La deplorevole storia dei catalani

Albert Sànchez Piñol   El Nacional.cat  12.10.2017
art.13
 
 
Ho appena compiuto 50 anni ed in questo mezzo secolo non è trascorso nemmeno un anno, nemmeno uno, senza che il governo spagnolo non abbia emesso una legge, o creato una politica, contro la lingua e la cultura catalana.
Così, la domanda corretta non è “perché ci sono tanti catalani che non vogliono essere spagnoli?” ma “perché la Catalogna è ancora nella Spagna?”.
Fino al quindicesimo secolo le due potenze dominanti nella penisola iberica erano la Castiglia e la Catalogna. Due paesi molto diversi, sia per ragioni geografiche che politiche.
In Castiglia, paese interno e di terra secca, s’era affermato il principio assoluto secondo il quale “la parola del re è legge”.
Invece nella Catalogna mediterranea i monarchi mantenevano rapporti molto più complessi con le istituzioni popolari, come il Parlamento e le Corti.
Come direbbe un attonito osservatore, “per i catalani il re esiste solo in astratto”, mentre un altro spiegherebbe che “le ultime Corti hanno lasciato i catalani più respublica degli inglesi”.
Nel quindicesimo secolo i due paesi si uniscono con nozze reali.
Bisogna capire bene che non si fondono; le rispettive sovranità rimangono intatte.
Catalani e castigliani devono allo stesso re, ma gli apporti di questo, almeno in Catalogna, continuano ad essere limitati come una volta. L’America diviene un’impresa puramente castigliana perché, siccome la Catalogna è un regno a parte, non ha diritti. Non ci sono “conquistadores” catalani.
Coincidendo con l’unione dinastica, che paradosso, inizia la verà rivalità fra la Castiglia e la Catalogna. Non può essere altrimenti: si tratta di modelli politici antitetici. I catalani non partecipano all’impresa imperialistica castigliana.
Le leggi di Barcellona, per esempio, impediscono che il re recluti catalani per lottare fuori dalla Catalogna. Così la Castiglia sostiene in solitario le guerre nelle Fiandre e in America.
I catalani sono accusati di non essere solidali.
Persino lo stesso Quevedo li tratta di “lebbra di tutti i re”.
Ma c’è un’altra cosa. Con la cacciata degli ebrei nel 1492 il regno ha bisogno di cercare un sostituto come “nemico interno”.
Su chi ricadrà questo carico così pesante?
L’immaginario collettivo spagnolo che, oggigiorno si ha dei catalani proviene da allora. Il catalano come creatura risparmiosa, ma riservata: laboriosa ma strana. Il catalano “fatto a suo modo”, forse perché parla un’altra lingua, e lo fa in mala fede, perché non si capisca ciò che sta pianificando. Svelto, o piuttosto astuto, ma egoista.
Il difficile equilibrio fra i due regni finisce nel 1700, con lo scoppio della guerra di successione spagnola. In realtà si tratta di un conflitto europeo fra le due potenze del momento: Francia ed Inghilterra. I due contendenti cercano alleanze; la Castiglia si allea con la Francia, la Catalogna con l’Inghilterra.
Sui campi di battaglia europei si lotta per il predominio continentale; in Spagna è una lotta mortale. I catalani sanno che se i loro nemici assolutisti vinceranno per loro sarà la fine delle loro istituzioni. Non è una guerra etnica, ma di progetti politici, il che permetterà agli individui di incrociare le linee: i dirigenti catalani scelgono come comandante militare delle proprie truppe un castigliano.
La guerra è feroce. Nel 1713, per interessi politici, l’Inghilterra abbandona la Catalogna al suo destino. Isolata, Barcellona resiste ad un anno di assedio.
Si arrende l’11 settembre del 1714, dopo un terribile assalto nel quale muoiono migliaia di civili e soldati: oggi festa nazionale della Catalogna, la Diada.
Ma se la lotta fu feroce, la repressione lo fu ancora di più.
Vengono annullate le istituzioni, si vieta la lingua, s’incendiano dozzine di luoghi.
Trecento anni dopo terrorizza ancora la corrispondenza degli ufficiali castigliani:
”dovremmo impiccarli tutti”, scrive un comandante a Madrid, “purtroppo ci mancano le forche”.
Barcelona 1714 + coronela
A partire dal 1714 la Spagna cessa di essere uno stato confederale per convertirsi in ciò che ancora è: un progetto di matrice strettamente castigliana. Tuttavia, ogni volta che s’è proclamata una repubblica, o è morto un dittatore, cioè ad ogni ondata democratica, la Catalogna è balzata in testa alle ansie di libertà collettiva. Fino ad oggi.
Oggi una maggioranza di catalani comincia a capire che è impossibile essere catalani all’interno della Spagna.
Il potere politico spagnolo è, semplicemente, troppo inflessibile, troppo intollerante.
Si continua a vedere la catalanità come un elemento patogeno, un tumore.
Madrid nemmeno lo nasconde:” il nostro obbiettivo”, ha affermato recentemente il suo ministro della cultura, “consiste nello spagnolizzare i bambini catalani”.
La Catalogna vive un processo di mobilizzazione sociale straordinario, ispirato a Mandela, a Gandhi. La sua richiesta? Che la società catalana possa decidere liberamente il proprio futuro, cosa che le leggi spagnole impediscono.
Non esiste controfferta: la Spagna si è limitata ad intimorire la società catalana, ad accusare i propri leader come “nazisti” (nonostante sembri follia è così, qualcosa di delirante) brandendo la minaccia di esclusione dalla unione europea.
Ma se l’unione europea ha fatto tutto il possibile per mantenervi uno stato fallito come la Grecia perché dovrebbe espellervi la Catalogna, un paese prospero, fortemente europeista, contribuente immacolato e che accoglie tante aziende europee? Che male ha fatto la Catalogna? Rivendicare il principio democratico?
Nel 1714 l’Inghilterra si sentì colpevole di aver abbandonato i catalani ad un destino così atroce, ed a Londra apparve un manifesto, The Deplorable History of the Catalans.
Oggigiorno ciò che più teme Madrid è che un potere superiore li obblighi a negoziare coi catalani,
Questo verrà ottenuto solo da un’opinione pubblica europea informata. Per favore informatevi. Ciò che accade in Catalogna è magnifico. Una rivoluzione civile, un rinnovamento democratico. Ascoltate tutte le parti, non solo gli altoparlanti di Madrid. Forse allora, finalmente, la storia catalana finirà di essere deplorevole. Quella europea un po’ più ammirevole.
traduzione: Alessandro Gamberini – ANC Italia
 
http://www.elnacional.cat/ca/opinio/la-deplorable-historia-dels-catalans_100086_102.html
 
 
 

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