Dieci lezioni sul Brexit che la Catalogna dovrebbe saper sfruttare

Vicent Partal      Vilaweb.cat    30.03.2017
Ieri è stata una triste giornata per quelli che, come me, sempre hanno creduto nell’idea di un’Europa fonte di ricchezza collettiva, democrazia, stabilità política e progresso sociale. Il ritiro del Regno Unito è uno dei colpi più duri che abbia mai ricevuto il progetto europeista. Ma, come succede tante volte, perfino in un caso come questo ci sono lezioni importanti che possono essere utili. Ve ne commento dieci: sono dieci punti che la Catalogna dovrebbe tenere sempre presenti, come un precedente per spiegare, a chi abbia bisogno di spiegazioni, come si fanno le cose.
Brexit

  1. Un referendum non vincolante ha delle conseguenze polítiche. Bisogna ricordarlo: il referendum sul Brexit non era vincolante in termini legali, ma lo era, ovviamente, in termini polítici. La qual cosa è stata accettata senza dubitarne dal Regno Unito e dall’Unione Europea, Spagna inclusa. Nessuno ne discute la validità.
  2. La decisione di andarsene è stata adottata con soltanto il 51,8% dei voti a favore. Il Regno Unito ha 61 milioni di abitanti. Il censo elettorale è di 46 milioni. Nel referendum hanno partecipato 33 milioni. E il voto a favore dell’uscita fu introdotto nelle urne da 17 milioni. Qualcuno potrebbe dire la cavolata che i sostenitori dell’uscita rappresentano soltanto un 27% della popolazione. Ma nei paesi democratici il voto è sacro e non è oggetto di manipolazioni. E nessuno parla di maggioranze strane o esoteriche: è il 50% dei voti + 1.
  3. Soltanto hanno votato i cittadini britannici. Malgrado la decisione ci coinvolga –e tanto–, la Spagna non ha protestato nè chiesto che, siccome viviamo sotto le stesse leggi, dovevamo decidere tutti. Vota chi presenta un’iniziativa política per chiarire le cose e gli altri rispettano il voto.
  4. Non ci sono precedenti, ma non succede nulla: il precedente si crea. C’erano tre casi di territori che avevano smesso di essere parte dell’Unione Europea: l’Algeria, la Groenlandia e Saint Barthélemy. Ma non c’erano precedenti di ritiro di uno stato membro. Ebbene, adesso ce n’è uno. Non ci sono precedenti fino a quando qualcuno non fa il primo passo, ma ora tutti sapranno cosa bisogna fare per uscire dall’Unione Europea. Come succederà dopo l’indipendenza della Catalogna, tutti sapranno come si può diventare indipendenti nell’Europa del XXI° secolo.
  5. Nei paesi democratici, gli affari polítici si negoziano. Poche cose sono tanto dolorose per l’Unione Europea come l’uscita del Regno Unito. Poche cose sono tanto gravi e tanto complesse da gestire. Ma a nessuno è passato per la testa di risolvere questo conflitto in un altro modo tranne che questo, la trattativa si usa per risolvere i conflitti in democrazia. Prima si vota e quando si sa qual è la decisione dei cittadini, si tratta. Duramente, se necessario, ma si tratta. Con la volontà che, alla fine, la situazione sia la migliore possibile per tutti, benchè una delle parti non avrebbe mai voluto che questo succedesse. E i tribunali non fanno política.
  6. Il Regno Unito approverà una legge di transitorietà come meccanismo giurídico per ordinare il passaggio da una legalità a un’altra. La sequenza tecnica, dunque, sarà la stessa che propone il governo catalano. Prima un referendum per conoscere la decisione della popolazione. Dopo la decisione unilaterale –nel caso britannico, quella del ritiro. E finalmente una legge di transitorietà come strumento giuridico che rende praticabile la manovra. Questa legge dovrà riordinare le 20.833 leggi, decreti e direttive che regolano la vida quotidiana degli europei. Esattamente come succederà da noi.
  7. Nessuno vaga per lo spazio siderale e ancora meno in forma automatica nè rapida. Quello spauracchio che ci voleva far credere che subito dopo la proclamazione dell’indipendenza si sarebbero scatenate reazioni drastiche è falso, come ora si è visto. I britannici votarono il 23 giugno del 2016. L’articolo 50 è stato invocato il 29 marzo del 2017. La trattativa inizierà il prossimo mese di giugno. La data finale per arrivare a un accordo sarà l’ottobre del 2018. E fino al 29 marzo del 2019 il Regno Unito non se ne andrà ufficialmente dall’Unione Europea. Perchè? Perchè la trattativa è così complessa e colpisce tanti diritti acquisiti che nessuno osa fare passi impetuosi nè vuole far del male ai cittadini con decisioni frettolose.
  8. Quando la situazione è inevitabile, tutti vogliono che il risultato della decisione sia il più possibile favorevole per la gente. Tutti hanno cercato di scoraggiare i britannici e molti li minacciarono per cercare di influenzare il voto. Ma, una volta presa la decisione, nessuno l’ha messa in discussione e da allora, la trattativa si fa in buona fede. Con la volontà, tanto da parte britannica come da parte europea, di causare il minor numero di problemi alla popolazione, specialmente su elementi così determinanti come il possesso della cittadinanza europea.
  9. In Europa tutte le idee sono accettabili e nessuno pone limiti all’immaginazione nel proporre possibili soluzioni. Attenti all’Irlanda. L’immaginazione política che verrà messa in pratica sarà degna delle grandi sfide che fino a oggi ha affrontato con successo l’Unione Europea. Come la digestione della Repubblica Democratica Tedesca dalla Repubblica Federale. Come l’ascesa di un Cipro diviso in due stati, uno membro e l’altro che non poteva non esserlo. E’ molto possibile che la Scozia, prima della fine delle trattative, voti la propria indipendenza. E, se è il caso, io non ho alcun dubbio che rimarrà nell’UE. Ma è più sicuro ancora che tra il sud e il nord dell’Irlanda non riapparirà la frontiera. Come faranno? Non lo sanno nemmeno loro ma non abbiate dubbi che sarà così.

e 10. Il popolo è sovrano e la decisione popolare non si discute. Forse la Spagna             ancora non lo sa, ma l’Unione Europea sí. E con la trattativa del Brexit ci dimostra che questo è l’elemento chiave che la muove e la muoverà sempre. L’Europa non voleva il Brexit e ha fatto tutto quello che ha potuto per evitarlo. Ma non ha fatto nè farà niente che possa violare i principi democratici, e il primo di tutti è che le cose si risolvono votando.
traduzione:  Àngels Fita – ANC Italia
 

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