A Barcellona manifestazioni indipendentiste a sostegno di Carme Forcadell. Ma Rajoy ora è più morbido
Francesco Olivo La Stampa 16.12.2016
Mentre la Spagna ritrova una certa stabilità, dopo quasi un anno speso nella ricerca di formare un governo, torna alta la tensione con la Catalogna. Ultima goccia di un vaso ormai stracolmo è la convocazione in tribunale della presidente del parlamento catalano, Carme Forcadell, indagata per disobbedienza per aver consentito una votazione nell’assemblea di Barcellona sulla road map vietata dal Tribunale Costituzionale spagnolo, che porterà, secondo le intenzioni del governo locale, a un referendum sulla secessione dalla Spagna. Il movimento indipendentista ha visto questa indagine come l’ennesima prova che lo «Stato spagnolo preferisce una risposta giudiziaria a quella politica» alle questioni poste dalla regione/nazione (sul termine da usare c’è molto dibattito).
La prova di forza
Così, la convocazione di Forcadell è stata l’occasione per una prova di forza: la presidente è stata scortata da migliaia di manifestanti dal parlamento catalano, all’interno del parco della Cittadella, fino al tribunale di Barcellona. Un tragitto breve, ma percorso con tutta l’enfasi possibile, con bandiere e cori di indipendenza, accanto alle alte cariche del governo locale, dal presidente Carles Puigdemont, il suo vice Oriol Junqueras e il potente predecessore Artur Mas (anch’egli sotto processo per aver organizzato la consulta del 9 novembre 2014) e centinaia di sindaci. Forcadell ha sfidato ancora una volta le risoluzioni del Tribunale costituzionale: «La democrazie è in pericolo. Se per le nostre strade si può parlare di indipendenza, perché non lo si può fare in Parlamento?». Alle manifestazioni sparse per tutta la Catalogna si è presentata anche Ada Colau, sindaco di Barcellona, alleata di Podemos, figura politica in forte ascesa e non apertamente indipendentista: «Ma se Forcadell verrà giudicata, tutto il nostro popolo sarà giudicato», ha esclamato. Il governo spagnolo replica: «La giustizia è indipendente e non risponde a nessun tipo di pressione».
Il governo cambia atteggiamento
L’accelerata nel processo di indipendenza catalano arriva in un momento in cui il governo di Madrid ha decisamente cambiato atteggiamento. L’esecutivo Rajoy sembra aver capito che il muro contro muro di questi anni ha fatto crescere in maniera esponenziale la percentuali di catalani che vogliono la «disconnessione» (il PP è una «fabbrica di indipendentisti» ripetono spesso le opposizioni). La nuova stagione del dialogo della destra spagnola si basa per ora solo su intenzioni, la nomina di un delegato statale più «catalanista» e un’autocritica della vicepresidente del governo Soraya Saenz de Santamaria, sui ricorsi del passato allo statuto dell’autonomia regionale.
Aznar contro Rajoy
A Barcellona si fidano poco e temono che Madrid voglia prendere tempo, per rinviare i progetti di referendum ed erodere il consenso secessionista (intorno al 50 per cento). Mariano Rajoy ha anche un nemico interno al partito dal nome pesante: José Maria Aznar. L’ex premier ha criticato, attraverso un testo della fondazione Faes, per la «debolezza» nell’approccio al tema catalano. Rajoy da Bruxelles non ha voluto commentare, ma il Pp è davanti al solito dilemma: se cede in Catalogna, perde nel resto di Spagna. E viceversa.
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