loro figli, dei loro partner, delle loro famiglie, dei loro amici, della loro gente, che siamo tutti noi. È il momento di essere più perseveranti che mai. Dieci persone e le loro famiglie sono, a questo punto, la vostra dignità individuale e collettiva. Per loro e per altre persone che possono seguire la via del carcere, occorre che denunciamo ogni giorno la loro situazione e che sabato venturo [11 novembre] siamo in centinaia di migliaia alla Giornata Nazionale per la Libertà da tenersi a Barcellona [vi hanno partecipato circa 750.000 persone]. Ciò dipende soltanto da noi, da voi, dalla nostra forza d’animo, dai nostri convincimenti.
Soltanto a partire dai cittadini, con l’impegno democratico, con la risposta della base, organizzata, democratica, pacifica ma radicalmente incorruttibile, potremo recuperare il controllo della nostra vita collettiva e costruire insieme, in modo democratico, dialogante, una repubblica che ci siamo conquistati alle urne e che occorrerà edificare, anche tramite le urne, dandole senso e contenuto. Questa sarà la sfida per le istituzioni, le organizzazioni civili, le aziende e tutti voi nei tempi che verranno. Recuperiamo la libertà questo sabato nella grande manifestazioni di Barcellona e nella sfida elettorale che lo stato ci impone per il 21. Il giorno dopo, seguitiamo a camminare insieme, in libertà.
Carles Puigdemont
Toni Comín
Meritxell Serret
Clara Posantí
Lluís Puig
traduzione Jordi Minguell – ANC Italia
il testo originale : https://www.vilaweb.cat/noticies/des-de-belgica-carta-completa-del-president-de-la-generalitat-i-els-consellers-del-govern-carles-puigdemont-toni-comin-meritxell-serret-clara-ponsati-lluis-puig-republica-catalana-exili/
video discorso http://president.exili.eu/pres_gov/president/ca/president.mp4
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